E le mura della Fortezza Europa son sempre più alti
di Alessio Di Florio
E’ tornato il silenzio sui “fantasmi di Portopalo”, le vittime del naufragio “fantasma” del Natale 1996. Ancora una volta, dopo giorni di prime serate, link e post social, interviste sui giornali, sensazionale interesse, è sceso l’oblio. Potevano essere interessanti per qualche copia in più, per tacitare la propria coscienza.
Soddisfatto questo compito, son rimasti in pochissimi a ricordare i 289 morti della Yohan. Ma non dimenticare quella notte, cosa è accaduto (o non accaduto) tra il Natale 1996 e le inchieste di Bellu, e negli anni successivi, potrebbe (anzi dovrebbe) essere un filo rosso da dipanare per rileggere vent’anni della storia italiana vista con gli occhi di chi non ha più casa, di chi è stato costretto a lasciare affetti e radici, di chi vive sfruttamento, abusi, abusi e mancanze dei diritti. Fino a non esser neanche considerato un essere umano, preda dei calcoli di certa “politica” o di criminali senza scrupoli.
Il 20 e 21 febbraio scorso Rai1 ha trasmesso la fiction in due puntate I fantasmi di Portopalo, sul naufragio del Natale 1996 e le inchieste di Bellu su La Repubblica.
Quella notte morirono 289 persone dopo lo scontro tra la Yohan e la F-147. La prima ricostruzione di quel che accadde quella notte, e nelle settimane precedenti, fu Buon Natale Clandestino di Dino Frisullo, pubblicata su Narcomafie nel settembre dell’anno dopo.
“L’immagine più atroce” di quella notte, denunciò Dino, “è quella di un ragazzo indiano che si trascina a bordo perdendo sangue persino dagli occhi e muore quasi subito, e il capitano fa ributtare in mare il cadavere minacciando con la pistola gli scampati che chiedono di seppellire almeno lui in terraferma”.
Nello stesso numero venne pubblicato un secondo articolo firmato Dino Frisullo, La holding degli schiavisti (sul già segnalato link al sito di A-Dif è possibile leggere anche questo secondo articolo), la prima inchiesta in Italia sui traffici e sulle mafie internazionali che sfruttano la “tratta dei migranti”.
Fu la primissima inchieste su cosa avviene sulla pelle dei migranti da parte di Dino, a cui tante ne seguiranno negli anni successivi (a partire dai Cpt Vulpitta di Trapani e “Regina Pacis” di Lecce).
Sono denunce, documentate e coraggiose, che andrebbero fatte rileggere a chi continua a sostenere che l’antirazzismo e l’accoglienza son dei “buonisti”, che sono gli “amici dei clandestini” a favorire le mafie. Peccato che, vent’anni dopo, senza gli antirazzisti, senza le realtà solidali e internazionaliste, vere inchieste non ne vedremmo mai …
Quando Narcomafie pubblicò le inchieste di Dino erano passati 9 mesi dal naufragio, ma dovettero passare ancora anni perché non venisse più negato e quei morti non essere “fantasmi”.
“Il governo di centro-sinistra dell’epoca non fece nulla, negando perfino l’accaduto, perché non si voleva turbare l’ingresso dell’Italia nella fortezza Europa”, scrisse Alessia Montuori dell’Associazione Senzaconfine (di cui Dino per tantissimi anni, fino all’ultimo giorno della sua esistenza terrena, fu l’anima) a Carlo Lucarelli, che nel 2007 dedicò una puntata di Blunotte al naufragio, “la legge Bossi-Fini aggravò la situazione normativa degli immigrati e dei richiedenti asilo, ma non inventò nulla che non esistesse già: i Centri di permanenza temporanea teatro di varie tragedie, (tra cui il rogo del Serraino Vulpitta di Trapani del 28 dicembre ’99, dove persero la vita bruciate in tutto 6 persone detenute), i blocchi navali (ricordiamo il naufragio del venerdì santo in Adriatico, a causa di una manovra di harassment della marina militare italiana, nel quale morirono un’ottantina di albanesi, era il ’97, pochi mesi dopo la tragedia di Natale), le innumerevoli difficoltà burocratiche per l’immigrazione regolare, che costringevano le persone ad arrivare clandestinamente affidandosi ai trafficanti e rischiando la vita”.
La fortezza Europa, le politiche securitarie e di chiusura nacquero in quegli anni.
Ed iniziò quella storia di sfruttamento, abusi, violenze, violazioni dei più elementari diritti, speculazione, criminalità di cui alcuni capitoli abbiamo già ripercorso l’anno scorso anche su Q Code Magazine.
