Su #Instagram @qcodemag
di Leonardo Brogioni
Ripartono su Instagram i takeover di Q Code Magazine. Il primo cliQtakeover del 2017 è riservato ad un lavoro multimediale emozionante, non solo perché è dedicato ai migranti ma soprattutto perché è fatto da loro, che diventano soggetti attivi di audiovisivi e non oggetto di indagini antropologiche.
Andrea Kunkl ha lavorato per anni al progetto “Crepe”, del quale ci parla qui sotto, che presentiamo in contemporanea sull’account instagram di Q Code @qcodemag su quello del Festival dei Diritti Umani @fdumilano, una partnership che vuole sottolineare l’importanza della documentazione artistica per l’impegno civile, per la conoscenza, per la consapevolezza e per il rispetto dei diritti umani. Video, soliloqui, disegni, mappe e fotografie si alternano cercando di portarci dentro le sensazioni di chi ha deciso di lasciare la propria terra per cercare di sopravvivere altrove.
Andrea Kunkl è fotografo e sociologo, co-fondatore e curatore di Habitat ed Exposed Project. Tiene un laboratorio di sociologia visuale al Master in Turismo Sostenibile del Dipartimento di Sociologia all’Università Milano Bicocca. Ha insegnato fotografia e ricerca sul territorio presso Naba Milano e Forma. La sua ricerca – tra il documentario e l’artistico – prevede progetti di lungo periodo.
Dal 2009 si occupa dell’immaginario dei confini e del riflesso che questo immaginario ha sulle masse. Sull’argomento ha prodotto “Mare Nostrum” e “Crepe” di cui le fotografie di questo takeover sono parte. E’ curatore di Inhabitants Film Festival, giunto quest’anno alla seconda edizione. Segue le evoluzioni del movimento anarchico milanese dal 2012. Collabora con la ong SOS Mediterranée. Il suo lavoro è stato pubblicato su varie riviste e ha partecipato a diverse mostre e festival di cinema e fotografia. Il suo sito è www.andreakunkl.com
Andrea, perchè usi Instagram?
Sono sempre stato distante dai social network. Poco più di un mese fa un amico fotografo, durante un viaggio in treno mi ha spiegato con sincerità la necessità del suo utilizzo.
Ora è come una droga, o forse un antidoto, credo una sintesi dei due. Per esempio posso guardare le centinaia di fotografie che ho negli hard disk e che fino ad oggi sono rimaste nel cassetto. Mi son detto “beh dedichiamole agli amici lontani e vicini … quelli che non sento da millenni …” e così ho cominciato a postare una fotografia ogni giorno e a verificare dove questo mi porta. Insomma il vecchio detto che se Maometto non va alla montagna, potevo portare la mia montagna a Maometto.
La fotografia è una delle poche cose che mi fa sentire bene in una realtà che mi sembra sempre più assurda.
Mi fa stare bene parlare con le persone cui tengo attraverso la mia fotografia e sperare che la possano apprezzare. Poco mi importa se sono poche, nella vita reale non credo di aver più di quattro o cinque amici, su instagram ho già settanta follower e questo mi cambia completamente la prospettiva. Certo siamo nella sfera del virtuale, ma il reale e il virtuale ormai si integrano perfettamente e sarebbe troppo snob continuare ad ignorarlo. È comunque un mondo che mi affascina quasi fossi un bambino grassottello di fronte ad una torta di panna rinchiusa in una teca di vetro … devo ancora scoprire come aprirne il lucchetto, ma presto o tardi, sono certo, riuscirò a farlo.
Durante questa settimana di takeover cosa vedremo nel tuo progetto “Crepe”?
“Crepe” è un viaggio attorno ai confini d’Europa cominciato nel 2015 e tutt’ora in corso. Una ricerca che si bilancia tra un linguaggio documentario ed un’osservazione partecipata e scientifica, propria della ricerca sociale. Si pone diversi obiettivi ma dentro un oggetto principale: l’infinito spettacolo del confine.
Comincia a Lampedusa, isola cui sono particolarmente legato, grazie soprattutto alle riflessioni di Giacomo Sferlazzo e del collettivo Askavusa e la dolorosa condivisione delle loro esperienze e delle loro verità sui fatti del 3 ottobre 2013. Per chi non lo ricordasse è il macabro spettacolo che innesca le operazioni militari poi conosciute come Mare Nostrum.
Lampedusa, l’isola che diventa palcoscenico per politici e giornalisti, teatro di passerelle e occasioni di carriera, in cui la verità viene maneggiata a seconda delle necessità più convenienti, che siano l’invasione oggi o l’emergenza domani.
L’immaginario che viene prodotto sul confine serve a colpire lo stomaco di una massa assopita, crea profitti giganteschi e nello stesso tempo accompagna la trasformazione della nostra società, distrugge i grandi e piccoli diritti conquistati fino ad oggi.
L’immaginario sapientemente costruito, copre il reale come un velo, cui sfuggono però una serie di crepe e piccoli bug.
Quelle crepe tracciano la via dove scorre la mia idea progettuale.
“Crepe”, progetto e contenitore, nasce da una precisa domanda cognitiva e cerca risposta trasformando l’oggetto della narrazione in un soggetto narrante che utilizza diverse tecniche, presentate in questo takeover, in particolare video-flussi di coscienza dei protagonisti, ispirati alle idee del ricercatore Lorenzo Natali, e le mappe mentali, ispirate agli insegnamenti di Cristiano Mutti e Valentina Anzoise.
In “Crepe” coesistono tre punti di vista: il mio, della mia macchina fotografica e della mia telecamera; l’interprete che vive ed attraversa il confine, ed infine tu, che guardi il mio lavoro, e sei libero di farti la tua idea, che sia o meno corrispondente al mio punto di vista, che so piuttosto radicale ma anche molto legato alla realtà dei fatti.
Ho aspettato quasi due anni per rendere pubblico questo lavoro. Sono infatti certo che la domanda cognitiva che si pone nello scandagliare il fondo delle crepe talvolta indistinte nel pesante velo mediatico che vorrebbe negarle necessita di fatti e materia. Per questo ho prodotto un gigantesco archivio che solo di “soliloqui itineranti”, video in terza persona legati ai flussi di coscienza degli interpreti, ne ho prodotti oltre 70.
L’intenzione è di costruire un ‘web repository’ non lineare, una mostra, un libro e un film lineare. Se riuscirò a dare concretezza all’idea finale, credo non vorrò mai più occuparmi di “confini”.
Il tema mi ha tolto parte dell’anima.
Vedere la trasformazione della mia Lampedusa in una sorta di portaerei, dove si annidano circa otto radar, di cui diversi illegali e molto nocivi per la salute degli isolani. Sentire l’ignoranza, la superficialità e l’etnocentrismo come filtri degli accadimenti in Libia e Siria. Toccare con mano il falso umanitarismo che maschera una gigantesca corsa al profitto morale ed economico. Capire che le persone migranti non sono altro che strumenti per alimentare il conflitto sociale per permettere al potere centrale di aumentare il controllo e la militarizzazione urbana.
“Crepe” vorrebbe essere un inno alla libertà che noi, esseri umani, abbiamo perduto.
Forse, solo sacrificando molto del nostro quotidiano, insieme la possiam ritrovare.
#crepe @andreakunkl
#instagram @qcodemag @fdumilano