Gli abitanti di una strada di Christiania vorrebbero combattere lo spaccio con un’iniziativa dedicata al biologico
Testo e foto di Michele Ferro
Il biologico si sta diffondendo ovunque in Danimarca. Tra il 2009 e il 2015 la quota “bio” del mercato è cresciuta dal 3,5 all’8,4%, numero che vale il primato mondiale. Nei supermercati la scritta “økologisk”, biologico, campeggia su una buona parte delle confezioni di latte. Così come su una fetta importante dei banchi di frutta e verdura. E su tanto altro ancora.
Dalle parti di Copenhagen sono ormai biologici oltre un litro di latte su quattro, un uovo su quattro e una carota su quattro. Nel 2015 i dati ufficiali parlano di vendite per quasi un miliardo di euro.
L’obiettivo dichiarato dallo Stato è raggiungere il 60% di cibo biologico nelle mense pubbliche e far salire al 15% la superficie coltivata biologicamente entro il 2020. Un risultato alla portata del Paese nordico.
Tra i “profeti” di questa cultura anche i titolari del Geranium, ristorante affacciato su una grande area verde nella zona di Osterbro, a nord del centro. Il primo esercizio danese a ricevere, proprio quest’anno, le Tre Stelle Michelin.
C’è chi addirittura sta pensando a un mercato biologico nella pusher street di Copenhagen.
La strada dello spaccio, dove si commercia cannabis, si trova all’interno di Christiania, città nella città, vecchio complesso militare nel quartiere di Christianshavn (che prende il nome dal re Cristiano IV), 34 ettari occupati negli anni Settanta da un gruppo di hippie. Oggi realtà semi-autonoma (senza automobili) con un migliaio di abitanti.
Una comunità, con i servizi tipici di una realtà urbana e un lago, che vive di attività artigianali e artistiche e di un importante flusso turistico.
Una sparatoria nella pusher street, sul finire dell’estate, ha incrinato definitivamente i rapporti tra questa porzione di Christiania (una strada lunga un centinaio di metri dedicata alla vendita di droghe leggere) e il resto della comunità.
Una relazione difficile quella tra spacciatori con tanto di banchetti all’aperto (ciclicamente presi di mira dalla polizia) e la gran parte degli abitanti dell’ex complesso militare, interessata a mantenere la tranquillità nella zona e a evitare infiltrazioni criminali connesse agli stupefacenti.
Alla sparatoria (un uomo ha aperto il fuoco contro alcuni poliziotti durante un controllo antidroga) la cittadinanza di Christiania ha reagito immediatamente smantellando con le proprie mani i banchetti della pusher street. Un gesto eclatante.
Già pochi giorno dopo, però, gli spacciatori sono ricomparsi, senza banchetti, e la pusher street, sebbene aperta al passaggio dei turisti, è tornata off limits per videocamere e fotocamere.
“La sparatoria è stata innescata da un uomo residente fuori da Christiania”, sottolinea Risenga Manghezi, un portavoce degli abitanti della comunità che hanno reagito dopo l’episodio di violenza.
“Il rapporto con la pusher street – aggiunge – non è semplice. Da un parte c’è una comunità libera e dall’altra un luogo, piccolo, che nel corso degli anni è diventato sempre più commerciale, legandosi alla vendita di cannabis”.
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“Ci sono tanti bei progetti per il futuro della pusher street”, dice. Il riferimento è al grande dibattito sulla riqualificazione che si è acceso a Copenhagen. Un concorso di idee è stato lanciato dal quotidiano Politiken.
È stato vinto da una proposta originale, quella di un lungo tavolo per spingere le persone, anche sconosciuti, a incontrarsi, dialogare e conoscersi. Ma per giorni l’idea più rilanciata – pure da imprenditori – è stata quella di creare uno spazio dedicato al cibo. Una sorta di street food. Magari biologica, visto l’evolversi della situazione in Danimarca.
Un’ipotesi apprezzata da moltissimi abitanti di Christiania. Qualcuno ha avanzato la proposta di vendere anche cannabis “bio”, in modo legale. Alla fine il quotidiano ha premiato l’originalità del lungo tavolo, per il suo carattere socializzante.
L’idea di una street food, però, è stata così diffusa e dibattuta che pare difficile venga accantonata. E qualche abitante non intende nemmeno lasciar cadere il progetto di cannabis biologica.
Una decisione sul futuro della pusher street dovrà prenderla la politica. “Non so dire se Christiania ha davvero una posizione ufficiale sulla legalizzazione. Ma è importante dire che qui c’è una grande differenza tra droghe leggere e droghe pesanti come l’eroina e la cocaina – spiega il portavoce. Christiania è fortemente contro le droghe pesanti.
Generalmente le persone a Christiania pensano sia necessario aprire una discussione sulla legalizzazione della cannabis, principalmente perché è il modo migliore per proteggere le persone. È qualcosa di cui bisogna parlare apertamente. Se non si legalizza si lascia la questione nelle mani delle organizzazioni criminali, che così sono libere di regolare il mercato”.
“Penso che quello che hanno fatto i cittadini di Christiania dopo la sparatoria sia qualcosa che ci si può aspettare una volta – conclude -. Christiania non diventerà un’organizzazione di vigilanza che ferma gli spacciatori della pusher street.
Se davvero si vuole un cambiamento, i politici devono prendersi le loro responsabilità e mettere in pratica un vero cambiamento”. Anche con l’apertura di una discussione sulla legalizzazione, secondo tanti abitanti di Christiania.