Il 28 marzo di quest’anno è stato il ventesimo anniversario del “naufragio dei venerdì santo” ricordato da Alessia a Lucarelli. La Pasqua del 1997 cadde il 30 marzo, due giorni prima la Kadër i Radës affondò dopo essere stata speronata dalla corvetta Sibilla della marina militare italiana, impegnata nel blocco navale contro le “carrette del mare” che partivano dall’Albania deciso dal primo Governo Prodi.
Morirono 81 persone e tra i 24 e i 27 furono i dispersi. Un ventennale ricordato da un altro governo di “centro-sinistra” con l’approvazione al Senato (anche grazie ai voti della neonata formazione di “sinistra” di D’Alema, Bersani e altri Mdp) del decreto “immigrazione” di Minniti e Orlando, quel che alle recenti primarie del PD è stato definito il candidato “più di sinistra”.
Un decreto definito dal Csm una “pericolosa compressione delle garanzie”, che tra le altre punta alla riapertura dei CIE(ex Cpt) rinominandoli Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio) – su cui rimandiamo al già citato dossier dell’anno scorso sulla “fortezza europa” senza dimenticarsi di Sandrine Bakayoko (morta in attesa di soccorsi nel CPA di Cona) e del CARA di Mineo che continua a fornire sempre nuove notizie alle cronache giudiziarie e l’inchiesta di Fabrizio Gatti sul CARA di Borgo Mezzanone, – e che creerà un mix sicuritario, insieme al decreto “sicurezza” firmato dagli stessi ministri, che andrà a colpire gli impoveriti e gli emarginati stanno denunciando da settimane moltissime associazioni.
Il presidente del CNCA don Armando Zappolini è arrivato ad invocare la disobbedienza civile, Fuoriluogo ha lanciato un appello contro “un messaggio politico culturale reazionario” che accredita “la tesi della criminalizzazione degli ultimi”, la Rete degli Operatori e Operatrici Sociali (nata dall’autoconvocazione di un’assemblea l’8 marzo scorso a Roma) ha lanciato la campagna #Iodiserto per opporsi ad “una guerra contro i poveri, contro chi vive nella marginalità sociale”.
In base al decreto “sicurezza” in nome del “decoro urbano” mendicanti, e non solo, potranno essere allontanati dal centro delle città.
Un provvedimento quasi anticipato dal sindaco di Roma Virginia Raggi che ha annunciato, qualche settimana fa, un nuovo regolamento per colpire gli impoveriti che rovistano nei cassonetti. Le recenti operazioni contro i migranti a Milano e Roma appaiono i primi frutti dei nuovi decreti. A Milano, suscitando l’esultanza delle destre, il 2 maggio è avvenuto un blitz imponente in Stazione Centrale con lo sgombero di centinaia di migranti.
“A vederla – ha scritto Cecilia Strada – non era una bella scena e nemmeno il Comune era tanto contento. L’unica cosa certa è che, arrivate le telecamere, è arrivato anche Matteo Salvini. Che con i suoi pochi fan si è messo a dileggiare un uomo che lavora in Centrale come operatore dell’accoglienza: “Che fai? Lo fai gratis?”, “No, è il mio lavoro” ha risposto questo ragazzo. “Un lavoro?! – e parte lo scherno, e il gesto dei soldi con le dita: “Business!”.
Disse l’europarlamentare assenteista a un uomo che ogni giorno si fa il mazzo e che forse non vede in un anno lo stipendio che lui guadagna in un mese. Disse l’europarlamentare che dovrebbe stare a Strasburgo a risolvere i problemi europei, compreso quello dell’accoglienza. Ma probabilmente è più semplice aizzare la guerra tra poveri sui social network, anziché andare a lavorare per risolvere i problemi dei poveri”.
Un rastrellamento che ha fatto esultare destre e benpensanti ma che con la sicurezza c’entra poco e niente. Tanto è vero che quei migranti erano così “pericolosi per la sicurezza della gente” che nessuno è stato fermato, nessuno è stato arrestato. Ma ad alcuni sono stati riconosciuti visti umanitari. Il 3 maggio a Roma Niam Maguette, un 54enne senegalese, è morto durante un blitz anti-ambulanti dei vigili di “Roma Capitale”.
Niam, dichiarano alcuni ambulanti presenti sul Lungotevere De’ Cenci, “è stato investito da un motorino dei vigili urbani in borghese mentre scappava dal controllo. E’ caduto e ha battuto la testa”. I vigili urbani capitolini, supportati anche dall’autopsia e da una tac secondo cui Niam sarebbe morto per infarto e il suo corpo non presenterebbe fratture, negano ogni coinvolgimento. Ma forte è montata la protesta della comunità senegalese, che chiede verità e giustizia per Niam e critica fortemente la repressione anti-ambulanti.
Una protesta ancor più forte dopo aver constatato, come sottolinea Valerio Renzi su fanpage.it, che “mentre cominciavano a delinearsi i contorni della tragedia consumatasi sul Lungotevere, la pagina Facebook della Polizia Locale di Roma Capitale pubblicava un post in cui rivendicava il successo dell’operazione lanciando l’hashtag #decorourbano”.
