Devastazione ambientale, degrado sociale e violazione dei diritti umani sono il prezzo dell´estrazione dell´oro in una delle regioni con maggiore biodiversità del mondo
di Mauro Morbello
La regione di Madre de Dios si trova all’estremo Sud Est del Perú, al confine con il Brasile e la Bolivia. È una delle aree naturali con maggiore biodiversità al mondo, dove vivono più di 1.000 specie di uccelli, oltre 200 diversi mammiferi, 250 tipi di pesci, rettili, primati, anfibi e innumerevoli tipi di piante.
È sicuramente l’ambiente più vicino a quello che possiamo immaginare potrebbe essere il paradiso. Forse proprio per la sua bellezza la regione è stata chiamata “Madre de Dios”.
Oltre che di flora e fauna, Madre de Dios è però ricca anche di oro alluviale. Ne vengono estratte 20 tonnellate metriche annuali, corrispondenti a circa l’11% dell’oro del Perú, che è il quinto produttore al mondo. Proprio questo metallo è stata la maledizione di Madre de Dios, perché ha trasformato il paradiso in qualche cosa di molto simile all’inferno.
Con l’esponenziale aumento del valore dell’oro che, negli ultimi 15 anni, ha quadriplicato e in alcuni periodi addirittura quintuplicato il suo valore di mercato, la regione di Madre de Dios è stata invasa da decine di migliaia di minatori e avventurieri, che si sono riversati lungo i corsi d´acqua per estrarre il materiale senza nessun controllo.
Trattandosi di un’area teoricamente protetta – purtroppo solo sulla carta – per essere almeno formalmente in gran parte una riserva naturale, la produzione dell’oro avviene in maniera informale e illegale, senza nessun controllo o regolamentazione.
Non esistendo limitazioni, il metodo utilizzato dai minatori per estrarre l’oro è devastante: radono al suolo la foresta, lasciando solo una distesa di terriccio e con motori a gasolio pompano il fango e la sabbia su superfici a “tappetto” per cercare di trattenere la maggior quantitá possibile di materiale prezioso.
Senza nessun reale controllo da parte dello Stato peruviano, in pochi anni sono stati così danneggiati oltre 100.000 ettari di foresta vergine, la maggioranza dei quali in aree formalmente protette. Di questi, almeno 15.000 ettari sono già stati dichiarati irrecuperabili per il livello di distruzione e i residui di materiale pesante, soprattutto mercurio, lasciati sul territorio dai processi di estrazione.
L’attività di sfruttamento minerario informale e illegale realizzato a Madre de Dios non offre in realtà benefici tangibili per i minatori, che vivono in condizioni subumane in accampamenti privi di qualsiasi servizio e che, con la stessa velocità con cui guadagnano i soldi con l’oro, li perdono quasi sempre in vizi e bagordi.
Non esistono benefici positivi neppure per lo Stato peruviano che, a causa dello sfruttamento informale, non percepisce un ritorno in termini di imposte da reinvestire nel bene collettivo.
Sono altri coloro che traggono benefici piú che tangibili dalla produzione di oro illegale a Madre de Dios e nelle numerose altre aree di estrazione esistenti in Perú. Perché il denaro che circola intorno a questo business é enorme, così come è enorme la corruzione che ne protegge e nasconde le dinamiche necessarie per assicurare il passaggio da una estrazione illegale e una commercializzazione legalizzata.
Una volta estratto – illegalmente – l’oro deve infatti essere messo in circolazione. In qualche modo “lavato” per entrare nel circuito “legale” della commercializzazione internazionale. E qui usciamo da Madre de Dios e persino dal Perú, perché in questo processo sono coinvolti, oltre ad attori nazionali, soprattutto imprese transnazionali del nord del mondo. Secondo alcun fonti varie imprese europee. Anche italiane. Sono queste e il loro sottobosco di intermediari che si ripartono la quasi totalitá dei benefici che girano intorno a questo enorme businnes.
Sì, perché il giro d’affari, anche se gestito in sordina, è davvero enorme. È stato calcolato che il commercio illegale di oro genera margini di profitto superiori al commercio della cocaina – della quale il Perú è primo produttore al mondo – arrivando secondo dati di Insight Crime a produrre un volume di circa 3.000 milioni di dollari annuali – di cui circa 1.000 nella sola regione di Madre de Dios – contro i 2.500 che genera il commercio della droga.
Il paradosso, che è difficile considerare non voluto, è che pur trattandosi di una attivitá socialmente ed ecologicamente distruttiva, al pari della droga appunto, la produzione – e commercio – illegale dell’oro non è contratasto con lo stesso impegno da parte delle autorità.
