La meta, nonostante la Brexit, rimane il Regno Unito. Ma nella capitale belga e sulla costa fiamminga, le condizioni dei migranti in transito per il paese sono estremamente precarie. Lo racconta Nel Vandevannet, dell’Ong Medecins du Monde
di Paolo Riva, da Bruxelles
A Bruxelles probabilmente sono gli unici cui il risultato dei negoziati sulla Brexit non interessa per nulla. Poco importa che sia dentro o fuori dall’Ue: loro in Regno Unito ci vogliono arrivare a tutti i costi. Sono le centinaia di migranti che transitano per il Belgio e che, nell’attesa di raggiungere il loro obiettivo, trovano rifugio negli anfratti della capitale belga. A pochi chilometri di distanza dai palazzi in cui, proprio in questi mesi, si cercano di cambiare le regole europee, come il Regolamento di Dublino, che impediscono a queste persone di muoversi liberamente.
“Alla Gare du Nord, dormono ogni sera tra le 100 e le 200 persone: sono migranti in transito di diverse nazionalità, provenienti soprattutto da Eritrea, Sudan, Egitto e Marocco”, spiega Nel Vandevannet. Nel è la direttrice dei progetti in Belgio di Medecins du Monde, che ha un’unità di strada che pattuglia la zona vicina alla stazione. L’Ong, che in tutto il Paese ha oltre 5mila dottori volontari, fornisce soprattutto aiuto sanitario e, tra i migranti, a prevalere sono patologie di lieve entità legate alla mancanza di casa e igiene, come problemi alla pelle o casi di scabbia. “Si fermano a Bruxelles e poi proseguono il viaggio verso i porti dai quali cercano di imbarcarsi sulle navi che attraversano il Mare del Nord”, continua.
“Sono molto determinati e, per quanto lavoriamo con mediatori e interpreti, è difficile ottenere la loro fiducia, soprattutto dei minori soli, presenti in gran numero”.
Medecins du Monde, insieme ad altre organizzazioni della società civile, è presente da tempo alla stazione. Lo è stata quest’inverno, quando le temperature sono abbondantemente scese sotto lo zero, e lo è ora che Bruxelles sta vivendo un’ondata di caldo inusuale, proprio durante Ramadan, il mese di digiuno dei musulmani che si è appena concluso e che molti migranti hanno osservato. “Abbiamo notato che, in questo periodo, persone che avevano già raggiunto la costa tornano in città perché qui trovano più sostegno, soprattutto da parte delle moschee”.
Tanto quanto Bruxelles è una città meticcia ed eterogenea, infatti, tanto la tappa successiva dei migranti in Belgio è una tranquilla cittadina turistica e portuale delle Fiandre, Zeebrugge. Qui partono navi container e traghetti verso l’Inghilterra, in particolare verso Hull. E qui i migranti si accampano sulle dune sabbiose lungo la costa in attesa di entrare illegalmente nell’area portuale e salire di nascosto sui camion che verranno a loro volta imbarcati.
“Quel porto è da anni un punto di attrazione per i migranti”, riprende Vandevannet, spiegando che Medecins du Monde lavora da tempo in città insieme alla parrocchia e alla caritas locale.
“In questo periodo, assistiamo un numero variabile di persone che da poche unità a una ventina ogni settimana. Ma il numero è sicuramente maggiore perchè va aggiunto anche chi non entra in contatto con noi”.
Nella primavera dello scorso anno, quando il campo informale di Calais era stato sgomberato per l’ennesima volta, le autorità temevano che questa città frequentata da anziani e famigliole diventasse la nuova jungle. La previsione non si è mai avverata, ma le istituzioni locali hanno rafforzato controlli e repressione, imponendo pene più dure per chi entra irregolarmente nel porto e arrivando ad arrestare anche decine di minori. Deterrenti che però non sembrano avere avuto effetto. “Pur provando noi a spiegare la situazione e a convicerli, dall’inizio dell’anno si contano sulle dita di una mano le persone che hanno deciso di fermarsi in Belgio e fare domanda di asilo qui. Nonostante divieti e pericoli – conclude Nel Vandevannet – tutti gli altri hanno proseguito il loro viaggio”.
Foto: Medicins du monde – www.medecinsdumonde.be