L’8 aprile 2017 sarà una giornata importante per i Paesi Baschi, perché avverrà il disarmo dell’organizzazione ETA. Si avvia all’epilogo una storia di resistenza armata di oltre cinquant’anni, con grossi nodi ancora da sciogliere.
di Angelo Miotto
@angelomiotto
Disarmo unilaterale. Non può che finire così, in maniera unilaterale, il cammino dell’addio alle armi dell’organizzazione indipendentista armata basca ETA, Euskadi Ta Askatasuna, Paese Basco e Libertà. I governi centrali di Madrid e di Parigi, dopo l’annuncio dell’abbandono della lotta armata – era il 20 ottobre 2011 – non hanno mosso un dito. La politica penitenziaria spagnola, contro le centinaia di prigionieri politici baschi, è rimasta quella di sempre: una politica di punizione e di condivisione della sofferenza, con celle lontane dai domicili e amici e parenti che sono schiavi della dispersione, una leva inventata e attuata dai governi socialisti di Felipe Gozalez, prima che dal post-franchista José Maria Aznar.
La notizia è arrivata tramite Le Monde che ha titolato “Il disarmo dell’organizzazione Eta un rompicapo per lo stato”. Il sottotitolo recita: “Un collettivo della società civile vuole restituire l’arsenale militare dell’organizzazione basca, nascosto in Francia.
El Pais, titola così:
ETA anuncia su desarme unilateral e incondicional para el 8 de abril
Naiz, quotidiano basco della sinistra basca così
Los representantes de la sociedad civil anuncian que procederán al desarme de ETA para el 8 de abril
La società civile di cui si parla negli articoli sono gli ‘artigiani della pace’, un gruppo che balza agli onori delle cronache il 16 dicembre dell’anno scorso, perché vede cinque suoi membri arrestati e accusati di terrorismo mentre stavano cercando di neutralizzare armi di ETA. Mixel Berhocohirigoin, uno dei cinque, ha spiegato in un incontro pubblico il 18 di marzo che dopo quella operazione gli intermediari decisero di sceglieredi coinvolgere il governo francese nel disarmo. Senza ricevere nemmeno una risposta alle varie lettere inviate e canali attivati. Di qui la decisione: smantelliamo come società vicile, ci saranno – ma ancora non è chiaro come e dove – anche esponenti di forze politiche basche, spezzoni della società, in una forte immagine di smantellamento a opera della società.
Lo stesso Arnaldo Otegi, a capo di EhBildu, l’uomo che insieme ad altri ha cercato e inseguito le vie politiche per arrivare a un cambiamento di rotta non solo dello stato spagnolo, ma soprattutto dell’ultima ETA, ha salutato con grande vigore la promessa del meccanismo di disarmo e ha tenuto a ricordare il grande lavoro svolto dalla sinistra basca per arrivare a un giorno come l’8 aprile.
Un finale gestito male.
Non resta che attendere l’8 aprile. Le dichiarazioni dei politici spagnoli non sono interessanti, dopo quasi sei anni di totale immobilismo. Il governo basco ha detto che cercherà di aiutare, ma qui ci troviamo di fronte a uno dei passaggi finali della sigla ETA. Un finale gestito male, una lunga vita di azioni e di morti, causati e subiti anche, il terrorismo di stato spagnolo e le torture e i morti nei commissariati, le bombe, i colpi di pistola a bruciapelo, le migliaia di arresti e sofferenze del personale più politico. ETA riesce a conquistare attenzione mediatica per l’8 aprile in un percorso riconosciuto dalla Comissione Internazionale di Verifica, abbastanza maltrattata da stampa, governo e magistratura spagnoli.
Ma la traiettoria di ETA ha vissuto una parabola troppo lunga. La politica si trincera dietro al ‘non si tratta’ oppure ‘si applichi la legge’ o ancora al ‘dissolvetevi’.
Che non ci sarebbe stata contropartita politica era più che mai chiaro e gli stessi artigiani della pace lo hanno sotolineato nelle ore seguenti all’annuncio.
ETA è arrivata ‘tardi’ se così si può dire rispetto al sopravanzare della forza politica del movimento della sinistra, laddove lo stesso Arnaldo Otegi – teorizzando il primato della politica sulle armi – fu punito dallo stato spagnolo con sei anni di carcere. Un paradosso dell’ingiustizia senza una logica costruttiva di un percorso, anzi.
Otegi, una volta pubblica la notizia ha tenuto a ribadire alcuni concetti molto chiari: i contatti c’erano, il lavoro propedeutico è stato fatto e rimangono comunque tutti i nodi politici sul tavolo.
Che sia la volta buona, per arrivare alla frase secca degli artigiani che hanno detto:
“El 9 de abril, ETA ya no será una organización armada”
Il percorso è stato presentato come pubblico e trasparente. Resta da capire cosa faranno gli stati, quale sarà l’atteggiamento dell’Eliseo, dal momento che Madrid continua a ostentare srterile fermezza.
Passato il 9, anzi già dal 9 aprile, uno o due stati seri, con ‘alturas de mira‘ come richiedono da anni tutti gli attori sociali dovrebbero immergersi in un percorso che ha bisogno di verifica, di controllo e di presa in carico. Probabilmente non succederà, anche se il tema dei presos, dei prigionieri e delle prigioniere politici/che è di primaria urgenza per la società basca.