Errekaleor bizirik

Digitando su Google il termine “Errekaleor”, il motore di ricerca vi chiederà: “Forse intendevi dire…?”. E così via. In sostanza, non riconosce la parola.

 di Alessandro Ruta

Bisogna aggiungere “Vitoria” a “Errekaleor” per sapere di cosa stiamo parlando. Situazione piuttosto paradossale per il quartiere occupato più grande di Spagna, nonché uno dei più grandi d’Europa, mai d’attualità come nelle ultime settimane.

Tranquillità
Vitoria-Gasteiz, la capitale della Comunità Autonoma di Euskadi, è una città verde, verdissima, ma piuttosto sonnacchiosa. Non ha il mare, e le spiagge, di San Sebastian; non ha la vivacità culturale ed economica di Bilbao; persino rispetto a Pamplona, che è in Navarra, ma è pur sempre considerata basca come Vitoria, è meno conosciuta. Eppure, appunto, è il fulcro politico-amministrativo della regione.

Ed è pure un posto tranquillo, forse fin troppo, per viverci, con i suoi quartieri residenziali e i “barrios obreros”, come Zaramaga, appena a nord del centro, dove il 3 marzo del 1976 la polizia, in piena “Transiciòn”, arrivò a sparare in chiesa per disperdere una manifestazione.

Cinque morti: la peggior strage mai successa in quel delicato periodo storico. Mai nessuno venne condannato né tantomeno giudicato; una ferita tutt’ora aperta in città.

Denominatore comune

Una delle cinque vittime dei cosiddetti “Fatti del 3 marzo” si chiamava Romualdo Barroso Chaparro, aveva 19 anni e veniva da un quartiere operaio, un altro di Gasteiz, tirato su dal nulla (la città ancora oggi ha intere aree disabitate) nel secondo dopoguerra: Errekaleor.

Un posto che si potrebbe definire alla periferia della periferia, sempre nei confini di Vitoria, e pensato per accogliere le migliaia di lavoratori che stavano cominciando a frequentare la capitale alavesa dopo che, tra l’altro, la Michelin e la Mercedes avevano aperto delle grosse sedi in città.

“Una famiglia, una casa”, era uno dei motti del franchismo, che a Gasteiz aveva attecchito con il nome di “Mundo Mejor”, “mondo migliore”; questo, infatti, fu il primo nome dato al quartiere. Totale, 192 case per circa 1.200 persone.

Fermi tutti

Il seguito è parte della storia della Spagna, oltre che del mondo. Dopo il 2000 il comune di Vitoria decise di riqualificare tutta la zona a sud-est della città, potenziando un altro quartiere recentemente costruito, quello di Salburua, sacrificando “Mundo mejor”, ormai rinominato “Errekaleor”, appunto (che significa in basco “fiume secco”).

Per questo motivo diede una sorta di ultimatum ai residenti, obbligandoli a prendere dei soldi (circa 80mila euro) per andarsene vendendo la propria abitazione, oppure ad andare a Salburua pagando la differenza in denaro per vivere nei nuovi appartamenti.

Ma prima che le ruspe entrassero in azione, ecco spuntare all’orizzonte la crisi economica, la bolla immobiliare che scoppia, soprattutto in Spagna, e ciao ciao riqualificazione. Salburua è rimasto dov’era, ancora oggi un quartiere un po’ anonimo con questi casermoni moderni per metà vuoti; idem, però, pure Errekaleor con le sue casettine bianche quasi da film western, circondate dal verde.

Autogestione
Così, mese dopo mese, anno dopo anno, un quartiere destinato a scomparire è tornato alla vita. Cominciò un gruppo di dieci studenti, occupando alcune delle case disabitate; ma adesso, ad Errekaleor, ci vivono più di 150 persone. Tutto è parte di una comunità in cui tutti contribuiscono, in completa autogestione; c’è chi si occupa degli orti e, in precedenza, dei pochi animali, altri producono il pane e lo distribuiscono gratuitamente agli altri “okupas” in cambio di frutta e verdura.

Esistono anche un asilo nido, un cinema, una biblioteca, un frontòn per giocare a pelota e un “gaztetxe”, ovvero una sorta di centro sociale dove si organizzano eventi, musicali soprattutto.

Ogni tanto il comune di Vitoria, proprietario di quelle case anche attraverso la società “Ensanche21” (51% di proprietà del comune, il resto ai privati), torna a farsi sentire: l’ultima volta facendo tagliare la corrente agli appartamenti, a metà maggio. “Motivi di sicurezza”, la spiegazione: il problema è che così non solo le case, ma tutto il quartiere, è rimasto al buio, col rischio di provocare, all’opposto, più furti e in generale reati. Per cui al chiuso ci si arrangia con il gas e i generatori.

Crowdfunding

Anche per questo motivo, la spada di Damocle di un comune che taglia la luce e che in generale sembra propenso a voler tornare sull’argomento “riqualificazione della zona”, Errekaleor ha già in programma l’utilizzo di energie alternative.

Obiettivo, raccogliere 100mila euro grazie al crowdfunding: operazione tutt’altro che semplice, ma che tra la popolazione basca sta ottenendo un clamoroso successo (qua il https://coopfunding.net/ca/campaigns/errekaleorbizirik/” target=”_blank”>link).

Sabato scorso nel quartiere, sotto una pioggia battente, si è tenuta una manifestazione a cui hanno partecipato 10mila persone, con in conclusione un concerto dei Berri Txarrak, notissimo gruppo musicale basco. “Errekaleor bizirik” è il nome del progetto, ovvero “Errekaleor vive”; un progetto autogestito in euskera, quindi in basco (lingua “ufficiale” del barrio), femminista e anti-capitalista.

Negli ultimi tempi anche da altre parti di Vitoria sono venute delle persone nel quartiere, magari perchè sfrattate dalle loro case; hanno preso l’autobus numero 10, unico mezzo pubblico per arrivare all’ex “Mundo mejor” (o almeno per avvicinarsi), per provare a cambiare stile di vita. Diventerà Errekaleor una sorta di “Christiania basca”, come quella danese? Allora sì che digitandola su Google comparirà senza bisogno di aggiungere “Vitoria”.