Tornando, dopo aver cercato il senso dell’altezza
di Alice Bellini
Ridiscendere a valle è strano. Improvvisamente ti rendi conto di quanto sia fragile il silenzio che riesci a portare dentro.
22 Agosto 2017. Siamo partiti quattordici giorni fa. E per quattordici giorni abbiamo avuto bisogno di soli 14 chili o poco più. La realtà è che erano pure troppi. Siamo comunque riusciti a portarci roba inutile. Alta Via N.2, il primo trekking di più giorni. La prima volta che sono salita in montagna – e ci sono rimasta.
“La prossima volta tenda e cibo liofilizzato”, abbiamo deciso sul treno di ritorno. Niente più rifugi con prezzi da 4 stelle, ma la pretesa di essere luoghi ameni di montagna. Basta con i circuiti turistici dove tutto è merce o poco più.
Quattordici giorni senza mai scendere sotto i 1400. Alta Via N.2, da Bressanone a Feltre. Passando per le Odle e il Gruppo del Puez. Poi quello del Sella. Marmolada, Mulaz, Pale di San Martino. E poi le Bellunesi, un po’ più rotte ma assai più silenziose, grazie alle loro moderate altezze che di turisti ne attirano un po’ meno.
A Malga Ciapela, Veronica mi scrive di KJ2, l’orsa uccisa proprio lì in Trentino perché ritenuta pericolosa. Ci metto qualche giorno a metabolizzare quello che è successo, perché nonostante la calca di turisti, le seggiovie, i ghiacciai scomparsi e l’acqua che manca, passare le giornate a camminare in quota fa dimenticare dell’uomo e mette a fuoco quella realtà molto più vasta e presente che è l’insieme. Natura.
Realizzo qualche giorno dopo. L’uomo si conferma l’animale più pericoloso, non tanto per la sua capacità indistruttibile di annientare, ma per la sua pretesa di definire, determinare, denominare, delineare ciò che non spetta a lui decidere. Che sia un orso, o la libertà di ognuno.
Un orso non è pericoloso: è un orso. Chiamarlo KJ2 è molto più pericoloso. Siglare come se spettasse a noi decidere ci illude di un potere che non abbiamo. E in realtà non avremo mai.
Ridiscendere a valle è stato strano. Nonostante l’Overshoot Day, il permafrost andato, i sacchi interi di immondizia che tappa dopo tappa ho raccolto, improvvisamente mi rendo conto di quanto fosse pacifico e giusto lassù. Il giusto ammontare, come spesso mi viene da pensare. Il giusto stimolo. La giusta quantità di vita.
Quella giusta quantità che non ha giudizio, e mi fa sentire al sicuro nella mia umanità.
Ora è di nuovo un continuo di tutto da ogni parte. Rumori, sguardi, voci, proposte – principalmente di inutilità.
Sto bene con il mio zaino, anche se ho scoperto che è fin troppo pieno. La realtà è che non c’è bisogno di molto altro: possiamo vivere con meno. Molto meno. E so che sarà difficilissimo ricordarselo, anche solo tra poche ore, così sommersa come sarò da tutto questo surplus che, a lungo logorare, vince.
L’essenziale ce l’ho avuto dentro per un po’. Ed è qualcosa di difficile da descrivere, perché fino a prima nemmeno io riuscivo a capire. Questo silenzio profondo, che per tutto il tempo pensavo non ci fosse.
Mi sembrava di essere salita su una specie di giostra perfettamente architettata, un po’ alla Matrix, dove Neo non se ne rende conto fino all’ultimo, per poi accorgersi che anche l’anomalia era contemplata. Uno spettacolo un po’ finto di attrazioni ben tarate, dove tutto è controllato, coadiuvato dall’illusione di una natura che primeggia, ma che in realtà è perfettamente e perennemente strumentalizzata – almeno fin dove si può arrivare.
Eppure ora in tutto questo rumore me ne accorgo. Così, se c’è qualcosa che questa Alta Via mi ha donato veramente, è il piacere di un silenzio che non puoi spiegare finché non lo ascolti dentro. Un silenzio fatto per restare in silenzio, e non per essere raccontato.
