Quando il giornalismo d’inchiesta incontra la capacità di raccontare
di Christian Elia
Lawrence Wright è attento ai dettagli. Altrimenti non sarebbe uno dei reporter d’inchiesta di punta del prestigioso The New Yorker. Ma è come li racconti, che fa la differenza.
Wright, dopo anni di lavoro eccellente, ha oggettivamente fatto un salto di qualità dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001.
Quel lavoro, seguendo meticolosamente i fili che si dipanavano dalle storie dei dirottatori, ha costituito il quadro narrativo di inchieste durate anni che sono poi finite in due libri, il bellissimo La altissime torri (premio Pulitzer) e Gli anni del terrore, editi in Italia entrambi da Adelphi.
La capacità di vedere in ogni aspetto dei drammatici attacchi solo un punto da cui iniziare il lavoro, e non quello dove questo finiva, è stata la sua intuizione principale.
Ed ecco che – a ritroso – è dal fondamentalismo egiziano e dall’internazionalismo islamico in Afghanistan contro i russi che bisogna cominciare a seguire quel processo che si dipana in un’esplosione senza precedenti nel 2001.
Il metodo è quello classico del segugio da inchieste: documenti, riscontri, indagini, verifiche. Ma il tocco di Wright è nel cogliere come tutto questo materiale avesse un potenziale narrativo enorme.
I suoi ritratti dei protagonisti, siano comandanti militari, responsabili dell’intelligence Usa o comandanti di brigate di fondamentalisti, oppure teologi del jihad o semplici parenti di reporter rapiti in Siria è un affresco che rende questi quindici anni di guerra al terrorismo un autentico romanzo popolare.
I risultati del suo lavoro sono molteplici, perché se da un lato la ricostruzione minuziosa dei passaggi è il miglior antidoto al complottismo e il miglior modo di individuare le responsabilità (la mancata comunicazione tra Cia ed Fbi è uno dei punti chiave dell’11 settembre), dall’altro la restituzione di una dimensione umana all’interno della tragedia immensa aiuta a renderla ancora più reale.
Fondamentale anche la storia dei movimenti internazionali che si nutrono della loro personale lettura dell’Islam, ma che sono capaci di attirare migliaia di persone. E che non sono un monolite solido e unito, ed è proprio individuando queste faglie che si può sconfiggere.
Wright riesce a tenere assieme la puntigliosità dell’inchiesta, la gradevolezza del racconto, la precisione del ritratto. Non è da tutti, anche per questo merita di essere letto.