Perù, oltre Sendero Luminoso

A 25 anni dall’arresto di Abimael Guzman, leader di Sendero Luminoso, che ha segnato l´inizio della fine del terrorismo in Perù, il paese è ancora alla ricerca di una forma di resilienza collettiva che permetta di superare il trauma provocato dal conflitto armato che ha devastato il paese

di Mauro Morbello, da Lima (Perù)
foto di copertina Alejandro Balaguer

Il 17 maggio 1980, alla vigilia delle prime elezioni democratiche dopo oltre dieci anni di governi militari, un gruppo di militanti di Sendero Luminoso (SL) prese d’assalto il minuscolo villaggio di Chuschi, nella zona sud andina di Ayacucho, per bruciare le urne elettorali.

La distruzione delle urne a Chuschi era la dichiarazione formale di guerra del movimento terrorista Sendero Luminoso alla Stato peruviano.

Iniziava un periodo sanguinoso che, secondo la Commissione per la Verità e Riconciliazione, tra il 1980 e il 2000, avrebbe provocato oltre 69mila morti, almeno 15mila “desaparecidos”, migliaia di persone torturate ed oltre 40mila orfani.

Quando Sendero Luminoso, nel 1980, annunciò che avrebbe iniziato una “guerra popolare” contro lo Stato peruviano in pochi lo presero sul serio. Si trattava di un piccolissimo gruppo rivoluzionario di tendenza maoista, assolutamente minoritario nella galassia delle organizzazioni esistenti nel paese, che dichiarava apertamente la sua opzione per la lotta armata e la distruzione dello Stato borghese.

L’organizzazione era stata fondata nel 1970 da uno sconosciuto professore di filosofia dell´Università di Ayacucho, una regione delle Ande profonde e storicamente dimenticate del Perù, caratterizzata da una struggente povertà. Il nome del professore era Abimael Guzman. Il Presidente Gonzalo come lo chiamavano i suoi seguaci. Sarebbe diventato in seguito tristemente famoso.

Nei mesi successivi alla prima azione messa in atto a Chuschi, nel mese di maggio del 1980, Sendero Luminoso realizzò numerosi attentati che avrebbero cambiato per sempre la vita quotidiana della popolazione peruviana.

In meno di due anni, tra il 1980 e 1982, poche centinaia di militanti di SL esercitarono un livello tale di violenza e distruzione che le istituzioni nazionali dovettero rendersi conto che la minaccia era reale.

Non avendo una strategia per rispondere a un fenomeno che era sfuggito di mano, il governo del Perù decise di delegare la gestione del “problema” di Sendero Luminoso ai militari. I quali lo fecero: da militari.

Fu cosi che a partire dalla seconda metà del 1982, sino alla fine del periodo più cruento del conflitto, nel 2000, le forze dell´ordine iniziarono ad amministrare manu militari la maggior parte del territorio peruviano, senza che gli altri organi dello Stato potessero realmente controllare tali azioni.

La repressione militare, a partire proprio dalla regione di Ayacucho, estesa successivamente a tutto il paese, fu brutale.
Soprattutto nei confronti della popolazione civile, in particolare di quella rurale e indigena, presa letteralmente tra due fuochi.

Da una parte Sendero Luminoso che, con la forza, cercava di obbligare al consenso i contadini considerati una “massa” da sottomettere alla volontà del partito e da “educare” alla rivoluzione con le buone, ma sopratutto con le cattive. Dall’altra i militari che, quando riprendevano il controllo del territorio, accusavano i contadini di collaborare con i terroristi.

Per questo il conflitto armato peruviano, oltre ad essere stato tragico e sanguinario, è stato anche profondamente asimmetrico a livello sociale. Perché ha colpito in maniera indiscriminata proprio la popolazione più povera, indifesa ed esclusa del Perù: i contadini indigeni.
Paradossalmente proprio coloro che Sendero Luminoso dichiarava di voler riscattare dalle ingiustizie e vessazioni alle quali erano state storicamente sottomesse sin dalla conquista spagnola.

Purtroppo invece, come è stato dimostrato dalla Commissione per la Verità e Riconciliazione (CVR), tra il 1980 e il 2000 l’80 percento delle oltre 69mila vittime del conflitto armato peruviano sono state proprio le popolazioni rurali indigene.

