Morte ai vecchi. Un libro ribelle.

Una recensione del libro di Bifo e Massimiliano Geraci

di Bruno Giorgini

Ho letto con ritardo il libro Morte ai vecchi scritto da Bifo e da Massimiliano Geraci. E ne scrivo per fatto personale avendo recentemente compiuto settantun (71) anni, e pare si sia anziani fino ai settanta, poi si entri nella vecchiezza, almeno così alcuni sociologi.

Devo confessare che in prima battuta ho faticato a metterci mani, piedi e testa, poi però me lo sono bevuto, dovendo a volte tornare sui miei passi per ritrovare i fili della matassa. Perchè questo libro è molte cose, una torta a molti strati.

In modo più rigoroso potremmo definirlo: un testo che sta sull’orlo tra caos e complessità.

Con formula retorica: un disperato romanzo d’amore e di lotta. Un libro dove l’omicidio dei vecchi è abitudine sociale indotta dai mercanti di droghe, di immaginario, di video game; l’assassinio seriale dei vecchi ovvero degli umani perchè la strage si riverbera su tutti. Dice uno dei personaggi “La pulizia è cominciata.

A milioni ci uccideranno (..) E’ iniziata la pulizia etnica planetaria. I non formattati devono scomparire entro un termine prefissato dal codice. Non che gli adolescenti assassini siano meno disperati dei vecchi vittime. E qualcuno dei giovanotti finisce anch’egli morto ammazzato. Un libro dove una lingua visionaria si accompagna e intramescola con un linguaggio che direi: scientifico.

Qui per il lettore scatta il fascino del gioco a scoprire chi dei due autori ha scritto che cosa, specie in me che li conosco personalmente entrambi. Sarebbe facile dedurre che Bifo è il visionario e Max, redattore di una prestigiosa rivista scientifica, il rigoroso scrivente di teoria dell’informazione, sì c’è anche questa in sottofondo, e altro, le neuroscienze per esempio.

Ma sarà così? Coi libri scritti a quattro mani e pensati da due cervelli bisogna andar cauti. Sono libri mobili che un momento s’inerpicano e l’istante dopo precipitano.

Stai comodamente seduto a contemplare il blu dipinto di blu per ritrovarti catapultato in un buco nero, cambiando i colori, i tempi, la geometria e il senso. Questo movimento del pensiero e della scrittura li rende affascinanti, seppure meno coerenti. Tutto sta a/traverso (copio da Bifo che lo inventò prima del ’77) ma anche sottosopra (altra scopiazzatura questa volta dal movimento femminista).

Perchè inevitabilmente il libro oltre che un’emozione propone una mozione, in cinque parti lungo trecentosessantuno (361) pagine, insomma è un libro oltreche di scienza anche di politica, forse fantascienza e fantapolitica ma così definirlo è come cercare di mettergli le braghe, immutandarlo dentro un qualche canone, quando il libro invece si ribella.
Se posso permettermi, non vuole Morte ai vecchi restare confinato al piano euclideo, ma scomporsi e ricomporsi secondo sequenze frattal, pensate alle onde che si frangono e/o al confine tra l’acqua marina, le schiume e la sabbia lungo una spiaggia, anche alla lunghezza infinita della costa bretone oppure la tour Eiffel, capolavoro dell’ingegneria frattale quando ancora i frattali non esistevano.

In altre parole possiamo leggere il testo come una collezione di teoremi di geometria esistenziale al tempo dell’Algoritmo. Alcune pagine sembrano prese di peso da una tesi di dottorato e/o prefigurare un vero e proprio programma di ricerca scientifica, altre paiono ispirate da un delirio psichedelico.

Se vogliamo continuare emerge dal testo anche un vero e proprio catalogo di tutte, o quasi, le droghe e gli psicofarmaci con tanto di istruzioni per l’uso. In una storia d’amore e omicidi non può mancare il tradimento, nella messe di citazioni non può mancare Dante, e Dio programmatore “schizofrenico del mondo. Il vecchio bavoso (..) Dio disse: Fiat Lux. E il buio sopravvenne. Per sempre.”

Manco a dirlo l’eroe dei nostri autori è Lucifero che cerca di mettere riparo all’errore del Creatore. Ma tornando sulla terra se i vecchi vengono uccisi, e gli adolescenti sono gli assassini, che dire dei giovani. Sono impotenti. “Non credo che pensino a se stessi come cuccioli della razza umana. Anzi, per essere preciso, non credo che pensino a se stessi.(..)La parola si è distaccata dal calore affettivo dei corpi, così i corpi non sanno più parlare di se stessi, e le parole regrediscono a cifre astratte o gesti gutturali. (..)

La seduzione erotica viene progressivamente scollegata dal contatto sessuale, fino a diventare pura sollecitazione estetica. La perfezione della danza gelida, l’implacabile automatismo.”. Mi scuso per la lunghezza della citazione, ma siamo al cuore, uno dei cuori pulsanti, la cancellazione dei corpi e dei desideri, l’annichilazione delle macchine desideranti pensate da Deleuze e Guattari nell’Antiedipo, mentre il simbolico espresso dalle sequenze binarie dei numeri occupa tutto lo spazio mentale e fisico, la coscienza desertificata nonchè amputata del libero arbitrio. Così nasce “lo sciame assassino”. Ma si può resistere? “Non occorre colpire il centro, perchè il centro non c’è. Non vi è un centro del male, il mare è un cerchio illimitato il cui centro è dappertutto.

Perciò possiamo colpire dovunque, purchè l’azione abbia carattere contagioso. Distruggere se stessi è l’ultima azione libera che resta da fare.” E qui mi viene in mente il libro di Bifo “Suicidio e omicidi di massa”, figlio diretto delle considerazioni sulla morte di Jean Baudrillard. Eppure qua e là balena la possibilità di incontrare e/o costruire “la grazia”, uno stato di armonia con l’universo, un’empatia tra gli umani e con la natura: un kosmos che appunto in Greco significa Armonia.

Da ultimo, ma va a finir bene o male questo libro composto da molti libri. Direi che non finisce. Infatti all’ultima pagina non compare la parola fine. Semplicemente dopo averlo letto, come scrive al professor Vitale uno dei protagonisti, “pensai alla radiazione cosmica di fondo”.

 

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