Un appartamento, un affresco della Romania di ieri e di oggi nel film di Cristi Puiu
di Irene Merli
SIERANEVADA, di Cristi Puiu, con Mimi Branescu, Judith State, Bogdan Dumitrache, Dana Dogaru, Sorin Medeleni
Bucarest, 2015. Tre giorni dopo l’attentato di Pargi a Charlie Hebdo, una vasta famiglia di classe media si appresta a riunirsi in un appartamento per la commemorazione funebre del patriarca, il padre del protagonista, il medico Lary.
Sono passati 40 giorni dalla morte del capofamiglia e si aspetta il pope per un rito tradizionale.
Ma il sacerdote tarda e la tribù di parenti di ogni età nell’estenuante attesa si innervosisce. Così le porte iniziano a sbattere e ad aprirsi di continuo, e tra zii, nipoti, fratelli, cognati e fratelli si intrecciano segreti e rancori, litigi e scherni, rivelazioni inaspettate e sbotti di insofferenza.
Insomma man mano che il film va avanti in quelle stanze si sviluppa un gioco al massacro, come avviene spesso in queste circostanze un po’ formali, quando si è tutti riuniti e poco convinti di doverlo essere.
Nella grande casa della vedova del patriarca si beve, si fuma, si passa da una camera all’altra mentre si discute di politica, di America e di terrorismo, di fede, di come si stava bene prima, quando si stava peggio…qualcuno aggiusta il vestito del nonno che dovrebbe indossare il nipote più giovane, secondo la tradizione religiosa, qualcun altro consola chi ha scoperto infedeltà e ingiustizie.
E intanto il pope non arriva e nessuno può iniziare a mangiare… Quando diavolo ci si potrà mettere a tavola?
Sieranevada, tutto girato nel chiuso di un appartamento tranne che per due scene, è un claustrofobico ritratto di famiglia…dall’interno, un Kammerspiel giocato in uno spazio ristretto dove il regista ha girato con la macchina a mano, facendo un largo uso di lunghi e lunghissimi piani sequenza sull’affollato coro di protagonisti, tutti inquadrati all’altezza degli occhi, e ha piazzato quasi sempre la cinepresa poco al di fuori della stanza dove si svolge l’azione, sulle cornici delle porte.
Con un effetto volutamente soffocante. E’ come se fossimo chiusi anche noi in quell’appartamento, tra voci che spesso salgono sopra le righe e con quelle dannate porte che si aprono e sbattono, si aprono e sbattono.
Perché in realtà Sieranevada vera trama non ha: Puiu ha voluto raccontarci, praticamente in tempo reale (il film dura quasi 3 ore), una giornata in una delle tante case della nuova Romania.
E facendoci vedere come scorre la vita di relazione in una famiglia caotica, irosa e spesso irritante, riesce anche a parlarci del suo Paese, dell’enorme cambiamento che ha dovuto affrontare e che fatica ad assimilare, della disillusione della classe di mezza età sfociata nel consumismo, delle difficoltà di capirsi tra vecchie e nuove generazioni, dell’importanza della memoria.
Il mondo in un appartamento? Beh, di certo un affresco sulla Romania di ieri e di oggi: tutti i personaggi, in qualche modo, sembrano schiacciati dal loro passato, personale e storico, che non riescono a dominare e li lascia in un irato spaesamento.
Certo non deve essere stato facile organizzare un set tanto affollato in un vero appartamento.
E infatti Sieranevada in questo fiacco inizio estate, brilla come un gioiello di regia, drammaturgia e e direzione, tanto di attori come di set.
Fidatevi…vale la pena di lasciarsi rinchiudere con Puiu e i suoi attori per 153 minuti. La Romania non è così lontana e in quella famiglia c’è anche qualcosa delle nostre.