Il teologo protestante Cox spiega come il mercato sia diventato una religione, adottandone linguaggio e rituali
di Eleonora Franchin
“Ho passato diversi anni a capire questo paradosso: come può l’economia finanziaria diventare una specie di teologia? Me ne sono accorto una decina di anni fa mentre leggevo i giornali: il lessico del Wall street journal, gli inserti finanziari del Times e di Newsweek somigliavano troppo a quelli del libro della Genesi e delle lettere ai Romani”.
Era un mondo noto, una specie di deja-vu per un uomo di Chiesa. Harvey Cox, 87 anni, teologo e pastore protestante, docente ad Harvard, sentiva che quel linguaggio gli era in qualche modo familiare. Eppure descriveva flussi monetari e fondi d’investimento; derivati e debiti.
“Lentamente ho messo insieme i pezzi e ho capito che mi trovavo di fronte ad un’altra narrazione della stessa cosa”. Una versione mercificata della religione. Con tutti i suoi miti e le sue aporie. Con le sue festività, le sue messe e i suoi santi. Persino con una propria apocalisse.
Inizia così la mia surreale conversazione con l’autore di Market as God, appena pubblicato dall’Harvard Press. Cox in quei giorni di ottobre era a Roma per incontrare il papa: il giorno successivo gli avrebbe consegnato una copia del suo libro. E allora gli ho chiesto un appuntamento che mi ha subito concesso in un hotel sfavillante e demodè di via Veneto.
Lui è un anziano signore sempre sorridente con gentilezze d’altri tempi; cammina appoggiandosi a un bastone ma ha lo sguardo appuntito degli uomini saggi. “Non credo affatto che possiamo abolire il Mercato- ha premesso il professore facendomi accomodare in un salottino di velluto pieno di fiori e luci – E neanche che dovremmo farlo, sinceramente”. Ma rimetterlo coi piedi per terra questo sì.
“Ci fu un tempo lontano in cui il Mercato stava al suo posto – ha spiegato – assieme alla religione, alla famiglia, alle tradizioni e alle istituzioni. Poi ha raggiunto un potere e un’influenza troppo elevati”.
E allora ha cominciato a penetrare in altri ambiti che non gli erano propri, e noi gli abbiamo creduto. Siamo scivolati nel suo incantesimo.
“Il Mercato ha invaso il nostro spazio intimo. Il suo raggio d’azione sembra ormai non avere più limiti”. Eppure, “come ho imparato quando ero in seminario, una delle caratteristiche di un idolo è che non potrà mai soddisfare aspettative e promesse”.
Il suo potere è “simile a quello della messa: vino e pane per i cristiani diventano la presenza spirituale di dio. Anche nel mercato abbiamo una sorta di transustanziazione. Tutte le cose, compresi i beni immateriali, la salute e l’istruzione, gli affetti, tra le sue mani si trasformano in una commodity. Il mercato, cioè, cambia la natura delle cose da spirituale a materiale”.
E non è solo dalla religione cristiana che attinge: “in Giappone a maggio scorso ho visitato un tempio buddista con le statue che sembravano un po’ san Francesco, e ho chiesto ad un amico giapponese di tradurre una scritta che c’era lì. Lui mi disse: ‘l’unica cosa che ho imparato dalla vita è quanto sia abbastanza’. Ecco, Il messaggio del mercato è l’opposto: tu non hai mai abbastanza. Ma naturalmente questo è falso. Il Vangelo del mercato è una gran bugia”.
Per farmi capire meglio Cox mi racconta un aneddoto: “ho avuto uno shock terribile l’altro giorno quando ho chiamato la mia università ma nessuno rispondeva. C’era una voce registrata che diceva ‘attendere prego, stiamo servendo altri clienti’. Clienti? Gli studenti e i professori dell’università sono diventati clienti?! Questa è la mentalità del mercato totale”.
Naturalmente il discorso del teologo di Harvard non piace neanche un po’ ai quotidiani finanziari: il Financial Times ha scritto una terribile recensione del suo libro, arrivando a sostenere che il libero mercato non è affatto la visione prevalente neanche negli Stati Uniti.
“Chi è vittima delle droghe non ritiene di esserlo, ecco perché gli addicted negano”, è la spiegazione che si dà Cox. A questo punto sono curiosa di sapere se c’è una soluzione. Come se ne esce, se se ne esce? “Solo tramite una terapia di gruppo naturalmente”, ride il professore.
Questo Mercato che si finge Dio e che ha stregato molti, è una sostanza tossica e devi farti aiutare per liberartene. La teologia della liberazione di Gustavo Gutierrez può essere uno strumento? Gli chiedo alla fine.
“La teologia della liberazione dice una cosa molto giusta: ossia che i poveri non sono condannati alla povertà e che le cose possono cambiare. Cioè, non si deve accettare l’ordine costituito senza opporre resistenza. Eppure non indica dei passi da compiere per costruire un’alternativa. Io dico solo che il Mercato va usato non va distrutto: bisogna salvarne l’anima”.
Anche questo finto Dio, dunque, un’anima ce l’ha, e forse può tirare fuori da sé qualcosa di buono. L’antidoto, come quelli più potenti, viene da dentro. Cox crede ancora nella politica: quando abbiamo registrato questa conversazione gli Stati Uniti non avevano ancora scelto il loro presidente, per la verità. “Ho apprezzato molto l’adesione di tanti giovani americani alle politiche di Bernie Sanders”, mi ha detto il teologo. La liberazione da questo Mercato non è lontana, basta volerlo.