L’ultimo capitolo dell’avanzamento della “Fortezza Europa” è l’attacco ai salvataggi in mare, partito dopo le dichiarazioni del pm di Catania Zuccaro. Un attacco che sta vedendo in primissima linea, forse anche più della Lega Nord, Di Maio del Movimento 5 Stelle (che a quanto pare ha deciso di inaugurare così la sua “campagna elettorale” verso Palazzo Chigi …), che ha portato nelle scorse settimane a tre assalti fascisti e che vede regnare tutto tranne la necessaria chiarezza e linearità.
Una situazione nella quale la propaganda è così forte, e così indirizzata contro i salvataggi in mare e i migranti, che un consigliere regionale veneto è arrivato a parlare di “onlus colluse con gli scafisti” correlandole ai “proventi dell’accoglienza”. Ma Ong e Onlus sono due realtà diverse e le ong impegnate nei salvataggi in mare non gestiscono centri in Italia, quindi non c’è nessuna correlazione. Un ottimo lavoro di documentazione e ritorno alla realtà è stato pubblicato da Antonello Mangano su Terrelibere.org.
Nelle scorse settimane su L’Espresso aveva documentato il trattamento tutt’altro che di favore che può ricevere dalle commissioni per l’asilo, anche se si è vittima di uno stupro (nell’Italia che afferma di mobilitarsi per i diritti delle donne e contro i femminicidi un giorno si e l’altro pure …).
Intervistata da “Il Fatto Quotidiano” Cecilia Strada, presidente e figlia del fondatore di Emergency Gino, ha sottolineato che anche lei e il padre sono entrati nel mirino della “macchina del fango” insieme all’organizzazione (che, tra l’altro, non è minimamente coinvolta nei salvataggi in mare), ripetutamente insultati soprattutto sui social network.
“Se ci sono comportamenti poco puliti, che si chiariscano” aggiunge “ma c’è stato invece un attacco alle ong in generale, denigrando persone che passano la loro vita a salvare la gente in mare, a curarla nei campi profughi o quando arriva in Italia”.
Ed è questo il punto fondamentale, accuse generiche (e di fatto non pubblicamente documentate) sono diventate l’occasione per scatenare una vera e propria guerra contro i salvataggi in mare e i migranti. Ora, che la storia della cooperazione italiana (e non solo italiana) contempli anche capitoli tutt’altro che edificanti è cosa nota almeno dai tempi delle prime inchieste di Alex Zanotelli su Nigrizia e dell’assassinio di Ilaria Alpi (anche se nella “relazione di maggioranza della commissione parlamentare”, e sarebbe interessante ricordare chi quella relazione la scrisse e votò, d’inchiesta si afferma che fu colpa di una rapina finita male …).
Ma nulla di tutto questo ha mai mobilitato gran parte della “politica” e dell’opinione pubblica. E con i “fatti” di queste settimane non c’entra nulla e le situazioni non sono minimamente paragonabili. In alcuni momenti sembra di rivivere il “rovesciamento della realtà” già visto con “Mafia Capitale”: la procura di Roma ha portato alla sbarra interessi speculativi immensi, la gestione di mega centri figli di una visione che associazioni e movimenti contestano da vent’anni, a capo di tutto c’era un ex Nar che continua a rivendicare di essere fascista e la procura ha coniato la definizione di fasciomafia per descrivere la cupola affaristico-mafiosa. Ma alla fine, tra un silenzio e l’altro, la “realtà” mediatica e politica è diventata “è tutta colpa dei buonisti che difendono gli immigrati, che vivono a 35 euro in alberghi di lusso, e che ci lucrano sopra”.
Allo stato attuale, al di là dei proclami propagandistici di Di Maio ed altri, questi alcuni dati accertati e realmente acclarati:
– Zuccaro di fatto ha ripetutamente affermato di non avere “prove giudiziarie” in mano e che le sue sono solo “ipotesi di lavoro”. Praticamente le indagini non sarebbero neanche iniziate. E’ questo che è stato criticato, per esempio, dal Presidente del Senato Grasso e dall’ex magistrato (lavorando anche nel pool antimafia di Chinnici, Falcone e Borsellino) ed ex parlamentare Giuseppe Di Lello.
– Lo stesso Zuccaro, almeno in un primo momento, ha affermato che organizzazioni come “Save the Children” e “Medici Senza Frontiere” sono al di sopra di ogni sospetto, altre sarebbero nel suo interesse. Quindi non sarebbero i salvataggi in mare ad essere nel mirino. Al contrario di quel che la propaganda politica …
– Sicuramente non possono essere la “Guardia Costiera Libica” e altre forze militari operanti nel Paese nordafricano le “fonti” a cui affidarsi. Dai tempi dell’accordo di Berlusconi con Gheddafi sono infinite le prove (vere e reali) e le testimonianze (vere e reali) dei trattamenti disumani e brutali che i migranti subiscono in Libia (l’ultima denuncia dell’OIM è di questi giorni), così come delle connivenze e gestioni comuni tra “Guardia Costiera libica”, altre milizie e trafficanti ( qua l’ultima inchiesta di Enrico Piovesana).
