La Bulgaria, l’UE e il 60simo anniversario dei trattati di Roma. Dal crollo del muro di Berlino all'”Europa a più velocità”. Un’intervista con la professoressa Anna Krasteva
di Francesco Martino, da Sofia, tratto da Osservatorio Balcani Caucaso
Intellettuale attiva su più fronti, Anna Krasteva (professore associato in Scienze politiche alla Nuova Università Bulgara – Нов Български Университет – di Sofia) si occupa di temi che spaziano dalla politica bulgara all’integrazione europea, dalle questioni migratoria e identitaria all’evoluzione delle società post-comuniste. L’abbiamo incontrata a Sofia per discutere di Bulgaria e Unione europea alla vigilia del 60simo anniversario della firma dei trattati di Roma con cui, il 25 marzo 1957, nasceva la Comunità Economica Europea (CEE), passo cruciale del percorso di costituzione dell’Unione europea.
A breve saranno festeggiati i 60 anni dalla firma dei trattati di Roma, che diedero inizio a quella che oggi è l’Unione europea. La Bulgaria si è inserita in questo processo molto più tardi: che cosa significa – simbolicamente e idealmente – questo anniversario per i cittadini bulgari?
Il quadro è complesso, ci sono almeno tre livelli di analisi da prendere in considerazione: quello dell’élite intellettuale, quello della sfera politica e quello dell’uomo della strada. Per l’élite intellettuale e cittadina l’ideale europeo ha sempre costituito l’orizzonte di riferimento, un orizzonte che ci ha aiutato a sopravvivere durante gli anni del regime comunista, ma anche a superare le molte deficienze dell’attuale democrazia e del mancato sviluppo economico. Dalla sua nascita come stato moderno, la Bulgaria ha conosciuto due poli che ne hanno plasmato l’identità: l’Europa occidentale e il mondo russo-ortodosso. Oggi, almeno nei circoli intellettuali il discorso pro-europeo è largamente dominante, e l’alternativa russa non viene sostenuta da nessuna figura davvero influente.
Questo è vero anche per le forze politiche?
Qui la situazione è molto più diversificata: se a livello intellettuale la “scelta russa” è marginale, ci sono ancora attori politici importanti a favore della presenza di Mosca in Bulgaria, sia a sinistra che a destra. Ad esempio “Ataka”, primo movimento di destra estrema della storia recente della Bulgaria (nato nel 2005) ha aperto la propria campagna elettorale a Mosca. Anche il partito socialista (BSP) è sempre stato vicino alle posizioni russe, come dimostrato ad esempio dal forte orientamento pro-Mosca dell’ex presidente Georgi Parvanov, eletto per due volte dalle fila del BSP. Un orientamento, tra l’altro, giustificato anche da questioni molto pratiche, visto che le figure che lo sostengono rappresentano gli importanti interessi economici russi in Bulgaria, come quelli legati alle infrastrutture energetiche. Ci sono naturalmente anche forze politiche dichiaratamente pro-UE: la destra liberale, ma anche GERB (Cittadini per uno Sviluppo Europeo della Bulgaria), il partito dell’ex premier Boyko Borisov, che ha fatto propria una scelta identitaria europea ed è oggi un membro fedele del Partito popolare europeo (PPE). Questa scelta fa sì che quando GERB è tentato da posizioni nazionaliste, di solito l’intervento del PPE riesce a riportarlo velocemente nei ranghi europeisti.
E per il cittadino comune?
Per i cittadini bulgari l’orizzonte europeo significa innanzitutto due elementi pratici di grandissima e fondamentale importanza: la libertà di movimento e la libertà di accesso al mercato europeo del lavoro. I maggiori investitori “esteri” in Bulgaria restano i moltissimi cittadini bulgari emigrati, soprattutto in altri paesi dell’UE. I cittadini bulgari sono stati rapidissimi ad approfittare ed usufruire delle libertà garantite nello spazio europeo, e a diventare cittadini europei nel senso pieno di questa espressione. Oggi in tantissimi vivono all’estero, ma rimangono legati alla propria patria sia grazie alle rimesse che attraverso un vivissimo attivismo nella vita pubblica e culturale del proprio paese.
Negli ultimi anni, accanto al dibattito pro o anti-europeo, se ne è affiancato uno non meno vivo su quale Unione europea vogliono gli stati membri e i cittadini europei…
Assolutamente. Questo è un dilemma che riguarda sia la Bulgaria che l’UE nel suo complesso. Simbolicamente, potremmo rappresentare le due principali alternative come l’“Europa della Merkel” contro l’“Europa di Orban”. A lungo le élite politiche bulgare hanno giurato fedeltà, per così dire, all’idea di Europa promossa dalla cancelliera tedesca, ma a mio modo di vedere – intimamente – si sentono molto più vicine all’orizzonte incarnato dal premier ungherese. Con lo slittamento nei rapporti di forza tra questi due poli al quale stiamo assistendo, con il polo euro-scettico di Orban che negli ultimi anni acquista potere ed influenza, si apre una possibilità per le élite di Sofia di dimostrare molto più chiaramente le proprie inclinazioni più profonde.
Col “libro bianco” presentato dal presidente della Commissione UE Jean-Claude Junker, si parla ora della possibilità di dar vita ad un’“Europa a più velocità”. Come viene visto questo scenario in Bulgaria?
