Di Gabriella Ballarini
Foto di Luca Meola
Lo spettacolo, fin da subito, è in mezzo alla sala. Non lo sai perché, ma già un po’ lo sai che l’attore non rimarrà solo, c’è troppa energia nelle sue mani per credere che rimarranno sole, le mani, insieme alle parole.
Il coro sale sul palco, ad un certo punto, ed inizia l’archiviazione della gioventù, del sogno di chi chiede: “Non chiedermi mai più chi sono”.
Io sono il tempo, un tempo che passa da una scatola all’altra senza preavviso.
Ogni sera lo spettacolo cambia, a seconda del coro, per non spezzare il flusso e il significato che da personale diventa inevitabilmente universale e rimbalza sui telefonini nel momento del selfie terapeutico o dell’abbraccio omicida degli oggetti.
Oggetti che soffocano le stanze e fanno morire i sogni e le persone.
Persone – contenitore di storie, persone che perdono i capelli e comprendono che un tempo è andato via, come vanno via gli amanti nel cuore della notte.
I pensieri – luogo che diventano teatro nella città: “In metropolitana assisto alla sparizione del mondo”, digressioni sugli spostamenti e incremento della tensione verso la domanda, regalando ancora agli oggetti la proprietà del nostro cuore, quando siamo fortunati, del nostro cervello quando ci siamo dimenticati.
Gigi Gherzi si muove sul palco tra la commozione di una scoperta appena fatta, e la curiosità per il futuro imminente, per lo srotolarsi della scena successiva dalla quale vuole farsi stupire e la riflessione continua e spinge, si spinge, ti spinge e così ti muovi sulla sedia quasi a volerti alzare, a voler dire la tua. Vorresti raccontarlo anche tu perché non ti senti normale, vorresti dirle anche tu le tue conquiste, vorresti immergerti in quell’acqua e tapparti le orecchie per affrontare il salto. Quel triplo carpiato che dalla gioventù ti porterà alla vecchiaia senza la paura di perderti tutto il viaggio.
E poi le fotografie di Luca Meola.
Immagini che riempiono anche l’aria, perché non sono solo belle, sono vive, sono schiaffi e carezze, sono sogni e incertezze, sono esattamente quello che vorremmo sognare, belle e normali come vorremmo essere. Condizionali si incastrano tra i pensieri allo scorrere delle immagini: vorrei, potrei, farei, direi. Condizionali in un tempo presente.
Lo spettacolo è un continuo tentativo di dialogo con lo spettatore, sospende i canoni della recitazione, per entrare nell’opera d’arte umana, semplice e complessa, ambigua, assassina, rara forma di poesia.
La regia di Silvia Baldini permette a parole e immagini di vivere, di non ingarbugliare il buon proposito e di rendendolo poi impossibile per lo spettatore, lei trasforma l’urgenza in significato e la necessità in possibilità.
E poi la corsa finisce, parte la musica e il sogno della gioventù è lì fuori dal teatro e dentro agli occhi.
Teatro Guanella – Campo Teatrale
via Cambiasi 10 Milano
dal 17 al 22 e dal 24 al 29 gennaio
Il sogno della gioventù
di e con Gianluigi Gherzi
regia Silvia Baldini
partitura fotografica Luca Meola
allestimento scenico Erica Sessa
disegno luci Beppe Sordi
produzione Gherzi-Baldini