Lettera a Samira – 2

A quattro anni dalla scomparsa di sua moglie Samira Khalil, lo scrittore e dissidente siriano Yassin Al-Haj Saleh ha iniziato a scrivere per lei lettere aperte, pubblicate in arabo e inglese sul sito AlJumhuriya.net. Nelle lettere racconta come è cambiata la Siria durante i tre anni e sette mesi dalla scomparsa di Samira, a partire dal primo attacco chimico sulla Ghouta Orientale, proseguendo con la narrazione delle vicende internazionali e locali che hanno ridisegnato il conflitto siriano. Accanto alla narrazione storica e alle riflessioni di natura politica, le lettere aperte rappresentano l’unica forma possibile di comunicazione, sebbene a senso unico, tra Yassin e Samira.

Lettere a Samira (2)

di Yassin Al-Haj Saleh, tratto da Le voci della libertà

traduzione di Marianna Barberio, revisione di Sami Haddad

Sammour, pensi anche tu come me alle coincidenze fatali che ci sono capitate? Tu sei stata ricercata dal regime alcuni giorni dopo la mia partenza da Damasco (e non prima, durante i due giorni di nascondiglio); mentre Ahmad è stato sequestrato proprio quando ho lasciato Douma (il 10 luglio 2013) e Firas il 20 luglio mentre mi dirigevo a Raqqa. Ghouta orientale era stata assediata completamente mentre lasciavo Raqqa per la Turchia, alla vigilia della festa del sacrificio di quell’anno (2013).

Mesi dopo, e grazie al denaro – l’unica chiave in grado di aprire ogni porta nello stato di Assad – era di nuovo possibile farti ritornare di nascosto a Damasco. Ma il tempo non è stato a tuo favore, Sammour. Infatti, sei scomparsa nel giro di due mesi.

Ogni volta che ripenso a quel che è successo mi sembra, Sammour, che ci siamo comportati e abbiamo agito come se ci trovassimo in qualsiasi altra situazione normale, senza renderci conto che in realtà quella era una situazione eccezionale e inaspettata che richiedeva maggiore cautela. Ricordo di non averci pensato su più di tanto prima di partire di notte verso nord. Se fossi rimasto a pensarci più a lungo credo (forse) non sarei partito.

È stato Ziyad Majed ad informarmi del tuo sequestro per telefono da Parigi. Erano le 10 o le 11 di mattina e non avevo ancora acceso il mio computer quando ho ricevuto la telefonata di Ziyad; a quel tempo non avevo ancora uno smartphone. Ziyad mi ha prima informato del sequestro di Razan e solo in un secondo momento mi ha detto che tu eri con lei.

Non so se Ziyad avesse agito così come per prepararmi ad una simile notizia, o perché davvero non sapeva che anche tu fossi stata sequestrata insieme a Razan, Wael e Nazem.

In merito a quel che so circa Jaysh al-Islam durante la mia permanenza a Douma e l’affermarsi del loro potere sul territorio, nonché alle minacce indirizzate a Razan mentre eravate insieme ed io mio trovavo a Raqqa (Razan infatti era sicura che Jaysh al-Islam fosse dietro le minacce), mi trovo anch’io a sospettare di loro.

Quindi, ho dapprima chiesto aiuto a tutti coloro che fossero nelle condizioni di farlo, dopodiché ho accusato l’autorità de facto di Douma di quel che era successo.

Un simile crimine è in realtà risultato ancora più grave poiché i criminali hanno cercato in tutti i modi di negarlo. È probabile che alcuni siano stati uccisi perché sapevano troppo e tra questi Abu Omar Khaybah; c’è stato anche un tentativo di uccidere lo Sheikh Khaled Tafour perché il giudice che si occupava del caso.

Dopo il massacro chimico, l’accordo sulle armi chimiche e la tua scomparsa, il regime è riuscito a riprendere l’iniziativa con i suoi alleati iraniani, libanesi, iracheni e mercenari afghani reclutati dall’Iran (alcuni dei quali erano prigionieri e altri poveri rifugiati a cui era stata promessa la cittadinanza iraniana in cambio del loro servizio) e insieme hanno riconquistato al-Nabek, Yabroud e altre regioni.

Daesh ha ottenuto pieno controllo della città di Raqqa all’inizio del 2014 e questo ha significato uno sviluppo importante per il regime per riaffermare il suo intento: la lotta contro estremisti e terroristi.

A mio avviso l’accordo sulle armi chimiche è stato il punto d’inizio per una politica crudele e di forza; l’opportunista cerca (sempre) di affermare se stesso sul terreno e allacciare legami politici con le potenze influenti. In un simile scenario, la dimensione politica e morale della nostra causa è stata sepolta sotto uno strato di sfacciatagine internazionale.

