Presidenziali in Ecuador

Vince il candidato di centro sinistra Lenin Moreno contro il candidato della destra Guillermo Lasso


di Mauro Morbello

Domenica 2 aprile 2017, il candidato del partito di centro sinistra Alianza País, Lenin Moreno, 64 anni, ex vicepresidente di Rafael Correa sino al 2013, è stato eletto presidente della Repubblica dell’Ecuador per il periodo 2017-2021. Moreno ha ottenuto il 51,16% dei consensi contro il 48,84% del candidato della coalizione di destra, il banchiere di 62 anni Guillermo Lasso.

Le elezioni in Ecuador erano elezioni importanti. Si inserivano in un processo che negli ultimi anni vedeva cadere – con dinamiche non sempre trasparenti che hanno fatto sospettare l´esistenza di una regia – molti paesi latino americani governati da coalizioni di sinistra in mano di partiti di destra, che in America latina sono sempre e solo di destra neoliberista.

È successo attraverso meccanismi costituzionali in Brasile, dove la Presidente Dilma Roussef è stata destituita il mese di agosto 2016 per “impeachement” del Parlamento, sulla base di accuse discutibili promosse da un senatore che è stato appena condannato a 15 anni di prigione per corruzione.

È avvenuto il mese di novembre 2015 in Argentina, dove la presidente Cristina Fernandez ha perso le elezioni contro il candidato della destra Mauricio Macri.

Prima era successo in Paraguay dove nel 2012 fu destituito attraverso un “giudizio politico” orchestrato sulla base di situazioni pretestuose il presidente di centro sinistra Fernando Lugo. Portando al governo il Partito colorado, lo stesso dell’ex dittatore Alfredo Stroessner, responsabile secondo la Commissione della Verità e Giustizia del Paraguay di 400 desaparecidos e oltre 18.000 persone torturate durante il suo governo durato sino al 1989.

Lo stesso Partito colorado attualmente al governo con Horacio Cortes, che nei giorni scorsi ha fatto approvare una legge per la rielezione presidenziale, augurandosi ovviamente potesse essere la sua, che ha letteralmente incendiato il parlamento di Asuncion, provocando un morto e decine di feriti negli scontri di piazza tra la polizia e coloro che si opponevano alla decisione, per considerarla il primo passo verso una potenziale riedizione della dittatura.

E ancora in Honduras, dove nel 2009 fu destituito dalla Corte Suprema il presidente Zelaya, democraticamente eletto, sostituendolo con il presidente del parlamento Roberto Micheletti, rappresentante della destra.

Da anni poi in Venezuela si sta giocando una partita politica decisiva per il destino del continente latino americano dopo che, con il fallito colpo di stato orchestrato ai danni del presidente Ugo Chavez nel 2002 e la scomparsa dello stesso Chavez, è in corso una evidente guerra economica e tentativi persistenti di debilitare il governo del presidente Maduro, eletto democraticamente nel 2013.

Considerando questa situazione è quindi evidente che nelle elezioni presidenziali dell´Ecuador si svolgeva una partita fondamentale nel complesso gioco degli equilibri politici e geostrategici della regione.

Le posizioni in campo durante questa campagna elettorale non potevano essere più divergenti. I due candidati non avevano infatti nulla in comune, né da un punto di vista della storia personale, né tantomeno da un punto di vista politico.

Lenín Moreno, ex maestro di suola secondaria e imprenditore nel settore turistico, ex vicepresidente della Repubblica di Rafael Correa, rimasto invalido nel 1998 e quindi obbligato alla sedia a rotelle a causa di uno sparo ricevuto durante una rapina, è riconosciuto a livello internazionale per il suo impegno in favore delle persone con disabilità ed è stato per questo candidato a premio Nobel per la Pace nel 2012 e nominato inviato speciale delle Nazioni Unite per i temi legati alle disabilità.

Guillermo Lasso è invece un uomo d´affari, presidente della Banca di Guayaquil, della quale è il principale azionista. Ha occupato posizioni politiche di rilievo, tra le quali quella di super ministro dell’economia nel 1999 durante il governo del discusso presidente Jamil Mahuad che sfociò nella crisi finanziaria del 1999, il cosiddetto Feriado Bancario.

Uno dei peggiori drammi sociali nella storia dell´Ecuador, che provocò al Paese perdite per 8.000 milioni di dollari, una svalutazione di quasi il 200% della moneta, riduzione del reddito medio di oltre il 30%, il raddoppio della disoccupazione e che condusse centinaia di migliaia, secondo alcuni calcoli complessivamente quasi due milioni, di equadoriani a emigrare negli Stati Uniti ed Europa, in molti casi anche in Italia.

In questa crisi, come purtroppo succede in tutte le crisi, se la maggioranza dei cittadini perde, una minoranza, in questo caso legata al settore finanziario, guadagna. Di aver guadagnato, anzi di aver speculato su questa crisi, è stato accusato Lasso, che all’epoca del Feriado Bancario ricopriva contemporaneamente ruoli di rilievo sia in ambito politico governativo che a livello di associazione bancaria.

Durante questa campagna elettorale il potere economico e finanziario dell’Ecuador, proprietario di una grossa fetta della stampa e dei mezzi di comunicazione del Paese, era ovviamente dalla parte di Lasso e non ha lesinato investimenti e risorse in favore del suo candidato.

La maggioranza della popolazione ecuadoriana non ha però ceduto alle lusinghe – o meglio alle illusioni – e ha invece premiato i dieci anni di governo della revolución ciudadana promossa del presidente Correa che, dal mese di maggio, con l’assunzione formale dell´incarico di presidente, sarà continuata da Lenín Moreno. Sono convinto che i cittadini che l´hanno votato – e io con loro – si augurino che durante il suo governo sappia dimostrare che in America latina si può governare con onestà e rigore morale in favore dei più deboli.

Non solo dei più deboli per soffrire una disabilità, ma anche dei più deboli per soffrire di una condizione di povertà dovuta alla ingiustizia, in primo luogo all’antica ingiustizia della redistribuzione della ricchezza che da sempre caratterizza il continente.