In particolare i Quechua, cioè gli abitanti dell´altopiano andino che, pur essendo solo il 16 percento della popolazione del Perù, hanno rappresentato il 75 percento delle vittime totali del conflitto. Una parte molto rilevante delle quali, oltre 26mila, popolazione Quechua residente nella regione di Ayacucho, la zona dove ebbe origine Sendero Luminoso.

I venti anni di guerra tra SL e lo Stato peruviano sono stati contraddistinti da una violenza – o meglio da un livello di barbarie – che per la dimensioni raggiunte ancora oggi gli studiosi del fenomeno non riescono a spiegare.

Da un lato il dogmatismo di Sendero Luminoso, il coseddetto “pensamiento Gonzalo”, cioé l´ideologia definita da Abimael Guzman – considerato dai suoi seguaci la quarta spada del comunismo mondiale dopo Marx, Lenin e Mao – era a dir poco demenziale.

Prediligeva su ogni altro metodo politico l´assassinio e la legittimazione dell’uso di qualsiasi forma di violenza utile per la conquista del potere che, secondo quanto indicava Guzman nei suoi scritti, era previsto potesse essere raggiunto solo dopo aver versato un “fiume di sangue”.

Dall´altro, la reazione militarizzata dello Stato peruviano, per contrastare il movimento terrorista, fu direttamente proporzionale alla violenza esercitata dal nemico. Si concretizzò in innumerevoli atti di violenza brutale, tortura, esecuzioni sommarie e violenze sessuali, perpetrate in larghissima maggioranza contro popolazioni contadine indigene indifese.

Con l’accusa, nella maggioranza dei casi infondata, di essere terroristi, vennero uccisi, massacrati, fatti scomparire o torturati migliaia di contadini indigeni. Esercitando una pratica da molti analisti considerata apertamente razzista e discriminatoria che in parte caratterizza ancora oggi – anche se con dinamiche diverse – la società peruviana.

In questo modo, secondo quanto afferma la CVR, se il responsabile unico del conflitto è stato senza alcun dubbio Sendero Luminoso, al quale si imputano il 46 percento delle vittime, nel triste conteggio dei morti e “desaparecidos” almeno il 30 percento – oltre 20mila persone – sarebbero stati invece provocati dalle forze armate dello Stato peruviano.

Un esempio emblematico della brutalità e della violenza che ha caratterizzato il conflitto sono state le stragi – centinaia di stragi – compiute soprattutto da Sendero Luminoso, ma anche dall’esercito peruviano per punire o intimidire la popolazione accusata, da uno o dall’altro, di collaborare con il nemico.

Particolarmente terribili sono state, tra le molte, due stragi compiute contro popolazioni inermi e innocenti nella regione di Ayacucho, come già indicato il territorio che più ha sofferto le conseguenze della guerra.

La prima, il mese di aprile 1983, fu compiuta nel villaggio andino de Lucanamarca da Sendero Luminoso che accusava gli abitanti del villaggio di collaborare con i militari e di aver ucciso un loro militante in uno scontro a fuoco. Fu così che per rappresaglia, con una dimostrazione di indescrivibile barbarie, furono prima bruciate con acqua bollente e poi massacrate a colpi di ascia e machete 69 persone, tra le quali 18 bambini e 11 donne.

Di questa azione furono considerati responsabili tra gli altri i massimi dirigenti di Sendero Luminoso, Abimael Guzman e Elena Iparraguirre, condannati per questo delitto all’ergastolo nel 2006.

La seconda strage, agosto 1985, fu compiuta invece da una pattuglia dell’esercito peruviano comandata da un tenente di nome Hurtado che raggiunse il villaggio di Accomarca per eliminare un gruppo armato di SL che pensava si fosse insediato nella comunità.

Pur non trovando traccia né di armi né di senderisti, i militari violentarono numerose donne del villaggio e successivamente massacrarono la popolazione a colpi di mitra finendola con granate. Alla fine, il conteggio dei morti fu di 69 persone: 16 uomini, 30 donne e 23 bambini.

