Un evento ormai maturo e politicamente sdoganato, il 10 giugno si è svolto il sedicesimo Pride croato. Il paese resta però ancora diviso tra conservatorismo e accettazione della diversità
di Francesca Rolandi, da Zagabria, tratto da Osservatorio Balcani Caucaso
Il 10 giugno un fiume colorato ha attraversato le strade della capitale croata nella sedicesima edizione del Pride di Zagabria. Una parata composita che ha portato giovani e meno giovani, rappresentanti della comunità LGBT, di alcune sigle politiche di sinistra, ma soprattutto cittadini comuni in piazza dietro allo slogan “Slobodan život počinje ponoson” [Una vita libera inizia con l’orgoglio].
Ai molti cartelli che davano voce alle rivendicazioni politiche del movimento – “Siate felici perché non dovete lottare per i vostri diritti”, “Mai più nel silenzio”, “La polizia è qui a causa vostra” – se ne affiancavano altri che ironizzavano sul ruolo della Chiesa cattolica e sui valori tradizionali – “Anche Gesù aveva due padri” e “Salviamo gli amici eterosessuali dai matrimoni tradizionali”.
“Sono venuta qua con i miei figli perché imparino che la ricchezza sta nella diversità” racconta Mirna, quarantenne zagabrese che al Pride partecipa tutti gli anni. “Ho solo paura che oggi l’affluenza sia minore di quella dell’anno scorso, spero che altre persone si uniranno lungo il percorso”, aggiunge guardandosi intorno sul piazzale davanti al Museo Mimara, dove avviene il concentramento. Le sue paure verranno in parte fugate dalle dimensioni del corteo – con stime oscillanti tra le 3.000 e le 10.000 persone, secondo gli organizzatori – ma soprattutto dalla sua vivacità.
Il fatto che, nei giorni precedenti, il Pride non sia stato oggetto di particolare attenzione mediatica, testimonia di come la marcia dell’orgoglio LGBT si sia imposta come un appuntamento dotato di una sua legittimità politica all’interno della spazio pubblico della capitale croata. Durante il corteo, che si è snodato attraverso la centrale piazza Jelačić fino al parco Ribnjak, numerosi curiosi si sono affollati ai lati della strada o affacciati alle finestre delle abitazioni, ma non sono mancati coloro che hanno dato prova di supporto ai manifestanti.
Questo sdoganamento rappresenta anche un riconoscimento del lavoro politico intrapreso negli anni dagli attivisti di Zagreb Pride per strappare la popolazione LGBT all’invisibilità.
Basti pensare che la parata dell’orgoglio vanta una storia di resistenza alla violenza, che ha funestato le prime edizioni e che si è materializzata per l’ultima volta dieci anni fa, nel 2007, quando i manifestanti sono stati attaccati da un gruppo di contestatori armati di bottiglie Molotov.
Lo spettro dell’omofobia
Tuttavia, quanto lo spettro dell’omofobia sia tutt’ora presente in Croazia è tuttora testimoniato dalla capillare presenza della polizia in assetto antisommossa ai fianchi del corteo, che peraltro si è svolto senza incidenti. Unico tentativo di attrito, quello di un uomo con un’immagine religiosa che si è intrufolato nel corteo per essere poi allontanato della polizia. Ma, nonostante lo svolgimento pacifico della marcia, la popolazione LGBT con la violenza si confronta in tutti gli altri giorni dell’anno.
A una settimana dal Pride si è registrata un’aggressione omofoba a Zagabria che ha visto vittima un cittadino brasiliano, malmenato ed espulso dagli addetti alla sicurezza di un locale perché stava baciando un uomo. Nel febbraio 2017, inoltre, si è verificato un attacco con lacrimogeni a una discoteca LGBT. Questo clima di intolleranza crescente sarebbe secondo molti solo uno dei lati della medaglia della rivoluzione neoconservatrice che una parte della società croata starebbe cercando di portare avanti da due anni a questa parte, incontrando peraltro una discreta resistenza.
