2016.15 #cliQtakeover by @lillorizzo

Siamo al sedicesimo cliQtakeover dell’anno e questa settimana lo dedichiamo ad una commemorazione, un omaggio del fotografo Lillo Rizzo alla sua città di residenza.
Su #Instagram @qcodemag

di Leonardo Brogioni

Lillo Rizzo è nato a Racalmuto, in Italia, nel 1960. Fotografo dal 1984, attualmente vive a Parigi. La sua attività di fotografo si svolge soprattutto nei sud del mondo. Ha realizzato diversi reportage in Italia, Marocco, Nepal, India, privilegiando la foto sociale. In due occasioni, 2004-2005 e 2009-2010, ha viaggiato in America Latina, percorrendo le strade dell’Argentina, della Bolivia, del Perú e dell’Ecuador. Per mesi ha fotografato la realtà più trascurata e nascosta, fermando in immagini i drammi e le tragedie dei migliaia di latinoamericani senza diritti. Rizzo appartiene a quel residuo di umanità che non si rassegna e non si adegua al declino del reportage come genere fotografico.

https://lillorizzo.wordpress.com/

 

Lillo, perchè usi Instagram spesso e volentieri?
Da anni fotografo per i maggiori quotidiani nazionali (Repubblica, Corriere della Sera, Liberazione, Il manifesto), realizzando anche reportage e copertine per settimanali e testate come IL Reportage, l’Espresso, Diario, Narcomafie, Il Venerdì di Repubblica, Courrier International, Le Journal du Dimanche. Sono passato attraverso il bianco e nero, la fotografia di strada e la documentazione sociale, lavorando sia in analogico che in digitale, cercando soprattutto di fare molta attenzione alla composizione.

Nel 2012, in maniera del tutto casuale, ho iniziato a sperimentare con l’iPhone: avevo dimenticato la macchina fotografica e vedendo una situazione molto interessante, ho avuto l’impulso di tornare a casa per prenderla, ma ero sicuro che quella situazione, dopo qualche frazione di secondo, non ci sarebbe più stata. Istintivamente ho fatto alcuni scatti con lo smartphone. Da lì è nato il mio interesse a usare il cellulare per fotografare e soprattutto mi sono accorto delle sue potenzialità. Ho capito che per raccontare una situazione di affollamento devo avvicinarmi molto, e l’unico modo per farlo è lo smartphone che ti dà una certa invisibilità. La gente non si rende bene conto che la stai fotografando o non ti prende sul serio come fotografo professionista, e quindi in grado di documentare situazioni che altrimenti sarebbe più pericoloso e spesso impossibile fotografare. Si riesce a essere ovunque all’interno della scena, cosa che a volte è difficile fare con la macchina fotografica. Inoltre, la foto non perde la potenza espressiva che non dipende dall’utilizzo di apparecchi sofisticati e costosi, ma dalla semplicità, dall’immediatezza e dalla possibilità di essere al centro dell’evento. Non è il mezzo a fare l’immagine, ma sono le idee, la sensibilità e la cultura del fotografo.

Quello che conta, per me, è la potenza della foto: non parlo della foto “bella”, ma del segno che essa lascia. Per me, la fotografia è “scrittura con la luce”, proprio come indica l’etimologia della parola stessa. E’ quella scintilla che m’incastra in un luogo e mi obbliga a scattare finché non sono soddisfatto. Per me è importante che lo strumento che si utilizza per fotografare venga vissuto come un prolungamento del proprio corpo.

Sono molto propenso alle sperimentazioni e alle innovazioni, il che non vuol dire che fotografo solo con l’iPhone e con macchine digitali. Nella mia borsa, sempre piena di rullini, comunque c’è sempre la mia Leica M6. Alla fine, resto sempre un tradizionalista: nessuno mi farà smettere di fotografare in analogico.

lillorizzo_cliq

 

Cosa vedremo in questa settimana di takeover?
Il giorno dopo gli attentati di Parigi, 13 novembre 2015, ho fotografato i segni, le tracce, gli oggetti, le testimonianze, gli scritti, gli omaggi che il popolo ha lasciato nei luoghi delle stragi: al teatro Bataclan, al Petit Cambodge, Carillon e sul monumento Della Marianne di Place de la République. La stratificazione di fiori e messaggi cartacei, fotografie dei caduti, oggetti emblematici della vita (libri, chitarre, biciclette, spartiti musicali), questi “bassorilievi”, i raduni quotidiani di molti parigini con la voglia di stare insieme tra abbracci, musica e raccoglimento, gente con gli occhi pieni di lacrime, nonostante lo stato di emergenza che vieta i raduni e gli assembramenti nei luoghi pubblici. Ho fotografato credo almeno per due tre mesi, raccontando un “lutto culturale” mai urlato, sempre serio e accorato, denso di citazioni alte (Brecht, Luther King, Einstein, Hannah Arendt, Voltaire, Gandhi, Hemingway, Jaurès, Camus, Jacques Brel, i Beatles, Charles Péguy, Platone, Kant, il Corano, per citarne solo alcuni) tutte visibili nei libri, nei frammenti, nelle pagine strappate, nei graffiti illuminati da migliaia di candeline. E poi pagine di scolari, poesie d’amore, rivendicazioni giovanili della gioia di vivere insieme, la solidarietà dell’esercito di liberazione del Kurdistan e di Kobane; le parole (in italiano) di Paolo Borsellino, il ricordo dei morti (del giorno prima!) della strage di Beirut. Cultura, storia e politica mescolate senza stridore a coprire appena, i graffiti di gennaio per i caduti di Charlie Hebdo.

Onnipresenti le parole fondanti Liberté Egalité Fraternité, ma anche Laïcité. Una grande lezione di umanità e dignità.

Ho realizzato questo lavoro volutamente con l’iPhone perché mi è sembrato più discreto della macchina fotografica, dato che è molto invadente fotografare qualcuno con quest’ultima senza disturbare il suo atteggiamento, la persona stessa. Credo che per me sia stato un modo di documentare in maniera rispettosa queste situazioni di dolore.

 

#cliQtakeover #ParisCommemoration di @lillorizzo è su #Instagram @qcodemag

 

 

 

 

 

Salva