La seconda guerra mondiale e le vittime innocenti, tra le mura di un monastero
di Irene Merli
AGNUS DEI, di Anne Fontaine, con Lou de Laage, Agata Buzek, Agata Kulesza, Vincent Macaigne. Nelle sale dal 17 novembre
Polonia, 1945. La guerra è finita da poco e l’esercito sovietico è rimasto sul territorio devastato. In un monastero benedettino, un gruppo di monache sta cantando le lodi. Ma in sottofondo si sentono urla disperate.
Così, una di loro scappa dal convento e si dirige da sola, nel bosco, verso la città. Cerca disperatamente un medico che non deve essere nè russo né polacco e un gruppo di orfani di strada le indica l’ambulatorio della Croce Rossa francese.
Le apre una giovane dottoressa: la monaca la supplica di seguirla, una donna nel monastero sta morendo e ha bisogno al più presto d’aiuto. All’inizio Mathilde la mette gentilmente alla porta, dicendole di rivolgersi alla Croce Rossa polacca: in quel luogo si curano solo soldati francesi feriti nel conflitto.
Poi, quando a fine turno la vede ancora inginocchiata nella neve, a pregare, qualcosa le scatta dentro. Incurante dei suoi superiori e degli ordini di servizio, prende una jeep militare e va con lei.
Arrivata dalle monache, le si aprirà un mondo. Tanto per cominciare la donna che rischiava di morire è una partoriente con un bambino in posizione podalica e Mathilde si trova a dover fare un cesareo lì per lì. Non solo. Quando chiede di poter tornare per controllare la ferita della puerpera e portarle la penicillina, sbatte contro un muro: la madre superiora, già presa di contrappiede dalla sua venuta, la congeda con gelida fermezza.
Ma un’altra monaca si mostra più’ sensibile e le promette di farla entrare di nascosto. Perché la verità che Mathilde scoprirà poco dopo è un’altra ed è agghiacciante: la donna che ha fatto partorire in realtà è una monaca, e ci sono altre sette sorelle che sono incinte in stato avanzato.
I russi, mesi prima, erano entrati con la forza nel monastero e avevano violentato tutte le monache a più riprese, nei tre terribili giorni in cui erano rimasti “dentro”.
Inizia così una collaborazione tra due “disobbedienti”: Mathilde, che si prende continue sfuriate da colleghi e superiori che non sanno quello che fa, e suor Maria, la monaca che convince la madre superiore a far seguire le suore incinte dalla dottoressa francese e per caso scoprirà e smaschererà un terribile segreto all’interno del monastero, evitando una strage di innocenti già iniziata.
Tratto da una storia vera, poco conosciuta sia in Polonia che in Francia, Agnus Dei è un magnifico film, con una storia, una fotografia e un commento musicale che rimarranno impressi.
La regista è partita dal diario della vera dottoressa francese, Madeleine Pauliac, che a soli 27 anni scelse di impegnarsi in Polonia nel rimpatrio dei soldati francesi feriti e fu lì che scoprì l’orrore delle violenza dei russi sulle monache, scegliendo di lottare per salvare le loro vite e quelle dei loro bambini anche a costo di gravi rischi.
Anne Fontaine ha poi fatto ricerche in Polonia, per avere più notizie di questa vicenda sepolta dal tempo e dall’omertà, e ha anche passato due periodi in un monastero benedettino per riuscire a entrare nello spirito della vita comunitaria.
Il suo film non vuole infatti essere in nessun modo caricaturale nei confronti della religione cattolica e il titolo originale (Les innocents) lo fa ben capire. L’opera della regista francese di Gemma Bovary è un intenso racconto che mostra quanto sia positiva la trasgressione alle regole, se diventa inumano rispettarle.
Del resto Agnus Dei inizia con un atto di santa disobbedienza (la giovane suora che fugge in paese di nascosto), che ne provoca altri due a catena. E alla fine pure chi sbaglia è una vittima: non c’è giudizio nello sguardo della regista.
Ma in Agnus Dei è anche importante la rappresentazione del rapporto delle monache con la fede: continuamente in discussione in tempi normali (“24 ore di dubbio per un minuto di speranza”, dice suor Maria) e scosso in maniera devastante dopo quanto avvenuto.
All’inizio le sorelle si oppongono persino alle visite, temono la dannazione anche solo nello scoprire il loro corpo, si chiedono dov’era Dio mentre succedeva l’orrore e perché l’ha voluto. Ma la maggior parte di loro, dopo, faticherà a rinunciare alla Maternità inattesa e subita, quasi più che a osservare il voto più pesante: quello dell’obbedienza.
“Potevo attualizzare la vicenda, che ha molti punti in comune con l’attualità: i danni della guerra sulle persone, il fanatismo”, ha spiegato Anne Fontaine. “Ma ho ritenuto che fosse più forte mantenere i fatti storici, che poi si fanno specchio dell’oggi. E non ho romanzato nulla, ho solo reimmaginato come potesse essere andata, sulla base di quanto avevo a disposizione”.
Last but not least, il ruolo delle attrici: Lou de Laage con il suo viso pieno di grazia e di determinazione illumina il film è le sue colleghe polacche, (tra cui, irriconoscibile, anche la protagonista dello splendido Ida) sono assolutamente superlative.
Siamo di fronte ad attori esistenziali, che con i volti giusti e le sfumature giuste esprimono condizioni umane senza mai andare sopra o sotto le righe. Chapeau.. E speriamo che questo film forte e coraggioso, che con la sua storia di fede e violenza colpisce al cuore, abbia la meritata fortuna nelle sale.