Ma l’omofobia si nutre anche e soprattutto di discriminazioni. Per questo motivo il Manifesto della Parata dell’orgoglio 2017, nel sottolineare una solidarietà verso tutte le categorie a rischio esclusione, contiene una forte rivendicazione sociale, perché, come hanno ribadito gli organizzatori, la libertà, per essere tale, deve presupporre una sostenibilità economica e un pieno accesso ai diritti, condizioni lontane dalla norma in Croazia.
“I giovani LGBT spesso non trovano nessun tipo di supporto né da parte della famiglia né da parte della scuola e non di rado ciò sfocia in una condizione di marginalità sociale fino al caso estremo di diventare homeless” racconta Mia Gonan, attivista, a OBC Transeuropa.
Il sostegno al Pride
Come di consueto ormai da diverse edizioni, la manifestazione zagabrese dell’orgoglio LGBT ha visto la partecipazione di numerose personalità del mondo dello spettacolo, della comunità internazionale – il Pride stesso è stato supportato da diverse ambasciate estere – e della politica croata. A sfilare sono stati l’ex presidente Ivo Josipović, Anka Mrak Taritaš del Partito popolare – liberaldemocratici (HNS), sfidante alle elezioni del 4 giugno del discusso sindaco Milan Bandić, poi riconfermato al suo sesto mandato, Milorad Pupovac, presidente del Partito democratico indipendente serbo (SDSS), insieme ad altre personalità politiche provenienti da SDP, HNS e altre formazioni minori.
Il sostegno alle rivendicazioni politiche della comunità LGBT divide da sempre lo spettro politico croato.
“In questa edizione il ministero della Cultura ci ha tagliato i fondi stanziati in precedenza, lanciando in questo modo un messaggio, che la partecipazione delle persone LGBT alla vita culturale non è benvenuta” incalza Mia Bolun.
Quest’anno, tuttavia, il Pride è avvenuto in giorni particolarmente delicati per la scena politica croata, che coincidono con un rimpasto del governo Plenković, nel quale è entrato, al posto della lista dei sindaci Most, il partito centrista HNS, pur al prezzo di una spaccatura al suo interno e della fuoriuscita di alcuni membri storici, tra cui Mrak Taritaš e Vesna Pusić. La possibilità di un’alleanza con l’HDZ era infatti stata ripetutamente negata dal presidente Ivo Vrdoljak, che la ha infine giustificata con un accordo che avrebbe garantito all’HNS alcuni ministeri, tra i quali quello dell’Istruzione, e con esso la possibilità di portare avanti la riforma curriculare del sistema educativo, in stallo da oltre un anno.
L’abbraccio tra HDZ e HNS è stato così presentato dai vertici di quest’ultimo come un prezzo da pagare per un innesto di valori liberal-democratici all’interno dell’attuale esecutivo di centro-destra, che ha finora dimostrato una tolleranza, da molti ritenuta complice, verso gli estremismi.
Una linea sottolineata anche dalla presenza del nuovo vice primo ministro dell’HNS Predrag Štomar, unico membro del governo, al Pride di quest’anno. La convivenza tra i due nuovi partner di governo si preannuncia difficile e, secondo molti osservatori, si potrebbe concludere con un appiattimento dell’HNS, privo di un vero potere negoziale, sulla linea dell’HDZ.
Le divergenze sono ben illustrate dal fatto che, mentre Štomar ha preso parte alla manifestazione dell’orgoglio LGBT, l’altro vice primo ministro Davor Stier, dell’HDZ, aveva preso parte alcune settimane prima alla antiabortista Marcia della Vita, che predicava la limitazione dei diritti riproduttivi. Il secondo governo Plenković si apre così con un’incognita, mentre le due Croazie sembrano voler marciare in direzioni diverse.