Viaggiare: il concetto di viaggio gemma dal viatico, cioè da ciò che occorre per il viaggio stesso. L’idea del viaggiare è quindi in origine misurata da ciò che portiamo con noi per il viaggio. In questo tempo estivo la redazione di Q Code Mag proverà a raccontarvi i suoi viaggi, non per forza spostamenti, non solo metafore, in una narrazione collettiva che ci accompagni sotto sole e temporali, fra i palazzi cittadini e gli ombrelloni marini. Buona lettura.
Di Angelo Miotto
Amsterdam 2003. Mi ricordo bene di quel viaggio, perché era il primo viaggio estivo da sposati. Quel viaggio ebbe inizio un anno e mezzo prima, però, nell’estate del 2001 a Vianos, Albacete, a una festa di matrimonio spagnola.
Marta e Joli si sposavano in un piccolo paesino del sud della Spagna, Castilla La Mancha. Marta l’avevo conosciuta tanti anni prima durante le vacanze estive, in Francia. Joli, galiziano, nel 1997, quando avevo visitato il suo paese natale, O Barco, dove i due si erano conosciuti.
Il matrimonio si sarebbe celebrato in tre giorni: ricevimento parenti e amici nel piccolo paese, civettuolo, dove la zia di Marta era sindaca, quindi il giorno della boda, con conseguente banchetto, quindi il giorno del recupero dai fasti e saluto per tornare ognuno a casa propria.
Marta era di Alcalà de Henares, Madrid, sua madre olandese. Ecco perché in quello sfavillio di lucine in una corte cascinale c’erano spagnoli e olandesi e altri amici internazionali.
Il matrimonio e le feste furono allegri e ricchi di festa e di banchetti, balli e musica. L’ultima sera, prima di tornare con gli sposi verso Madrid e poi di lì in Italia ricordo che cenai con gli zii olandesi di Marta, Peter e Margriet. Nordici e però intrisi di latino-america, dove avevano passato una stagione della vita, intellettuali, progressisti, tremendamente affascinanti.
Il tavolo della locanda era nella piazzetta del paese, noi seduti intorno al desco a piluccare, dopo due giorni di intensi combattimenti conviviali, i formaggi e i salumi della zona con un vino rosso. Niente macchine e un cielo stellato, una buona compagnia e racconti di impegno e studio sociale. Fu proprio lì che decisi che gli zii olandesi erano persone importanti.
Capita di trovare corrispondenze inaspettate con persone che incroci per i casi della vita.
Non capita spesso, ma capita. La mia futura moglie, Claudia, non era ancora nemmeno la mia fidanzata, ma ricordo nella nostro corrispondenza telematica di aver scritto di quella bella serata.
Un anno e mezzo e dopo, sposato, mi trovavo a organizzare le vacanze e si accese la luce sui canali di Amsterdam, quindi sugli zii olandesi di Marta. Una telefonata a Peter, il via libera di massima, prenotare i voli e poi la normale domanda di chi ospita, gentile.
– E quindi quanto vi fermerete da noi?
– Ecco Peter, se non vi dispiace potremmo stare quindici giorni.
– …
Il silenzio dall’altro capo del telefono denunciava che Peter aveva accusato il colpo di una richiesta originale, sfrontata. Ci eravamo visti due volte, non conoscevano Claudia, mia moglie, non era possibile immaginare se avremmo avuto una chimica da condividere nel dialogo a quattro; troppi indizi mancanti. Eppure, ancora oggi penso che quello fu un momento in cui le mie parole, quasi vivessero di vita propria nel pronunciare quel ’15 giorni’ seguissero un’intuizione tutta da verificare.
E fu così che nell’agosto del 2003 io e Claudia sbarcammo ad Amsterdam, accolti da Peter e Margriet con ogni gentilezza in una casa bella e accogliente, in un quartiere rosso-mattone e verde di piante cresciute selvagge, fra cancelli e decine di bici legate, un grande canale e le papere ad attraversare la strada sotto un cielo mutevole, di nubi veloci, veloci piogge e raggi di sole.
Ricordo che Peter, in una coerente attitudine nordica ci disse senza mezzi termini, credo fosse il secondo giorno, che invitarsi per quindici giorni non era cosa particolarmente educata.
Ero assolutamente d’accordo con lui. E disse anche che avremmo adattato i nostri e i loro programmi. Alla fine dei quindici giorni avevamo passato molto più tempo insieme di quanto potessimo immaginare all’inizio. Con la certezza di aver gettato delle importanti fondamenta per un rapporto di amicizia profondo e di condivisione di speranze per un mondo diverso. La politica, la famiglia, la musica, lo scrivere, l’andare a spasso insieme o consigliati, cucinare piatti tipici, partecipare ai ricevimenti con gli amici intellettuali, simpatici e dinamici e tremendamente alla mano, del mondo dell’accademia di Margriet e delle comunità del latino-america di cui si occupava attivamente Peter: quel viaggio fu un momento particolare della nostra vita.
Fu lì che decidemmo di adottarli come nostri zii, gli zii di Olanda.
Lo zio Peter e la zia Margriet ci inviarono alla scoperta di Rotterdam con ottimi consigli, in un museo costellato da sculture dentro un bellissimo parco, gite sulle due ruote fra canali e botteghe, merende gustose fra panna montata e torte di mela e cannella, angoli poco turistici della città.
La risata e l’umorismo di Peter, ironico, la luce degli occhi e dell’energia di Margriet. La capacità di quella fantastica coppia, noi appena agli inizi, di saper ascoltare e ascoltarsi, di rispettare i desideri in maniera così naturale. Per questo credo che quello fu un viaggio molto particolare della mia vita, per questo è anche bello raccontarlo dopo tanti anni di visite scambiate e ricordare anche oggi, che quella luce ed energia della Tia Margriet non c’è più, e ci manca così tanto.
Amsterdam 2003 rimane una pietra miliare dei viaggi più belli, più intensi, perché non furono solo giorni di scoperta di luoghi, ma di emozioni e legami e di nuove relazioni. Coi siamo tornati tante volte. La dimensione afffettiva mi lega ai mattoni e alle finestre così grandi a cercar luce, a quegli accenti che grattano la gola, i canali e il mercato, una spremuta di arancia un euro, le patatine fritte con la maionese, i festival e perdersi in quelle atmosfere e nelle luci la notte, nei barconi e le ciclabili, le spianate e i gabbiani in cielo. Quando ci penso sento profumi, odori e sensazioni, penso a una casa che ci ha accolto, a un viaggio speciale.