Un film di Matt Ross, con Viggo Mortensen, George MacKay,Samantha Isler, Annalise Basso, Nicholas Hamilton, Shree Crooks, Charlie Shotwell, Trin Miller, Kathryn Hahn, Steve Zahn. Premio per la miglior regia nella sezione “Un certain regard”, Festival di Cannes 2016; premio del pubblico alla Festa del Cinema di Roma 2016. Nelle sale.
di Irene Merli
Nel cuore di una foresta del Nord America, Ben Cash, un padre fuori dal comune, dedica la sua vita a trasformare i sei figli in adulti straordinari. I ragazzi hanno dai 5 ai 17 anni, ognuno di loro possiede un nome unico al mondo e passano le giornate ad allenare corpo e mente.
Sotto la guida costante del padre, infatti, li vediamo cacciare per procurarsi il cibo, scalare pareti, correre sulle cime dei boschi, studiare i capolavori della letteratura, le lingue straniere, le scienze, la storia patria e quella antica, confrontandosi poi in dibattiti critici e democratici. I sei “re filosofi” imparano anche a suonare tutti insieme, a cucinare, festeggiano il compleanno di Noam Chomsky invece del Natale. Crescono insomma rigogliosamente, in corpo e in spirito, nel più completo rifiuto della società dei consumi.
Ma all’improvviso una tragedia si abbatte sulla famiglia, costringendo Ben e i suoi ragazzi a lasciare quel paradiso faticosamente costruito per iniziare un viaggio nel mondo sconosciuto della cosiddetta normalità.
I magnifici 7 partono con una sorta di pulmino scolastico, che è in realtà è una casa bus di nome Steve, e il lungo percorso nell’American way of life che dovranno affrontare farà emergere sofferenze, dissidi, fastidi e riuscirà addirittura a mettere in crisi l’idea educativa di Ben. Perché, come troverete scritto sul manifesto del film, aveva preparato i suoi figli a tutto fuorché alla vita normale.
Matt Ross, attore e regista, firma un film indie di grande intelligenza, che mette al centro il tema dell’educazione in un Paese che in materia ha carenze davvero gravi, sia didattiche che relazionali. Basta vedere l’impari confronto sul Bill of Rights tra la più piccola dei re filosofi e i due cuginetti di 10 e 13 anni, che vanno a scuola come è “giusto” ma senza nessun entusiasmo e sono imbottiti di videogiochi, divieti e trash food. Cresciuto in una comunità senza tecnologie né televisione, Ross sa di cosa parla e infatti è sua anche la sceneggiatura di “Captain Fantastic”.
Non per nulla ci fa vedere le rose e le spine della vicenda, lo scontro violento dell’utopia con la sua messa in pratica.
Il padre apparentemente fautore della libertà, in realtà quasi dittatoriale nell’ indirizzare i propri figli, inizia infatti a nutrire dubbi quando si accorge che i suoi ragazzi educatissimi, coltissimi e con un fisico da atleti hanno seri problemi a socializzare con il mondo che non sia il loro. Non sanno cosa sono le Nike né come dare un bacio senza pensare subito a un progetto di famiglia.
Captain Fantastic è impersonato in tutto il suo fuoco ideale da un Viggo Mortensen assolutamente “dentro” il personaggio, anche dal punto di vista fisico: capelli lunghi, barba, vestiti colorati… Magnifico superstite dei più radicali sognatori degli anni Settanta, il suo padre ” fantastico” ha qualcosa di eroico e ci instilla comunque, anche se in parte dovrà fare marcia indietro, il dubbio che privare un bimbo di un’alternativa ai rigidi percorsi istituzionalizzati significhi impoverirlo. E non poco.