Il libro di Martin Caparros, una visione del mondo, dal punto più piccolo alla visione più grande
di Christian Elia
“A volte penso che questo libro dovrebbe essere una successione di storie minime, storie come queste, nient’altro. E che ciascuno legga finché può, e si domandi perché legge o non legge. Poi cado nella trappola di tentare una spiegazione: di ragionare, di cercare ragioni per l’intollerabile. Anche in questo modo codardo”. Martin Caparros, La fame.
Martin Caparros è uno di quegli autori che comunque fa riflettere. Per come lavora, per come scrive, per come affronta i temi che decide di trattare. E La fame, edito da Einaudi, è un libro da leggere.
Caparros, per circa tre anni, appoggiandosi ora alle Nazioni Unite, ora a Medici senza Frontiere, ha camminato i sentieri della più nuda delle violenze, la fame appunto, che ti lascia solo di fronte alla vita o alla sua assenza.
India, Bangladesh, Niger, Sud Sudan, Madagascar, Kenya…ma anche Argentina, Stati Uniti. Caparros non vuole scegliere a priori un punto di vista, muovendosi libero tra land grabbing e cambiamento climatico, aiuti internazionali e speculazione finanziaria su terra e alimenti.
L’approccio dello scrittore argentino è, come spesso gli capita, rabbioso. Per decenni è stata venduta un’immagine consolatoria della fame, vagamente caritatevole, per la quale è doveroso aiutare chi non ha abbastanza cibo. Senza quasi mai arrivare al cuore del problema: il cibo per tutti c’è, ma le logiche del mercato hanno creato una parte di mondo che consuma oltre ogni necessità, lasciando morire altri che il cibo lo avrebbero.
Lo stile di Caparros può piacere o meno. Al talento infinito per descrivere persone e luoghi, spesso, fa da controcanto un piatto dialogare con gli intervistati. Qualcosa che – a tratti – è quasi irritante, ma che non vuole avere nulla di consolatorio è che alla decima intervista appare come una denuncia a sua volta.
Se hai fame, se il tuo tempo, dalla mattina alla sera, è solo legato alla ricerca del cibo, tutto il resto finisce in secondo piano.
Ecco che la fame si mostra nuda: strumento di controllo sociale, strumento di dipendenza politica, dalla ong di turno o dal dittatore di turno, poco cambia.
E lo svelamento del grande inganno, quello della scarsità di cibo. Il cibo c’è, ma non tutti possono permetterselo. Ed è questo il punto, il sistema del mercato rabbioso, famelico, che nel 2007 ha scoperto che anche cibo e terra sono un business.
Caparros ha la capacità di alternare il reportage, l’analisi, i dati, le contraddizioni, il micro e il macro. Un saggio e la denuncia militante.
Un lavoro di frontiera, tra letteratura, inchiesta e giornalismo narrativo, con la forza di riflessione che solo un lavoro di lungo respiro può permettere, con l’autorevolezza di colui che può sottolineare le contraddizioni stesse di chi ne finanzia il lavoro.
Un libro necessario, un libro che fa riflettere. Come fanno la buona letteratura e il buon giornalismo.