Solo nel 2016, dopo un’attesa di oltre 30 anni, è stata promulgata la sentenza che ha condannato complessivamente dieci persone con l’accusa di delitto di lesa umanità. Oltre ai due ufficiali che comandavano la pattuglia responsabile materiale del massacro, condannati a 23 e 24 anni anni di carcere, sono stati considerati responsabili in qualità di mandanti anche tre ex alti ufficiali superiori, tra i quali due generali.

Un’altra pagina terribile che ha macchiato l’onore delle forze armate peruviane nella lotta contro il terrorismo sono state le torture, i “desparecidos”, le violenze sessuali ed esecuzioni extra-giudiziali avvenuti nelle basi militari attive nelle zone di conflitto.

Emblematico e rappresentativo é stato ancora una volta il caso di Ayacucho, dove operava la base militare denominata “Los Cabitos”. Ció che avvenne in questa base, come in molte altre durante il conflitto armato che ha insanguinato il Perù, è stato tenuto a lungo nascosto e, come successe in Argentina con le madri de Plaza de Mayo, si è potuto finalmente conoscere questa storia grazie soprattutto al coraggio delle mamme di alcuni “desaparecidos”.

Nel caso di Ayacucho grazie alla signora Angélica Mendoza, soprannominata “mama Angelica” una donna Quechua, con un fisico minuto ma un coraggio gigante, mamma di Arquímedes, un ragazzo di 19 anni prelevato con la forza da casa da un gruppo di militari incappucciati nel mese di luglio 1983, portato nella base militare di “Los Cabitos” e mai piú riapparso.

Rischiando spesso la vita, accusata ingiustamente di essere lei stessa una terrorista, minacciata e perseguitata per anni, fu grazie alla testimonianza di “mama Angelica” che nel frattempo con altre mamme aveva costituito la Asociación Nacional de Familiares de Secuestrados, Detenidos y Desaparecidos (Anfasep), che finalmente si scoperse la tremenda verità.

Nellla base militare di “Los Cabitos” funzionò un vero e proprio centro di tortura ed eliminazione fisica di detenuti che, una volta uccisi, venivano bruciati in un forno crematorio. Sino ad oggi all’interno del recinto militare sono stati ritrovati resti di 136 corpi, ma secondo alcune organizzazioni di difesa dei diritti umani le persone eliminate all’interno della base dovrebbero essere state almeno 500.

Anche se appare mostruoso è un dato plausibile, considerando che secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa i desaparecidos durante il conflitto armato in Perù sarebbero stati oltre 15mila dei quali oltre 5mila nella sola regione di Ayacucho.

Grazie all´impegno di mama Angelica e Anfasep, dopo oltre 30 anni di attesa si è finalmente riusciti a realizzare il processo contro i responsabili della base militare “Los Cabitos” e gli ufficiali superiori che ne ordinarono le azioni. La sentenza, pronunciata proprio lo scorso 18 agosto 2017, a oltre 34 anni di distanza dai fatti, ha condannato per ora solo i responsabili diretti dei delitti, riservandosi una decisione per i mandanti di rango superiore.

Come se non avesse potuta andarsene senza prima ricevere un po´di giustizia dopo tanti anni di attesa, mama Angelica é morta dopo appena 10 giorni dalla lettura della sentenza, lo scorso 28 agosto 2017 a 88 anni, trentaquattro dei quali passati a lottare per ottenere giustizia in favore di suo figlio.

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Abimael Guzman

Con la cattura il 12 settembre 1992, esattamente 25 anni fa, del leader Abimael Guzman – il tristemente famoso presidente Gonzalo – insieme alla cupola politica di Sendero Luminoso, il movimento terrorista, che si basava su un rigoroso ordine piramidale, inizia gradualmente ad estinguersi fino quasi a scomparire all’inizio degli anni 2000.

Alcuni reduci, si calcola non più di 200 persone, operano ancora oggi esclusivamente nella zona cosiddetta del Vraem, un’area impervia delle Ande peruviane nella regione centrale del paese.

Secondo la maggioranza degli analisti si tratta ormai di un gruppo armato dedicato fondamentalmente ad assicurare la produzione e il traffico di cocaina, della quale il Perù è diventato il primo produttore al mondo, superando da alcuni anni la Colombia.

