La demonizzazione del presidio, la militarizzazione del confronto
di Giulia G.
disegni di Emanuele Giacopetti
Doveva essere Ottobre, la festa della Zucca, in un paesino all’interno dell’estremo ponente ligure a pochi chilometri dalla frontiera con la Francia.
Camminavo fra la folla assieme a un paio di nuov* amic*, conosciut* in frontiera ai Balzi Rossi, al cosiddetto Presidio Permanente No Borders. Passeggiavamo all’interno della vecchia cittadina, fatta di vicoletti che si incrociano e di stradine che si stringono per poi riaprisi in piazzette apparse dal nulla quando mi son sentita osservata.
Un gruppetto di carabinieri ci stava fissando, guardandoci arrivare, e ha continuato a farlo fino a che non gli siamo passati vicini, varcando quel check-point invisibile, lasciandoceli alle spalle.
Ricevere un’attenzione del genere (per nulla benevola) dalle forze dell’ordine era per me una cosa totalmente nuova…dopo un anno mi son abituata ad un clima di tensioni sempre crescente che soffoca il singolo nel quotidiano.
Ma l’irragionevolezza e la parzialità di tutta questa attenzione, che può essere chiamata repressione, mi continua a scandalizzare. Racconto questo episodio come preludio alla breve riflessione che seguirà qui perché è stata la prima volta che ho davvero compreso due cose.
Primo, la pervasività dello stato vigente e la sua necessità di apparire tale a coloro che per qualsiasi motivo gli si oppongono, questo meccanismo funziona probabilmente più cavillosamente quando un fenomeno sociale viene messo nel mirino in un comune piccolo quanto quello di Ventimiglia.
Secondo, quanto sia “semplice” innescare questo tipo di antagonismo con il potere vigente, in questo caso, il comune, la prefettura, lo stato italiano.
Non mi aspettavo che azioni cosi naturali come la condivisione del cibo, del sonno, di pensieri e di momenti di svago fra persone che vengono da luoghi differenti, con svariati bagagli culturali e linguistici, e con il colore della pelle diverso, potessero suscitare tanto interesse ed impegno da parte dello stato nel contrastarli quotidianamente.
A giugno 2015 ai Balzi Rossi al confine italo-francese si è creato un presidio di migranti che trovandosi la frontiera francese chiusa vengono respinti in Italia. Si sono raggruppati sugli scogli e nel giro di pochi giorni si è sviluppato sul posto un via vai di persone, locali e non, che passavano per lasciare coperte e cibo, per poter mangiare assieme, scambiare due parole, fumare una sigaretta. I
In poco tempo è nato il Presidio Permanente No Borders, situato in uno dei lidi più caratteristici del Ponente Ligure. Questo presidio che vedeva la condivisione delle giornate fra migranti (maggiormente di origine Sub-Sahariani, ma anche Siriani, Afghani, Pakistani) e alcuni Europei (Italiani, Spagnoli, Francesi ed altri ancora) ha disturbato la visione che l’Italia, la Francia e l’Europa, avevano della gestione dei flussi migratori (e di tanti altri fenomeni intrinsecamente legati a questo, come il mercato del lavoro).
Questa situazione ha fatto si che i cittadini europei, attivamente partecipi, riconsiderassero cosa volesse dire viaggiare attraverso lo spazio europeo, e siano stati oggetto di intimidazioni quotidiane di qualsiasi tipo (psicologiche, a sfondo sessuale, delegitittimanti, derisorie) da parte delle forze dell’ordine.
I cittadini hanno subito azioni che dovevano essere deterrenti per loro attività di solidarietà quali perquisizioni, identificazioni, denunce e detenzioni, diventando testimoni di una sempre crescente militarizzazione nei confronti delle loro manifestazioni, o semplici azioni nel quotidiano.
Sono stati oggetto di campagne mediatiche di disinformazione e demonizzazione delle loro attività e di loro come persone. Attualmente, l’etichetta di No Borders (che voleva solo essere il nome del presidio permanente, ma che a seguito di diverse campagne giornalistiche ha finito per rappresentare tutte le persone solidali che si recano a Ventimiglia) legittima azioni discriminatorie.
L’allontanamento dei solidali dai migranti rende sempre più difficile il dialogo a livello locale. La festa del Zucca è stato il mio primo incontro con una delle plurime forme di criminalizzazione e delegittimazione delle azioni di solidarietà che vengono quotidianamente portate avanti a Ventimiglia, nei dintorni, e in qualsiasi luogo dove vi sia una frontiera, un confine fra stati o dinamiche discriminatorie di inclusione/esclusione.
Qui segue una lista degli eventi più eclatanti nei quali le persone solidali sono state soggetti ad abusi, fisici e psicologici, da parte delle forze dello stato italiano e dalle organizzazioni che ne reggono assieme il gioco.
Solo per questioni di forma la cronologia della repressione è stata racchiusa nel documento qui allegato (che speriamo possa essere il più possibile diffuso ed utilizzato come fonte di dati).
Bisogna dire però che il vero peso di tutte queste azioni criminalizzanti scarica la sua forza imprimendosi nel quotidiano, rendendo tutto molto più indigesto, anche deliziose le sfogliatelle di zucca.