Il reportage (che riporta violenze e abusi disumani) da Garian (in Libia) pubblicato a febbraio da L’Espresso riporta la denuncia anonima di un poliziotto locale “Ci sono decine e decine di prigioni su cui non abbiamo alcun controllo, tredici solo a Tripoli, gestite da potenti milizie armate. Qui a Tripoli una delle brigate più potenti è la Sharikan, nessuno può avvicinarsi alle zone che controllano. Fingono di arrestare i migranti clandestini e li tengono nei loro centri, senza cibo e senza acqua, prendono loro i soldi, li sfruttano, abusano delle donne e poi li trasportano nella zona di Garabulli per farli partire con i gommoni, con la complicità di parte della guardia costiera. Noi non abbiamo potere su queste prigioni, non possiamo avvicinarci perché rischiamo di essere uccisi”.
“La guardia costiera fa finta di non vedere. Qualcuno è minacciato, qualcuno è coinvolto”, sono parole di una guardia carceraria di Al Saladdin, centro di detenzione alla periferia di Tripoli riportate nell’articolo “Ci sono guardie costiere che recuperano i migranti in mare e li vendono alle milizie che li trasportano nelle prigioni illegali. I migranti sono i bancomat di questo Paese. L’Europa vede, ne è consapevole, eppure ha preferito spostare il problema sulle nostre spalle anziché farsene carico. Preferisce non vedere i morti”. Un articolo su Internazionale, dall’eloquente titolo “l’accordo tra Italia e Libia potrebbe favorire il traffico di migranti” (ma, ovviamente, nonostante come stiamo riportando è ben documentato nessuna polemica politica è stata montata …), sottolinea che secondo un’inchiesta di Nancy Porsia su Trt world “il capo della guardia costiera a Zawiya, Abdurahman Milad, è una delle figure chiave del traffico di esseri umani nella regione. Milad è accusato di avere legami con le milizie di Tripoli che portano i migranti dal Sahara alla costa, prima che siano imbarcati verso l’Italia” mentre secondo una fonte della sicurezza italiana riportata da Repubblica “le mafie si sono infiltrate, ricattano molte delle unità di polizia, delle guardie costiere delle città e dei villaggi libici”. E l’elenco, come è possibile leggere negli articoli citati, è ancora lungo
– L’espressione “taxi del mare” non esiste in nessun rapporto di Frontex (che nei giorni scorsi ha dichiarato ufficialmente di non avere mai mosso nessuna accusa alle Ong). Le morti di questi anni, e anche di questi ultimi giorni, le condizioni disumane e inimmaginabili per qualsiasi persona riportate anche in quest’articolo e denunciate da anni (il documentario “Come un uomo sulla Terra” è emblematico). Un’espressione che è ancor più insostenibile dopo che Fabrizio Gatti ha denunciato su L’Espresso che l’11 ottobre 2013 268 siriani, tra cui 60 bambini, sono stati lasciati morire annegati.
– Le operazioni sono coordinate dalla Guardia Costiera e dalle istituzioni italiane e le organizzazioni non governative impegnate nel Mediterraneo svolgono oggi quello che, fino a non moltissimi mesi fa, svolgevano la stessa Guardia Costiera, Frontex e altre operazioni di Stato. Se ci fossero stati comportamenti non totalmente corrispondenti a questo “protocollo” (e a questo pare, per quel che oggi è pubblico, forse a questo si starebbero rivolgendo indagini di cui avrebbero avuto notizia alcuni “organi di stampa”), innanzitutto bisognerebbe realmente definire cosa è accaduto e definirlo (se fosse, come alcuni sostengono, solo una mera questione procedurale di uno o più casi, vogliamo fermarci a questo o considerare anche le vite in pericolo?!).
– Si è partiti con possibili accuse ad alcuni (aggiungendo sempre, come già riportato, “ma altri sono benemerite e al di sopra di ogni sospetto”) e, alla fine, si sta arrivando all’obiettivo politico è quello di togliere ogni possibile testimone di quel che accade ed ogni possibile avamposto solidale, abbandonare alla Libia i migranti e – ça va sans dire – puntare ad una “politica” di ulteriore chiusura delle frontiere.
Arrivando, come denunciava già vent’anni fa Dino Frisullo, come denunciamo da sempre e come ha documentato Internazionale nel già citato articolo, a favorire e alimentare le mafie e i trafficanti.