Kosovo: caduto il governo, a breve elezioni anticipate

di Riccardo Celeghini, da Pristina, tratto da EastJournal

Mercoledì 10 maggio il parlamento del Kosovo ha votato la sfiducia al governo guidato da Isa Mustafa. Ben 78 deputati, sui 115 presenti, hanno appoggiato la mozione di sfiducia promossa dalle opposizioni, mentre solo 34 parlamentari hanno dato il loro sostegno all’esecutivo. Il voto parlamentare segna la fine dell’alleanza tra il Partito Democratico del Kosovo (PDK) e la Lega Democratica del Kosovo (LDK), e apre la strada alle elezioni anticipate.

Una coalizione instabile

Formatosi nel dicembre del 2014, ben sei mesi dopo lo svolgimento delle elezioni, l’esecutivo guidato dall’ex sindaco di Pristina e leader della LDK Isa Mustafa era a rischio da tempo. La coabitazione tra le due forze, storicamente rivali, è stata difficoltosa fin dall’inizio, e da mesi il PDK, il partito del presidente della Repubblica e uomo forte della politica kosovara Hashim Thaçi, faceva trasparire un forte malessere.

Proprio i deputati del partito di Thaçi sono stati determinanti nel voto di mercoledì, appoggiando la sfiducia promossa dall’opposizione, formata dal movimento nazionalista Vetëvendosje, da Iniziativa per il Kosovo (Nisma) e dall’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), partito dell’ex-premier Ramush Haradinaj, da poco rientrato in patria dopo l’arresto in Francia.

Il presidente della Repubblica dovrà ora indire le elezioni anticipate entro 45 giorni: la data che si fa strada è quella del 18 giugno, in concomitanza con le elezioni in Albania.

L’accordo con il Montenegro

Il tema cruciale che ha portato alla rottura dell’asse di governo è stato l’accordo per la demarcazione dei confini con il Montenegro, siglato dal governo di Pristina con quello montenegrino nell’agosto del 2015. Da allora, l’accordo è finito al centro di un’accesissima disputa tutta interna alla politica kosovara, e il parlamento di Pristina non è mai stato in grado di ratificarlo.

L’opposizione, difatti, ha fortemente attaccato l’accordo, denunciando una consistente perdita di territori a favore del Montenegro. Questa intesa, insieme a quella raggiunta con la Serbia per il riconoscimento di una forma di autonomia alle aree a maggioranza serba del Kosovo, sono stati i punti più contestati, che hanno portato nei mesi scorsi a lanci di lacrimogeni in parlamento da parte dei deputati dell’opposizione e a violente manifestazioni anti-governative.

Già da tempo era noto come l’accordo con il Montenegro fosse sgradito anche a diversi esponenti della coalizione di governo, il che ha reso impossibile trovare una maggioranza parlamentare in grado di ratificarlo. Il voto di sfiducia di mercoledì sancisce in modo ufficiale questa impossibilità.

L’ulteriore rinvio della questione, però, ha pesanti conseguenze, anche a livello internazionale: la ratifica dei confini con il Montenegro, difatti, è l’ultima condizione che manca a Pristina per ottenere dall’Unione europea la liberalizzazione dei visti. Come ricordato più volte da Bruxelles, senza l’ok all’accordo i visti non saranno liberalizzati. Proprio per questo, nelle ultime settimane erano aumentate le pressioni internazionali per procedere alla ratifica. A pagare il conto, dunque, saranno i cittadini kosovari, ormai gli unici in Europa privi di libertà di movimento.

Il Tribunale Speciale

In realtà, non c’è solo la questione dei confini con il Montenegro ad agitare la politica del Kosovo. Una questione cruciale è l’istituzione del Tribunale Speciale per i crimini dell’UÇK, che si è insediato all’Aja e che a breve inizierà i procedimenti contro gli ex-combattenti macchiatisi di crimini nella guerra del 1998-99.

Dato che molti di loro sono oggi parlamentari e leader politici, soprattutto, ma non solo, nelle fila del PDK, una tornata elettorale prima dei processi serve a mettere al sicuro i seggi per altri quattro anni, evitando il danno di immagine e le conseguenze giudiziarie che indagini e sentenze potrebbe generare.

Da oggi, dunque, si aspettano settimane di accesa campagna elettorale, a cui seguiranno le trattative politiche per il nuovo governo: la risoluzione dei tanti problemi dei cittadini del Kosovo, ancora una volta, può attendere.