Il padre d’Italia

Il nuovo film di Fabio Mollo mostra la paura e il bisogno di appartenere a qualcuno o qualcosa, l’ incapacità’ di accettarsi per quello che si è e il coraggio di accogliere le direzioni che prende il proprio destino.

Di Irene Merli

Paolo è un solitario, metodico commesso di un megastore tipo Ikea. Voleva fare l’architetto o il falegname e invece è finito lì, a occuparsi di scaffali e consegne. Non solo. Si è appena lasciato con il suo compagno, che vorrebbe una famiglia “tradizionale”, con figli: un progetto che Paolo non si sente di condividere, mentre il suo ex sta provando a realizzarlo con un altro.

Una sera, in un locale gay incontra Mia, una giovane cantante molto scapestrata e molto incinta, ma con pochissimo senso della maternità. Anzi, dire che la incontra è un eufemismo: Mia gli si impone, con la sua montagna caotica di vaghezze, bugie e bisogni. Paolo, incapace di abbandonarla in mezzo a una strada, poco a poco si fa tirare sempre più dentro dalle sue strane vicende e la strana coppia inizia un viaggio in furgone, on the road, che parte da Torino e arriverà nel profondo Sud, dove c’è la famiglia di Mia, tradizionale ma non certo idilliaca…

Il secondo film di Fabio Mollo, dopo “Il Sud è niente”, potrebbe essere un classico già visto molte volte: l’incontro casuale tra un uomo inquadrato, che ha paura di vivere, con una donna che la vita la brucia, la consuma, la mangia a morsi. Invece questa storia sbilenca, a volte poco plausibile, che prende direzioni strane e svolta quando meno te lo aspetti, forse anche per la sue imperfezioni, ha un fascino personale, originale, un respiro altalenante ma profondo e inusitato, che sorprende

Due persone particolari attraverso un viaggio si liberano, ognuno a modo proprio, e nel breve spazio di un week end tra loro si crea un rapporto di grande emotività e dipendenza, di solidarietà, empatia e scambio, anche se asimmetrico.

Mia, infatti, è il tipo di donna che fugge da tutto e abbandona per non essere abbandonata.

Ma le reazioni dell’inusuale coppia, lungo il film, somigliano a quelle legate alla casualità della vita: non sono mai quelle che ci aspettiamo. “Il padre d’Italia”, attraverso il legame tra due coetanei più o meno trentenni e parecchio irrisolti, mostra la paura e il bisogno di appartenere a qualcuno o qualcosa, l’incapacità’ di accettarsi per quello che si è e il coraggio di accogliere le direzioni che prende il proprio destino. Parla di sentimenti, che come gli esseri umani, non devono mai essere etichettati, di un amore, come ha detto lo stesso Fabio Mollo, puro, assoluto, universale.

Il regista giostra poi con molta sapienza i suoi protagonisti, che sono interpretati da due attori tra i migliori della loro generazione. Isabella Ragonese riesce a conferire originalità a un personaggio che rischiava di risultare già visto, e Luca Marinelli, dopo le ottime prove già date in “Non essere cattivo” e ne “Lo chiamavano Jeeg Robot”, conferma qui un grande talento, versatile e sfaccettato.

Un piccolo grande film indipendente, insomma. Con qualche pecca, ma nuovo, diverso, vivaddio. E sorprendente.

Il padre d’Italia, di Fabio Mollo, con Luca Marinelli e Isabella Ragonese. Nelle sale.