Frammenti di Kurdistan
di Linda Dorigo
“Sei ricca?”
Non avevo previsto questa domanda, almeno non dopo dodici scomodissime ore di autobus. Aram ha gli occhi azzurri, è un ingegnere chimico e lavora in un’azienda petrolifera alla periferia di Mahabad.
Sua moglia Azar, Azi per gli amici, è anche lei un ingegnere chimico. Hanno un figlio di otto mesi, Aran. “Per viaggiare come fai tu – mi dice Aram – ci vogliono molti soldi in Iran”.
Il ragazzo lavora da mattina a sera tardi, il figlioletto lo vede a cena quando lo strapazza di coccole e palloni perché “se diventerà un calciatore non dovremo più pensare ai soldi”.
Aram e Azi vivono fuori dal centro, in un palazzone di nuova costruzione, al dodicesimo piano con vista sulle montagne. Tutti sognano una vita migliore.
Chi ha dei figli spera per loro le libertà che non ha avuto, chi è giovane invece ha già rimpianti. Faruq avrebbe voluto fare l’insegnante ma non ha mai studiato così prova a recuperare il tempo perso.
È un tipo divertente, faccia allungata, mandibola in avanti. Ha una libreria di corani davanti alla moschea della città, ma odia la religione perché “crea barriere tra le persone, anche all’interno della stessa famiglia”. Il fratello è mullah e “il negozio è per lui – dice Faruq – perché ama leggere i testi sacri”.