Tornando a volte non ci si sente a casa. Tornando a volte non ci si sente di appartenere, o almeno non più.
Tornare, in questo caso non a un luogo, ma a un modo. A un ambiente e a un equilibrio. Tornare a una disumanità, dove mi sento davvero poco al sicuro, molto meno che se mi trovassi di fronte a KJ2.
Tornare, in questo caso, a un mondo dove non si ha il piacere di vivere. A un modo che non si ha il piacere di adottare. A una bugia con la quale non si ha davvero più voglia di collaborare.
Tutti incentrati su questo uomo che davvero non merita poi molta attenzione. Dove tutti sono impegnati a schiamazzare su cose inventate, fino ad arrivare a farsi la guerra: i soldi, la politica, le regole, i confini. Come se davvero avessero mai portato a niente di buono, come se davvero fossero mai serviti a qualcosa. Come se davvero avessero qualcosa da insegnare. Come se dall’uomo l’uomo stesso avesse davvero qualcosa da imparare.
Non c’è nulla di naturale in questa vita qui. Non c’è nulla che sia davvero in grado di insegnare, perché questa umanità non è mai stata il cambiamento che voleva vedere.
Amiamo i nostri monumenti e le nostre antiche culture. I nostri colossei, partenoni e piramidi. Ma che dire di questa tradizione antichissima che è la natura? Che dire di questo capolavoro che è la Terra?
Continuo a pensare che il più bello dei monumenti non è stato costruito dal genere umano a discapito di schiavi. Né la migliore delle tradizioni è stata creata da re e dei, generando conflitti, oppressione o crudeltà.
Il più bello dei monumenti e la più significativa delle tradizioni è lì, che respira con e dentro di noi. Ogni giorno. Rispettando ed equilibrando, brillando alto nel cielo, soffiando forte, ondeggiando e germogliando.
Qualcuno che ho incontrato lungo la Via ha detto che un mondo senza regole è pericoloso. Parlava dei confini come se quelli fossero la libertà. Diceva che erano sacrosanti, perché servono a delimitare i luoghi entro i quali ci si può sentire a casa, e liberi di comportarsi secondo le proprie volontà.
Mi chiedo quanto sicuro sia questo mondo così ben regolato. Realizzo quanto poco al sicuro mi sento a vivere tra esseri che si odiano. Gli domando a cosa sono servite davvero tutte queste regole, dopotutto.
Mi risponde che l’anarchia è un pensiero pericoloso, perché allora ognuno potrebbe fare ciò che vuole. Domando se non sia forse già così? Poi ci penso e rispondo anche che il rispetto non è anarchia.
Comportarsi secondo una dinamica di pace non è anarchia. La non-violenza non è anarchia. Essere tacciata di utopismo è stato un passo breve, ma è lo scotto da pagare se non ci si vuole arrendere. Se si vuole un po’ di coerenza. E a me va bene.
Durante l’Alta Via N.2 ho incontrato persone di ogni tipo. Alcuni l’hanno percorsa in 6 giorni. Altri si prendevano un giorno di riposo ogni due. C’era chi, settantenne, la camminava da solo. Chi la divideva in pezzi e ogni tanto ne percorreva uno. Chi pensava fossimo dei supereroi per il solo aver deciso di farla. Ognuno cammina il suo cammino. Ognuno vive la sua vita. Ognuno fa la sua scelta. Ed è solo una, di 185 lunghi chilometri, ma solo una. La nostra.
La natura lo permetterà in ogni caso.
Ridiscendere a valle è strano, perché non lo si può spiegare finché non lo si prova. Perché si rientra, ma senza tornare. Perché improvvisamente ci si rende conto che un altro modo esiste. Che un altro modo è sempre stato lì.
Non bisogna immaginarlo, trovarlo o inventarlo. Lui già c’è. Ed è bello e grande e respira di un respiro così immenso che a volte lascia senza fiato.
Un altro modo esiste. Indipendentemente dall’abitudine, dallo stimolo e dall’illusione. Sotto tutta la crosta che per migliaia di anni si è ispessita davanti agli occhi, un altro modo c’è.
Basta sceglierlo.