Di fatto l’attuale Sendero Luminoso si è trasformato in un apparato di protezione di narcotrafficanti e probabilmente lui stesso in un movimento “narcoterrorista”. Il gruppo realizza ancora puntualmente azioni armate, soprattutto contro le forze dell´ordine, ma è un livello di scontro paragonabile, se non inferiore, a situazioni simili vissute anche da altri paesi latino americani che affrontano il problema del narcotraffico.

Di fatto è da oltre 15 anni che il terrorismo brutale che ha caratterizzato il lungo periodo della “lotta armata” di Sendero Luminoso in Perù è ormai scomparso. Purtroppo però, come è avvenuto in molti altri casi di violenza che hanno costituito un trauma per una collettività, anche nel caso peruviano una volta superata la crisi si è steso un telo di silenzio. Oscurando i contenuti, le cause e condizioni della storia passata. Come se l´oblio fosse la condizione per superare il trauma.

L’evidente volontà politica di oscurare una seria analisi e una riflessione rispetto ai venti anni di terrorismo che ha vissuto il Perù tra il 1980 e il 2000, ha comportato che la grandissima maggioranza dei giovani nati a partire dalla seconda metà degli anni ’90 non conoscano quasi nulla del fenomeno.

Perché praticamente mai è stato loro spiegato in maniera seria, documentata e imparziale cioè che è successo. Ma neppure è stato mai spiegato loro perché è successo proprio in Perù. Un paese nel quale purtroppo la corruzione diffusa, la debolezza delle istituzioni, l’iniquità e il pregiudizio tra i differenti gruppi sociali, rimangono problemi ancora attuali, in gran parte irrisolti e potenzialmente strumentalizzabili da opzioni politiche che promuovono la violenza.

Da un altro lato, in maniera speculare, in questi anni anche la più timida voce che proponesse posizioni diverse dall’ortodossia conservatrice neo liberale, dominante sin dall’inizio degli anni ’90 nel paese, veniva con frequenza denigrata e accusata, in maniera velata o diretta, di affinità con i terroristi.

La stessa Commissione per la Verità e Riconciliazione, voluta dal Governo di transizione dopo la caduta del presidente Fujimori nel 2001, che di fatto è stato l’unico vero tentativo istituzionale di fare chiarezza in maniera equilibrata sulla tragedia del terrorismo in Perù, è stata con frequenza denigrata e offesa oltre i limiti, con accuse ridicole ad alcuni dei suoi membri di simpatie con i terroristi.

Questo paradosso, costituito da un lato dal silenzio sul ragionamento critico della storia e, dall´altro, della diffusione di un sentimento irrazionale di paura per un non meglio identificato ritorno del pericolo terrorista in caso di cambiamento del sistema, ha provocato una situazione di stallo – anzi di vero e proprio vuoto – culturale, sociale e politico nel paese.

Si tratta di una condizione – questa si – che desta preoccupazione. Perché il vuoto che si è venuto a creare, che è anche purtroppo un vuoto di valori e referenti, può essere riempito da gruppi organizzati che con un lavoro di base, soprattutto sui giovani, possono offrire loro – in mancanza di alternative – progetti politici che richiamino proposte del passato.

In effetti cosí è avvenuto. Ormai da alcuni anni, praticamente gli unici che svolgono in maniera attiva e militante un lavoro politico di base in Perù sono gruppi che – questi si, in modo dichiarato – sono vicini alle posizioni di Sendero Luminoso del tristemente famoso Presidente Gonzalo: il Movadef o il Fudepp.

Si tratta di organizzazioni che, soprattutto in ambienti universitari, raccolgono sempre più giovani militanti, la maggioranza dei quali non ha conosciuto direttamente la terribile tragedia che ha provocato il terrorismo nel paese.

Questa situazione ci fa purtroppo capire quanto siamo ancora distanti dall´obbiettivo che il Governo transitorio dell´ex Presidente Valentin Paniagua tentò di iniziare nel 2001 creando la Commissione per la Verità e Riconciliazione.

Obiettivo che consisteva soprattutto nella comprensione delle cause della violenza che aveva travolto il paese, per identificare strumenti e meccanismi utili a risolverle.

In pratica, di finalmente superare il trauma, ricercando proposte capaci di riorganizzare la società, identificando valori positivi collettivi senza alienare le differenti identità. Nella speranza che così facendo la storia, la brutta storia della guerra sanguinaria che aveva travolto il paese, un giorno non si ripetesse.