di Luca Rasponi
Che ci fa un giovane cactus nella città dei fiori? Come nasce il conflitto con le piante? Chi c’è dietro i misteriosi rapimenti dei girasoli? Se queste domande vi sembrano strane, vi sorprenderà sapere che in realtà svelano solo in minima parte l’originalità di Vivi e vegeta.
Già, perché dal sottotitolo sarebbe lecito aspettarsi un noir vegetariano, e invece… ci si ritrova di fronte a un fumetto con protagonisti piante e fiori antropomorfi, dove i vegetariani sono parte del problema!
Il sentiero tracciato da Art Spiegelman con Maus (premio Pulitzer nel 1992) è seguito con coraggio dai giovani Francesco Savini e Stefano Simeone, che non si accontentano degli animali e scelgono addirittura le piante per raccontare la propria storia.
Una storia originale già dalla storia editoriale: Bao Publishing infatti ha raccolto in un volume uscito di recente (con tanti contenuti extra e una grintosa variant cover di Gabriele Dell’Otto) la prima stagione della serie, originariamente pubblicata come webcomic sul sito Verticalismi.
Dopo l’iniziale affermazione negli Stati Uniti, quella di utilizzare il web come metro per misurare il potenziale successo di un’opera a fumetti è ormai una tendenza diffusa anche in Italia, grazie soprattutto all’apripista Zerocalcare.
Una modalità che ricorda quella tradizionale delle riviste shōnen, che in Giappone pubblicano settimanalmente brevi porzioni di manga per saggiare l’interesse dei lettori e decretare di conseguenza la pubblicazione in volume (tankōbon).
Aver superato questa “selezione naturale”, suscitando l’interesse di una casa editrice attenta alle nuove tendenze come Bao, la dice lunga sulla qualità del lavoro di Savini e Simeone. In quanto a presentazione e cura dei dettagli, infatti, Vivi e vegeta non ha nulla da invidiare al fumetto mainstream.
Se poi ci si aggiunge una storia assolutamente originale il gioco è fatto: un giovane cactus di nome Carl si sposta dal deserto dove vive alla ricerca della compagna Nora, emigrata nella città dei fiori per trovare lavoro come giornalista.
La narrazione comincia e prosegue come se vedere piante e fiori parlanti sia la cosa più naturale del mondo. Così facendo, anche il lettore si immerge subito in questa situazione curiosa e paradossale, e la sua attenzione si concentra immediatamente sulla ricerca di Carl.
Ricerca che si svolge tra l’ostilità dei fiori, separati dalle piante per qualche misterioso evento del passato. Ovunque incombe la paura del sole, che sembra portare con sé innominabili sciagure. E intorno a Carl è tutto un mormorio di complotti, come di attesa per qualcosa che sta per accadere.
La curiosità di capire quello che sta succedendo porta a leggere velocemente i dieci capitoli del volume, incoraggiati da tavole in cui l’immagine prevale nettamente sul testo. I vividi colori digitali completano il quadro di un’impostazione cinematografica vivace, a tratti spettacolare.
La ricerca di Nora – ricca di sorprese tra cui un clamoroso colpo di scena finale – si rivela per Carl un’epopea che lo porta prima di tutto a trovare se stesso, entrando in contatto con una realtà che non gli appartiene ma che diventa inevitabilmente lo sfondo di tutte le sue azioni.
I cactus che arrivano dal deserto, la diffidenza dei fiori che sfocia a volte in aperta intolleranza nei confronti delle piante. Una minaccia incombente e sconosciuta, mentre le rose – privilegiate in quanto fiori preferiti dall’uomo – vivono in una moderna cittadella riservata soltanto a loro.
Gli spunti per una lettura sociale di Vivi e vegeta ci sono tutti, alcuni già sviluppati dagli autori nella prima stagione, altri meno. Proprio questi ultimi rappresentano uno dei motivi d’interesse per continuare a seguire questa serie. Sul web e chissà – anche se a questo punto è probabile – in un nuovo volume Bao.