Cédric Herrou assolto

Ha agito esclusivamente a fini umanitari.

di Ilaria Sesana

Per questo motivo il giudice del tribunale di Nizza ha condannato Cédric Herrou al pagamento di una multa di tremila euro (con la condizionale), per aver aiutato alcuni profughi ad attraversare il confine tra Italia e Francia senza essersi accertato se avessero i documenti in regola o meno. Il giudice ha invece lasciato cadere le accuse più gravi, che avrebbero potuto costargli otto mesi di carcere per aver ospitato un gruppo di minori all’interno di un edificio occupato della SNCF (la società ferroviaria francese) a Tenda e di aver favorito il soggiorno e la circolazione di migranti irregolari in Francia.

“Né la minaccia di un prefetto né gli insulti di qualche politico ci fermeranno. Continueremo perché è necessario continuare”, ha detto Herrou commentando la sentenza. Ma non ha parlato di vittoria: “Potremo dire di aver vinto quando non ci sarà più bisogno di supplire alle mancanze dello stato – ha detto Herrou ai microfoni di Radio 1 -. I politici si assumano le loro responsabilità per il rispetto dei diritti dei migranti. E soprattutto dei minori non accompagnati che la polizia francese, contro ogni regola, respinge in Italia”.

La vicenda di Cédric Herrou e quella di Pierre Alain Mannoni (docente universitario processato ai primi di gennaio con le stesse accuse) si sono concluse con un esito tutto sommato positivo. Restano però aperte almeno due questioni importanti. La prima, riguarda il valico tra Ventimiglia e la Francia, una delle tante frontiere killer d’Europa, che ha mietuto la sua ultima vittima meno di una settimana fa: un migrante investito e ucciso da un treno all’interno della galleria “Dogana”, l’ultima prima del confine con la Francia.

La seconda questione riguarda il tema assai più vasto dei cosiddetti “delitti di solidarietà” che nel corso dell’ultimo anno si sono diffusi a macchia d’olio in tutta Europa: dalla Francia alla Grecia, dall’Italia alla Germania passando per Svezia e Danimarca decine di attivisti e volontari sono finiti sotto processo (e in alcuni casi anche condannati a multe pesanti) per aver aiutato profughi e migranti.

L’ultimo caso in ordine di tempo, quello del cronista svedese Fredrik Önneval condannato a due mesi di reclusione (con sospensione condizionale della pena) e a 75 ore di lavoro socialmente utile per aver portato il 15enne siriano Abed da un campo profughi greco alla Svezia. Anche Önneval, come Herrou, aveva dichiarato: “Non rimpiango nulla, lo rifarei”.

Parole simili erano state usate da Pierre Alain Mannoni, docente universitario di Nizza, processato per aver dato un passaggio in auto a tre giovani eritree: “Il mio gesto non è politico né militante, è semplicemente umano e qualsiasi cittadino avrebbe potuto compierlo per l’onore del nostro Paese, per la nostra dignità di uomini liberi – ha scritto Mannoni sul sito Mediapart.fr -. La storia e l’attualità ci mostrano che la discriminazione porta a orrori ancora più grandi. E per evitare che la storia si ripeta dobbiamo promuovere la solidarietà ed educare i nostri figli con l’esempio”.

Da un lato l’umanità e un imperativo etico: aiutare i più fragili, sottraendoli al rischio di cadere nelle mani di trafficanti senza scrupoli. Dall’altro una normativa ambigua, una direttiva europea (Facilitation directive) datata 2002 in cui si sancisce il principio secondo cui chiunque aiuti un migrante irregolare a entrare in Europa o durante il suo viaggio all’interno dei confini della Ue sta violando la legge. Gli stati potrebbero introdurre la cosiddetta “clausola umanitaria”, che eviterebbe a operatori e volontari il rischio di finire sotto processo. Ma questo non sempre avviene.

Per porre fine a questa situazione, l’associazione “Social platform” ha lanciato una petizione che lo scorso 24 gennaio è stata presentata al Parlamento europeo dall’avvocato Paula Schmid Porras per chiedere la revisione della “Facilitation directive”. Mentre si spengono i riflettori sul processo a carico di Cédric Herrou, infatti, tre volontari dell’associazione spagnola “Proem Aid” sono sotto processo in Grecia e rischiano fino a dieci anni di carcere con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La loro colpa: aver salvato centinaia di vite in mare, a largo dell’Isola di Lesbo.

 

Salva

Salva