Tutti i leader politici bulgari che hanno commentato questa prospettiva l’hanno bocciata fermamente. Da parte delle élite, così come dei cittadini, il timore è che con una riforma in tal senso venga formalizzata, cementata ed ampliata la frattura tra la Bulgaria e la parte più evoluta ed economicamente avanzata dell’UE. La risposta, come spesso succede, è stata però paradossale: i politici bulgari criticano spesso e volentieri l’Unione Europea, ma davanti alla proposta di partecipare al nucleo più integrato dell’Unione, abbondano nei loro distinguo. Si pretende di poter godere di tutti i vantaggi della membership europea, ma senza prendersi responsabilità politiche, limitandosi a denunciare il tentativo di marginalizzazione. Nessuno però, nella campagna elettorale attualmente in corso, ha promesso di lavorare perché la Bulgaria possa far parte di un’eventuale gruppo avanzato.
Nella sua storia recente, l’accesso all’Unione Europea ha rappresentato l’obiettivo più importante per la Bulgaria. Eppure il decennale della membership, ottenuta il 1 gennaio 2007, è passato quasi del tutto inosservato…
L’adesione della Bulgaria all’Unione Europea è stata – negli ultimi anni – l’unico traguardo in grado di raccogliere consenso in tutte o quasi le diverse fazioni politiche, e a mettere d’accordo le élite e i cittadini, elemento che non deve essere dimenticato e va sottolineato. E’ vero però che il decennale dell’ingresso non è stato segnato da alcuna celebrazione importante: una situazione paradossale, che può essere spiegata da diversi fattori. L’ultimo decennio è stato segnato da una crescita poderosa dei movimenti nazionalisti ed euro-scettici in gran parte dell’UE, fenomeno a cui nemmeno la Bulgaria è rimasta indenne. Oggi il discorso politico euro-scettico, aggressivo, identitario, rumoroso e in parte gonfiato dai media riesce a risultare dominante, nonostante il fatto che i partiti che lo sostengono non siano in realtà dominanti né dal punto di vista elettorale né di presenza effettiva nelle istituzioni. Il discorso pro-europeo, paradossalmente, si limita invece ad essere molto più discreto e pragmaticamente orientato soprattutto a mantenere il flusso di risorse economiche – relative ai fondi strutturali – che si riversano da Bruxelles verso la Bulgaria.
L’Unione europea si presenta innanzitutto come un progetto di pace, in grado di sanare le tragiche fratture seguite alla Seconda guerra mondiale. Il fatto che in quel conflitto la Bulgaria sia stata toccata relativamente poco, depotenzia nel paese questo elemento ideale?
Anche in Bulgaria c’è una forte consapevolezza dell’UE come progetto di pace: più che i riferimenti alla Seconda guerra mondiale, però, sono sentiti quelli ad eventi molto più recenti e cioè alle guerre che hanno sconvolto l’ex-Jugoslavia negli anni ’90 del secolo scorso. Sia le élite che cittadini comuni sentono che la Bulgaria sia riuscita ad attraversare la transizione dal regime comunista a quello democratico senza violenza e senza conflitti aperti soprattutto grazie alla prospettiva europea. In Bulgaria, anche grazie a tale orizzonte, le problematiche relazioni tra maggioranza e minoranza turca sono state regolate attraverso un negoziato politico e democratico. In Bulgaria, paese balcanico, si è coscienti che l’unico modo per stabilizzare e pacificare i Balcani occidentali, ancora scossi da conflitti inter-etnici ed inter-statali è mantenere vivo lo sbocco europeo della regione.
L’altro pilastro ideale dell’UE è l’aver ricostituito l’identità comune europea dopo la frattura segnata per decenni dal muro di Berlino. Dalla prospettiva bulgara, questa missione storica è oggi pienamente realizzata?
Il muro di Berlino segnalava e rafforzava al tempo stesso non soltanto una separazione politica, ma anche una cesura culturale e storica tra l’Europa all’Occidente e l’Oriente ortodosso. Da questo punto di vista la Bulgaria è stata storicamente esterna rispetto al nucleo centrale del progetto europeo: buona parte dell’élite e dei cittadini bulgari sono oggi riconoscenti all’UE per aver demolito i muri che rafforzavano tali separazioni, dandoci la possibilità di partecipare a quello spazio democratico e pluralista che è l’UE. Un elemento fondamentale, e spesso sottovalutato, è l’aver reso possibile la transizione dal regime totalitario alla democrazia evitando la tentazione di un regime autoritario, come successo ad esempio in Russia. Un pericolo reale e concreto per la Bulgaria, che non aveva alcuna esperienza di democrazia negli ultimi cinquant’anni. Un obiettivo facilitato dall’UE sia come orizzonte intellettuale ed ideale, che con una serie di misure estremamente pragmatiche – legate all’acquisizione delle norme comunitarie – che hanno dato una direzione e un senso democratico al cambiamento. Ci sono naturalmente settori in cui l’UE non è riuscita a sanare le differenza in modo efficace: la Bulgaria, ad esempio, rimane il paese più povero dell’Unione, e le disparità economiche sono oggi più evidenti che nel periodo comunista, una situazione che fornisce argomenti alle forze politiche euro-scettiche.
Con la Brexit, l’accento della discussione politica è tornato sulla rivendicazione della sovranità nazionale, a discapito del potere – vero o presunto – esercitato da Bruxelles. Anche in Bulgaria esiste una richiesta di questa natura?
In Bulgaria, nonostante momenti di delusione, i cittadini continuano a ritenere che le élite politiche europee siano migliori di quelle nazionali. I severi rapporti di Bruxelles, che ogni anno fotografano la triste realtà bulgara, fatta di corruzione e di inefficienza, corrispondono alla percezione che la stragrande maggioranza dei cittadini ha dei propri leader e amministratori. Bruxelles continua quindi a rappresentare l’unica – seppur insufficiente – forma di controllo e correttivo.