Negli ultimi mesi, in alcune regioni più di altre, si è scatenato il panico per una presunta ‘emergenza meningite’.
Partendo dal caso della morte di due studentesse di chimica dell’Università Statale di Milano, in poco tempo stampa, TV e cittadini hanno gridato all’allarme. Si è parlato sia di contagio nel laboratorio maledetto sia di tragica coincidenza, ma alla fine le ipotesi rimaste sono due: che entrambe le giovani decedute fossero state contagiate dallo stesso portatore sano della malattia o che all’interno della facoltà di Chimica vi fosse un tasso di portatori sani di meningococco C più alto della media.
Nel frattempo, in Lombardia le code agli uffici di igiene sono raddoppiate e le liste di attesa per vaccinarsi si sono allungate di mesi.
In realtà non c’è e non c’è mai stata una vera emergenza meningite, anche se è bello scoprire come ogni tanto ci si torni a domandare come mai sono oltre 200 anni che gli scienziati fanno ricerca sui vaccini.
Ma procediamo con ordine.
La meningite è un’infiammazione delle membrane, le cosiddette ‘meningi’, e del liquido cerebro-spinale che ricoprono e proteggono cervello e midollo spinale.
Tra le meningiti di origine infettiva esistono delle rare meningiti causate da funghi e altre causate da virus, che nella maggior parte dei casi guariscono da sole e senza provocare conseguenze. Le meningiti batteriche invece fanno parte delle cosiddette malattie batteriche invasive. Sono causate principalmente da tre batteri: Neisseria meningitidis (il meningococco), Streptococcus pneumoniae (lo pneumococco) e Haemophilus influenzae. Tutti e tre sono trasmissibili per via respiratoria ma lo streptococco non può causare epidemie e le meningiti da Haemophilus – che erano frequenti in Italia soprattutto nei bambini sotto i cinque anni fino agli anni ’90 – sono praticamente scomparse grazie al vaccino esavalente.
Il meningococco invece è il grande protagonista delle notizie degli ultimi mesi.
Il meningococco si chiama così perché -semplicemente- ha la forma simile a quella di un cocco e ne esistono 13 gruppi diversi. Solo sei però sono in grado di causare meningiti e sepsi gravi: A, B, C, Y e W135 e, molto più raramente, X.
In Italia i sierotipi più frequenti sono il B e il C. Il B è stato il sierotipo più frequente fino al 2014, quando è stato sostituito dal C, anche se bisogna considerare che nel 30% dei casi il sierotipo di meningococco responsabile non viene mai identificato.
La meningite si trasmette per via respiratoria, cioè tramite goccioline di saliva o secrezioni nasali, e deve avvenire a una distanza breve, meno di 1 metro, perché il meningococco è un batterio fragile che non sopravvive nell’ambiente. Se contratta però, la meningite è letale nel 13% dei casi, percentuale che sale al 23% nel caso di sierotipo C, e fino a un quarto dei pazienti sopravvissuti subisce delle importanti complicanze, come amputazioni, sordità o epilessia.
Per questo motivo, fa molta paura e quando si ha un caso di meningite, i contatti stretti della persona ammalata vengono trattati e sorvegliati per 10 giorni e vaccinarsi è l’unica soluzione.
Quando inizia la ricerca dei contatti, spesso questi casi di meningite diventano noti, creando la percezione che siano tanti e che sia in corso un’epidemia che prima non c’era o che si stia affrontando una situazione eccezionale. Ma non è così.
Ancora più facile poi è aggiungere paura a paura, che è certamente più virale di quanto non lo siano tutte le infezioni batteriche messe insieme. Negli ultimi mesi, infatti, abbiamo letto spesso di come i migranti, oltre alla sporcizia, i selfie stick, la scabbia, l’ebola e le palme portassero anche la meningite. E purtroppo ci sono cascati in molti.
Esiste, in Africa, una zona che si estende dal Senegal all’Etiopia e che ha un’incidenza talmente alta di meningite da essere stata soprannominata Meningitis Belt.
Ma, mentre in Europa, in Australia e nelle Americhe i sierotipi più diffusi di meningococco sono il B e il C, in Africa e in Asia il più comune è l’A. Questo non vuol dire che gli altri sierotipi non circolino, ma che è estremamente più raro, se non impossibile, che provochino dei casi di malattia.
Per di più, la meningite in Italia non è affatto una novità. Nonostante piccole variazioni (20-40 all’anno), il numero di casi rimane stabile nel tempo. Per questo motivo, e poiché i sierotipi di meningococco sono diversi rispetto a quelli diffusi in Africa, non possiamo in alcun modo mettere in relazione i casi di meningite italiani con l’immigrazione.
Infatti negli ultimi anni non solo NON sono aumentati i casi di meningite in Italia ma sono solo diminuiti, nonostante il tasso di entrata di migranti via Mediterraneo sia decisamente aumentato.
Per di più, il contatto necessario per il contagio deve essere molto ravvicinato. È quindi estremamente probabile che una persona che si ammali sia stata contagiata da qualcuno appartenente alla sua cerchia ristretta di conoscenze e che per qualche ragione (ad esempio un calo delle difese immunitarie) il batterio sia diventato invasivo.
È anche probabile che il paziente sia esso stesso un portatore sano. La percentuale di portatori sani stimata in Italia infatti è altissima, tra il 2 e il 30%. Questo vuol dire che il meningococco alberga in una fascia tra 2 e 30 persone ogni 100 abitanti che sono quindi stati contagiati senza aver contratto la malattia.
Calcolando che il limite minimo di portatori stimati è 2%, se tutti si ammalassero vorrebbe dire che 2 persone ogni 100 italiani sarebbero ammalate di meningite, mentre il numero reale è di 0,32 casi ogni 100 000 abitanti ogni anno. L’allarmismo quindi è inutile e dannoso.
Solo un paio di mesi fa infatti, la deputata toscana Deborah Bergamini, responsabile Comunicazione di Forza Italia, ha chiesto in Parlamento di sapere che tipo di controlli sanitari si effettuano sui migranti di origine subsahariana che accogliamo sul nostro territorio, ‘poiché affidarsi ai buoni auspici che il meningococco non viaggi con i migranti non e’ una tutela per la salute pubblica.’
Forse ai buoni auspici no, Deborah, ma alla scienza sì.
segui silvia su twitter @silviaboccardi
segui martina su instagram @_martinaantoniotti_
segui maria francesca su twitter @mf_manca