Analisi e prospettive dell’utilizzo di contractor nel conflitto afgano
di Emanuele Giordana, tratto dal suo blog Great Game
Sarà una nuova guerra, una guerra “speciale” e forse anche “privata”, con modalità già testate dall’Iraq allo stesso Afghanistan. Ma se i contractor son sempre stati un riempitivo dei conflitti per la logistica e la sicurezza, davanti a caserme e ambasciate, la nuova strategia del Pentagono, non ancora ufficiale ma inesorabilmente annunciata dalle indiscrezioni, potrebbe prevedere che la guerra per procura affidata a mercenari diventi uno dei nodi della pianificazione del nuovo “surge” afgano.
La notizia filtra sulla stampa americana mentre la ministra Pinotti si trova negli Stati Uniti per un incontro con il suo omologo James Mattis che – ha spiegato la ministra – oltre alle vicende siriane è servito per “rimodulare” il contributo italiano pari oggi a poco meno di mille soldati schierati a Herat, il secondo contingente straniero dopo quello statunitense.
Le indiscrezioni fanno due nomi pesanti: Erik Prince, il fondatore della famigerata Blackwater e Stephen Feinberg, un miliardario proprietario della DynCorp International, “gigante” – scrive il New York Times – del comparto militare privato.
Per ora saremmo solo a suggerimenti richiesti però da due spalle importanti di Trump: Steve Bannon, responsabile delle strategie del presidente e poco favorevole e all’invio di soldati in Afghanistan, e Jared Kushner, senior adviser di Trump e marito di Ivanka. Il piano ha comunque già un nome: Laos Option, richiamo alle operazioni segrete scatenate nel Paese confinante col Vietnam per mettere in difficoltà i vietcong.
L’uso dei contractor potrebbe forse far rientrare i dubbi di Bannon e dei molti che temono una nuova escalation e dunque nuovi morti tra i soldati a stelle e strisce, ma non piace troppo né ai vertici militari in divisa né ai militari, come Mattis o McMaster – consigliere per la sicurezza nazionale –, che vestono adesso panni civili.
Sono loro i sostenitori del nuovo impegno che dovrebbe coinvolgere 4 o 5mila soldati americani e qualche altro migliaio di militari Nato anche se per ora continuano a rinviare dichiarazioni ufficiali e numeri.
Temono però, non solo i guai che i mercenari hanno combinato in passato, ma soprattutto la possibile erosione del controllo del Pentagono.
Il piano, prevede infatti che i “privati” non si limitino a sicurezza e logistica ma anche a operazioni “speciali” ad alto rischio in stretta collaborazione con la Cia. Prince del resto non fa mistero delle sue idee: in maggio ha scritto sul Wall Street Journal che, in una guerra già costata agli Usa 828 miliardi, oltre 2mila soldati uccisi e 20mila feriti, serve un “modello Mc Arthur”, il generale americano che alla fine della seconda guerra mondiale governò il Giappone come un proconsole: esautorò l’Imperatore ma si servì però di soldati americani non certo di privati.
Prince immagina invece un “viceré” forse sul modello dell’incarico affidato, dopo l’invasione dell’Iraq, a Paul Bremer, il proconsole di Rumsfeld. Scegliere la parola “viceré” fa pensare, più che a Louis Mountbatten, l’ultimo viceré dell’India britannica, ai governatori generali (o viceré) della Compagnia delle Indie, a tutti gli effetti una società commerciale che impiegava un esercito privato. L’idea del vicereame afgano sedurrà Trump?
Stando alle dichiarazioni di Pinotti, Trump avrebbe invece sedotto gli italiani solo in parte. E l’Italia si opporrebbe all’invio di nuovi soldati in Afghanistan, decisione che richiederebbe un passaggio parlamentare che probabilmente non andrebbe a buon fine.
Non tanto forse per una attenta coscienza della guerra quanto perché si presterebbe a creare un ennesimo ostacolo sull’impervio cammino di Gentiloni. Per ora si parla solo di rimodulare e cambiare funzioni. Come si vedrà.