La sfida di Alex

L’altro volto della Bali per turisti, un medico per gli ultimi

di Anna Maria Volpe

Bali, immagini da cartolina: spiagge paradisiache, surfisti, verdi risaie. Eppure vi sono realtà solo apparentemente lontane da questi panorami patinati, che riguardano la vita dei balinesi, la loro salute, i loro diritti.

L’Indonesia, quarta popolazione mondiale, non offre infatti l’accesso gratuito alla salute.

Una questione che tocca 260 milioni di abitanti. Senza soldi, né assicurazione, le persone muoiono per un nulla: infezioni, carenze alimentari, assenza di acqua potabile. Una situazione gravissima.

E proprio nel cuore di Bali, a Ubud, incontriamo Alex, medico fondatore di un’organizzazione, la Fair Future Foundation, che offre trattamenti sanitari gratuiti alle persone in difficoltà. Occhi azzurri carichi di entusiasmo e voglia di fare, Alex ci spiega la situazione e racconta con passione contagiosa una vita, la sua, dedicata agli altri.

Una vita che dura ormai da sei anni, tra la clinica della Fondazione, le diverse attività e il cantiere del nuovo ospedale. Abnegazione, follia e amore, queste le parole chiave del suo quotidiano.

Come inizia il tuo percorso?

Sono un medico, svizzero, ho 50 anni e ho lavorato per diverso tempo per una grossa organizzazione umanitaria. Questa esperienza mi ha permesso di vedere i limiti in termini di efficienza e utilizzo delle risorse di queste grandi realtà. Troppi soldi per pagare delle competenze che spesso non rispondono alle esigenze della realtà locale.
Naturalmente, l’esperienza umanitaria è arricchente sotto tutti i punti di vista, ma implica delle concessioni. Lavoro tra le 15 e le 18 ore al giorno, sette giorni su sette. Spesso mi trattano come se fossi pazzo, ma penso di essere solo un appassionato. Inoltre ho capito che un buon medico in Occidente non è necessariamente un buon medico qui. Viviamo in mondi troppo diversi; la pratica della medicina, i mezzi a disposizione, l’empatia necessaria in realtà come questa sono all’opposto di quelle proposte in Occidente.

Puoi descriverci l’attività svolta dalla Fondazione?

La Fondazione cura gratuitamente circa 30 000 persone all’anno nelle regioni più povere di Bali e dintorni. La clinica della Fondazione è aperta tutti i giorni da mattino a sera. Accogliamo un numero impressionante di persone, in cerca di medicine e informazione, soprattutto di bambini e anziani.
Organizziamo anche delle giornate di cura in cui accogliamo tra 200 e 700 persone al giorno, durante queste giornate facciamo anche prevenzione soprattutto per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmissibili.
Svolgiamo anche attività a domicilio, si spostiamo una volta a settimana per curare le persone che non possono muoversi autonomamente. La clinica mobile si compone di un dottore, infermiere, autista e assistente e assicura continuità nelle terapie.

Come valuti il Programma Jaminan Kesehatan Nasional (ambizioso progetto lanciato dal governo indonesiano nel gennaio 2014 volto alla creazione di un sistema nazionale di assicurazione sanitaria obbligatoria. L’obiettivo è di rendere le cure fondamentali disponibile a tutti entro il 2019).

Non funzionerà mai per delle ragioni economiche essenzialmente legate alle corruzione e al mercato enorme che la salute rappresenta nel 4 paese più popolato al mondo. Gli appalti pubblici e le cifre in ballo sono troppo importanti. Il programma volto alla messa in funzione di ospedali pubblici è un disastro. Lo Stato ne finanzia la costruzione, ma questi ospedali sono privi di personale, materiale e conoscenze. Il personale medico non è interessato a lavorare in questi centri, i salari sono bassi, le condizioni mediocri. Da quando il programma è stato lanciato su scala nazionale, vedo solo un immenso aumento dei problemi. Bisognerebbe rivedere tutto il sistema e toccare gli interessi nevralgici che lo rendono cosi corrotto. Inoltre, l’80% della popolazione non paga le tasse…
E’ lo Stato stesso che ci domanda aiuto, un vero paradosso. Le richieste di assistenza sono tante, troppe. Purtroppo capita di non riuscire a soddisfarle.

Ti è mai capitato di ricevere minacce?

Si, parecchie. Perciò la Fondazione e le autorità locali hanno deciso di affiancarmi una guardia del corpo per due anni. Viveva con me, sorvegliava casa mia durante la notte. Per fortuna tutto ciò è durato solo 18 mesi, ma devo fare molta attenzione poiché denuncio continuamente delle situazioni scomode…

Quali sono le patologie più ricorrenti?

Ho notato, nel corso degli anni, un’evoluzione delle patologie. Molte sono dovute a carenze alimentari. Altre all’impossibilità di accesso all’acqua potabile. L’inquinamento dell’acqua con metalli pesanti provoca danni immensi, le malformazioni sono ormai tristemente correnti. Soprattutto, in tema di malattie mentali nulla progredisce, anzi. Un malato psichiatrico sarà sempre nascosto dalla famiglia, scartato. Passerà la sua vita in una stanza senza luce, trattato come un animale, bloccato tra spazzatura e escrementi. Questo vale anche per gli handicap fisici e i malati di AIDS.

Parliamo del Fair Warung Bale, il ristorante che finanzia un’ampia parte delle vostre attività…

Il Fair Warung Balé è il l’unico ristorante sociale al mondo che finanzia un programma completo di cure mediche, permettendo a svariate migliaia di persone di godere del diritto alla salute (I warung sono i ristoranti di strada in lingua indonesiana, ndlr). Questa struttura impiega 22 giovani tra i 14 e i 20 anni che si trovano in condizioni sociali e economiche difficoltose. Tutti i giovani apprendono un mestiere e gestiscono il ristorante. Un pasto al warung permette di finanziare due consulenze mediche e un trattamento. Grazie ai donatori e a tutti i visitatori del Fair Warung Bale abbiamo aumentato la frequenza delle giornate di cura.
Insisto nel dire che si tratta di un concetto unico, la forza del nostro progetto risiede nei collaboratori locali, vero valore aggiunto e garanzia dei nostri risultati.

Quali sono i progetti in corso e futuri che state portando avanti?

Il nuovo ospedale, interamente finanziato dalla Fondazione, aprirà le sue porte nelle prossime settimane. Attendiamo le autorizzazioni sanitarie, dopodiché possiamo iniziare ad accogliere i pazienti.
Tra le tante cose contiamo di acquistare nuovo materiale medico, di poter coprire interamente le spese dovute alle operazione chirurgiche. Collaboriamo anche con un’importante Università Americana e accoglieremo presto stagisti provenienti dal mondo intero. Queste attività rispondono a dei bisogni chiaramente definiti in collaborazione con le autorità sanitarie e sociali della provincia e con le autorità nazionali. Infine, abbiamo ricevuto dei fondi dall’Australia che utilizzeremo per realizzare il primo pozzo comunitario dell’isola nelle regioni a nord. Circa 2000 abitanti avranno cosi accesso all’acqua potabile e il rischio di malattie da intossicazione sarà scongiurato. Attualmente stiamo collaborando con le autorità locali e i servizi per valutare come procedere.