Il dramma di Madre de Dios non si limita però purtroppo solo alla distruzione dell´ambiente, alla corruzione e arricchimento illecito che circonda l’enorme giro d’affari legato alla produzione e commercializzazione dell’oro. Un ulteriore aspetto inquietantante della situazione è il degrado sociale e umano che ne caratterizza il contesto.
Oltre alle condizioni di precarietà oltre ogni limite in cui vivono i minatori, è nei nei luoghi di prostituzione, soprattutto nei bar bordello – i “prosti-bar” nel gergo locale – che si evidenziano livelli inaccettabili di sfruttamento delle donne, almeno 3.000 secondo alcune fonti. I “prosti-bar” sono quasi sempre semplici capanne costituite da assi di legno o pali fasciati da fogli di plastica di colore azzurro, disseminati nei differenti accampamenti minerari di Madre de Dios. Sono luoghi dove regna un odore acre di sudore e sporcizia, ma una bottiglia di birra costa più di quello che costerebbe in un bar alla moda di Lima. In questi posti si evidenzia un livello incredibile di violazione dei diritti fondamentali della dignitá della persona.
Un vero e proprio reato di traffico di esseri umani, considerando che un numero consistente di giovani donne qui occupate, almeno il 20% delle quali minorenni, vi sono portate con l´inganno o la forza, in un altissimo numero di casi per essere sottoposte a fruttamento sessuale.
Entrando a fine giornata in uno qualsiasi dei 400 bar bordello disseminati nelle decine di accampamenti del corridoio minerario di Madre de Dios lo spettacolo é identico. In un ambiente semioscuro, con un caldo soffocante amplificato dall’effetto termico della plastica, dall’evaporazione di birra rovesciata sui tavoli o per terra e spesso dai bisogni che qualcuno non è riuscito a trattenere, almeno la metà dei minatori-parrocchiani presenti evidenzia uno stato inebetito dalla quantità di alcol ingurgitata, amplificato dalla stanchezza e dal calore che contribuisce ad assopire. Chi è ancora in condizione di bere lo fa, solo o accompagnato da amici, generalmente attorniato da una o più ragazze di origine tipicamente andina, come lo sono peraltro i clienti.
Per ogni bicchiere di birra che la ragazza beve – più spesso getta a insaputa del cliente – l’uomo paga un extra di circa due euro. Oltre all’extra per l’accompagnamento al tavolo esistono vere e proprie prestazioni sessuali alle quali le ragazze devono assoggettarsi per contratto con il padrone – spesso la padrona – del bar bordello. Questi servizi, denominati in gergo “passaggio”, sono realizzati in stanze ricavate con pali di legno e plastica sul retro dei locali.
Le ragazze occupate nei bar bordello sono giovani o giovanissime. La domanda di minorenni è molto diffusa perché i clienti considerano che siano meno soggette a trasmettere malattie di origine sessuale.
Per aspetto fisico queste ragazze stridono fortemente con il tipo di donne, slanciate e tutte curve, rappresentate nei cartelli di pubblicità posti all’esterno e all’interno dei locali. A differenza delle donne rappresentate nei cartelli loro non sono slanciate, ma spesso invece tarchiate o grassottelle e portano i segni caratterizzanti la loro origine rurale andina. Sono figlie di contadini e braccianti delle Ande che hanno passato – si vede nei loro corpi e nel loro sguardo – un’infanzia e un’adolescenza piagate di stenti. Eppure queste sono le ragazze che i minatori di Madre de Dios vogliono: forse per sentirsi più vicini a casa, liberati dal pudore che sarebbe loro richiesto, se a casa ci fossero davvero. Inebriati da quella sensazione di potere e dominio che inietta il disporre di denaro guadagnato grazie all’oro.
I bar bordello a Madre de Dios e nelle altre, molte, zone minerarie legali e illegali del Perú sono aperti 24 ore al giorno. Tutti i giorni della settimana. Le ragazze svolgono turni generalmente non inferiori alle 10-12 ore, soprattutto tra le sette di sera sino alle prime ore del mattino.
I servizi sessuali sono pagati in grammi d’oro o in contanti tra i 100 e 200 soles a prestazione (circa 30-40 euro) di cui ben pochi finiscono nelle tasche delle donne, perché quasi tutti trattenuti dall’amministratore del locale.
Dopo il lavoro le ragazze riposano quasi sempre in condizioni penose, frequentemente su stuoie distese per terra. In queste condizioni passano varie settimane o mesi all´anno. Fino a quando non saranno “ricambiate” con nuove ragazze. Ricominciando ogni volta il circolo infernale dello sfruttamento. Finché durerà la maledizione dell’oro.