La mafia del mattone

Il terremoto e la ricostruzione: il caso Belice

di Flavia Zarba, tratto da IRPI

Tempus omnia solvit recita un famoso brocardo latino. Eppure ci sono situazioni in cui il trascorrere del tempo non fa che peggiorare le cose anziché risolverle. Come a Poggioreale Antica, in provincia di Trapani, un paese nel profondo Belice, Cuore della Sicilia, in cui il tempo si è fermato la notte del 15 gennaio del 1968 e non è più ripartito.

Pochissimi media ne parlano e lo stato d’animo dei Poggiorealesi è di profonda rassegnazione dinnanzi all’impossibilità di far rivivere quella città fantasma ridotta in brandelli dalla fortissima scossa di terremoto di 50 anni fa. Un paesaggio tanto triste quanto misterioso, ormai scenario di film e simulazioni, che lascia senza fiato a ogni passo in avanti verso quel campanile che a lungo è rimasto il simbolo della città.

E non resta che aggrapparsi alla passione di alcune persone del luogo che hanno fondato un’associazione per tentare di recuperare il vecchio Paese mettendolo in sicurezza e che si reca lì ogni giorno a pulirlo e a custodirlo. Tanti sono i reperti recuperati negli anni e tanti altri sono quelli che si nascondono sotto le macerie abbandonati là senza cura per l’indubbio valore storico culturale.

Nonostante i cancelli della città fantasma (per lo più saccheggiata da turisti e vandali) restino attualmente chiusi per via di un’ordinanza comunale che ne vieta espressamente l’ingresso, tale monito, di certo non costituisce deterrente sufficiente a vietare l’accesso ai curiosi visitatori coscienti di rischiare la vita per un crollo dei fatiscenti edifici.

Basta infatti prendere la stradina sulla destra per avere rapido accesso tra le macerie pericolanti del paese, o meglio, di quel che ne resta. Con un pó di fantasia si può immaginare una facoltosa villa, una scuola con annessa biblioteca, l’antica chiesa dedicata al patrono e persino un teatro.

Una domanda sorge spontanea: perché, nonostante i danni strutturali del paese fossero, ai tempi, quantificati in una bassa percentuale (20%) la decisione presa dall’amministrazione locale a quel tempo fu quella di non recuperare gli edifici danneggiati, ma quella di ricostruire da zero ad alcuni chilometri di distanza?

“La pressione della cosiddetta “mafia del mattone” (così definita per il controllo che esercita sulle imprese del cemento) è sicuramente stata determinante per la ricostruzione della “New Town” che oggi gode di ampi (e inutilizzati) spazi, di larghe strade e case disabitate considerato che gli abitanti di Poggioreale sono per buona parte emigrati altrove”, ci racconta un paesano con la preghiera di non divulgare il suo nome.

E perchè l’amministrazione attuale non mette in sicurezza questa vecchio paese, rendendolo accessibile ai turisti e custodendone il patrimonio artistico invece di abbandonarlo a se stesso e all’incuria? È un’ulteriore domanda che sorge spontanea.

“Il finanziamento stanziato dalla regione Sicilia per la messa in sicurezza per l’accesso a turisti ammonterebbe a circa 768.000,00 euro, di più di un anno fa, ma ci sono continui scontri tra la volontà dell’amministrazione locale e quella dei poggiorealesi che paralizzano i finanziamenti”, spiega un membro dell’associazione per la ricostruzione di poggioreale vecchia.

E intanto la vecchia città continua a cadere a pezzi, mattone dopo mattone facendo scomparire del tutto il ricordo di una città e trascinandosi dietro le aspettative di chi, nonostante tutto, creda nella possibilità di una riscossa sociale e culturale prima ancora che urbanistica.