Riflessioni sul nuovo capitolo della storia francese che si apre con l’elezione di Emmanuel Macron
di Bruno Giorgini
VINCERE O MORIRE è il titolo di un bel libro dove Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha raccolto una serie di saggi sulla legittimità e il potere, la presa del potere, col significativo sottotitolo “Lezioni politiche nel Trono di Spade”, che come tutti sanno è una saga televisiva di grande successo.
Vincere o morire deve essersi anche detto Macron, l’enfant prodige della borghesia liberale finanziaria che con ascesa fulminante ha preso il potere in Francia, diventando Presidente della République per antonomasia.
La legittimità l’ha ottenuta al primo turno arrivando primo seppure di poco tra i quattro sfidanti.
Quindi l’ha coltivata nello spaziotempo che lo separava dal ballottaggio. L’ha affermata poi nello scontro diretto con Marine Le Pen, robusta grande borghese nazional populista – dicono con indulgenza molti osservatori – comunque con netti tratti xenofobi, razzisti e fascistoidi.
Le Pen, sperando di battere a colpi di bastone la spada affilata della ragione cartesiana e illuminista del suo avversario, ha tentato di scimmiottare la lingua del popolo povero, derelitto e incazzato, precipitando invece nel grottesco. La recita è venuta male e Marine Le Pen si è trovata delegittimata mentre di converso Macron si ergeva autorevole legittimo pretendente al trono.
A quel punto il più era fatto, il potere a portata di mano. Un potere che Macron ha sottolineato nella sua incredibile passeggiata solitaria traversando La Cour carrée voluta da Francesco I, con la Pyramide voluta da Mitterand sovrano di estrazione popolare laico e socialista, al suono dell’inno alla gioia, arrivando di fronte ai suoi concittadini affluiti a migliaia per intonare la marseillaise la mano sul cuore. Ovvero la marcia di un potere che si colloca e costruisce nello spaziotempo che sta tra l’Europa e la Nazione.
Tutto si può dire meno che il nostro eroe non conosca l’arte della rappresentazione simbolica capace di scolpire l’immaginario collettivo.
In questa fulminante marcia per la presa del potere Macron ha sbaragliato le tradizionali forze politiche, i gaullisti, i socialisti, la sinistra seppure Fillon è arrivato lì vicino ma ormai era delegittimato dalla sua propria corruzione e Mélenchon – leader della France Insoumise raggruppamento di sinistra – pure lui a un palmo, si è tra i due turni delegittimato da solo.
Rinunciando a dare una indicazione di voto ha di fatto e di diritto rinunciato a fare politica. Proprio prima della battaglia decisiva il generale si è seduto dicendo coram populo alle sue truppe: arrangiantevi. Che Mélenchon non fosse Lenin lo sapevamo tutti, però che si comportasse da pusillanime, rinunciando a dire almeno la sua individuale scelta, beh si poteva ma sperando che no, e infatti il PCF si è subito dissociato e così la France Insoumise ha perso una delle sue costole militanti più organizzate.
Vero è che agli incontri della jeunesse communiste si fanno seminari su “la modernizazzione staliniana nell’URSS”, testuale. Il che non fa ben sperare per una audience politica di massa.
Quella di Emmanuel Macron ha i tratti di una rivoluzione politica – una presa del potere da parte di un nuovo gruppo politico comparso improvvisamente che annichilisce i rivali, da poco meno di cinquanta anni e fino a ieri egemoni – seppure il suo compimento dovrà misurarsi con le elezioni politiche prossime venture, scommettendo che non sarà altrettanto lineare.
Il nuovo Presidente dovrà ottenere almeno una maggioranza relativa, e comunque fare i conti e le opportune mediazioni con gaullisti e socialisti per quanto malmessi, nonchè affrontare le opposizioni del FN, che Le Pen ha quasi raddoppiato i suoi voti arrivando a dieci milioni, e dell’estrema sinistra, le due ali che vorrebbe tagliare.
Certo egli, come ogni buon rivoluzionario giunto al potere, pensa di governare per decreto, les ordonnances, scavalcando il Parlamento se questo dovesse essere d’intralcio alla rapidità e efficacia delle decisioni presidenziali.
Perché il Principe nuovo deve, secondo Machiavelli, “mirare molto in alto”, il che significa mirare “al di là di ciò che esiste”, per raggiunger un fine “che non esiste” ancora, ma deve esistere. Però se Macron esagera il suo elegante vestito liberale può cominciare a sdrucirsi, e a lungo andare il re rischia di ritrovarsi nudo.
Ma, al di là dell’agone politico, è nella società che l’opera di governo sarà più difficile e contrastata. Il Presidente e il suo futuro governo se vorranno applicare l’enunciato programma politico economico di modernizzazione capitalista, dovranno inevitabilmente affondare il coltello nel corpo vivo dell’attuale assetto, incidendo e amputando sui diritti, sulle protezioni sociali, sul bilancio pubblico.
Macron sicuramente cercherà di salvare la capra e i cavoli. Egli sa, suppongo, che agire con precipitazione e violenza sociale eccessiva può generare terremoti, slavine e valanghe, eruzioni vulcaniche ma questa cautela è possibile?
Inoltre la sua ascesa al potere può essere assunta da molti come la miglior occasione per tornare in campo, gli operai e i lavoratori tanto quelli che hanno votato Le Pen quanto quelli che si iscrivono nella France Insoumise, e zone laterali.
Non è immediato che una rivoluzione politica di stampo liberale possa riverberarsi nella società, ma certo uno spazio potenziale di cambiamento e trasformazione di segno progressivo si apre. Avere una sinistra come si deve combattiva, coesa e teoricamente lungimirante – il che non è – sarebbe più facile.
Questo è vero sia in Francia che in Europa, perchè l’unica possibilità per Macron è che la politica economica europea disserri i suoi rigidi vincoli dandogli i margini per uno sviluppo capitalistico che non sia pura intensificazione dello sfruttamento in fabbrica e nella società.
So bene che Macron non è Gobetti il quale scrive: Il realista sa che la storia è un riformismo, ma sa pure che il processo riformistico, nonché ridursi a una diplomazia di iniziati, è prodotto dagli individui in quanto essi operino come rivoluzionari, attraverso nette affermazioni di contrastanti esigenze (..)la lotta di classe è stata l’experimentum crucis della pratica liberale; solo attraverso la lotta di classe il liberalismo può dimostrare le sue ricchezze. Essa rappresenta in politica la parte che in economia spettò al fenomeno dello scambio e del commercio.
Vuoi mai che il nuovo Presidente della République abbia letto quel piccolo grande libro che è la Rivoluzione Liberale. Per dirla in altri termini oggi più che mai è il momento di dire siate realisti chiedete l’impossibile, la frase di Camus che campeggiava sui muri del Maggio di molti anni fa.