A volte penso, cara Sammour, che da quel momento non è stato più possibile far niente. È tutto finito! Non puoi far niente di fronte ad una coalizione di nemici selvaggi e pieni di odio che hanno ottenuto una licenza internazionale a fare tutto ciò che vogliono contro quei poveri sudditi.

Nell’estate 2014 Daesh ha preso il controllo di Mosul in Iraq in maniera sorprendente, appropriandosi delle armi abbandonate dall’esercito iracheno in fuga, e di svariati fondi e altre attrezzature. Daesh ha così proclamato il califfato, alla cui guida vi era il nuovo califfo, Abu Bakr al-Baghdadi, il quale è apparso una sola volta in pubblico mentre predicava da una moschea di Mosul.

L’unico particolare memorabile di quell’apparizione è stato un costoso orologio svizzero che portava al polso.

Così, lo Stato di Daesh, o anche Stato Islamico come suole definirsi, si estendeva dalla parte orientale di Homs, Hama, Aleppo, Raqqa e altre zone di Deir Zour fino a Mosul. Daesh è stato un prodotto della guerra ed era in guerra contro tutti, uccidendo centinaia di persone a Deir Zour e Raqqa, e gettando tanti altri nelle profondità della terra di Ghar a nord di Raqqa, conosciuta come al-Houta[1]. Tra i suoi fronti di combattimento vi era Ain al-Arab/Kobbani, un villaggio popolato per la maggior parte da curdi situato a nord-est di Aleppo.

Ed è qui, Sammour, che sono intervenuti gli Stati Uniti, portando armi e generi alimentari alla città assediata, difesa dai suoi abitanti e da sostenitori curdi della Turchia e di altre regioni, supportati dal Partito Democratico Unito legato al Partito dei Lavoratori Curdi (PKK) in Turchia, con il sostegno delle forze peshmerga curde-irachene. Nonostante l’assedio fosse stato interrotto dopo quattro mesi con la sconfitta di Daesh, la città ne è uscita completamente distrutta.

A mio parere, cara Sammour, l’entrata degli Stati Uniti ha segnato la fine della fase del conflitto sunnita-sciita e l’inizio di una nuova, sovrapposta alla rivoluzione siriana, ovvero la fase imperialista il cui credo è la “guerra al terrorismo”.

Di conseguenza, è continuato il conflitto sunnita-sciita, Hezbollah rimane un alleato del regime nella guerra e nelle uccisioni, mentre Jaysh al-Islam, Jubhat al-Nusra e Ahrar al-Sham conservano il loro stampo di estremismo sunnita. Tuttavia, dal mese di luglio 2014 gli americani hanno gettato le linee guida dei nuovi risvolti in Siria.

Il capitolo di far cadere il regime è stato accantonato con i russi mediante l’accordo sulle armi chimiche del 2013 e poi sepolto definitivamente con l’intervento americano contro Daesh. Il regime ha quindi adottato la dottrina della “guerra al terrorismo”, continuando ad attaccare con barili bomba, cloro, torture e tanto altro ancora senza temere alcuna conseguenza.

Siamo stati massacrati tutto il tempo, e dopo l’accordo sulle armi chimiche la violenza è stata in un certo senso garantita a livello internazionale. Oggi forse possiamo parlare persino di genocidio.

Nella Ghouta orientale il regime continua a bombardare causando altre vittime. Vi è però un altro conflitto da prendere in considerazione: la guerra tra Jaysh al-Islam e altre formazioni con ripetute uccisioni. Ricordi Abu Adnani al-Falitani? Era con noi durante la (nostra) campagna di pulizia. Ebbene, lui è stato ucciso da Jasyh al-Islam verso la fine dell’aprile 2014, alcuni mesi dopo il vostro sequestro.

Nel complesso, la situazione volge verso una paralisi sanguinaria. Quel che succede nella regione continua ad essere estremamente violento, e raramente acquista un carattere politico o strategico. Solo molte morti e pochi fatti; una caratteristica frequente questa, o Sammour, dell’internazionalizzazione dei conflitti nella nostra regione.

Ci troviamo in una situazione favorita da una licenza internazionale. Chi non ha potere, denaro o legami speciali, non ha alcun riconoscimento: quindi la maggior parte di chi ha partecipato alla rivolta e in generale dei siriani che non rivestono alcun peso politico e giuridico. La Siria è divenuta l’epicentro di violenza alimentato da potenze regionali e internazionali, dove altre forze continuano a far sì che il conflitto resti all’interno dei confini siriani.

In questo scenario l’opposizione non può fare niente. Molte di queste forze sono state assoggettate a potenze regionali e internazionali che hanno indebolito la loro legittimità e limitato la loro capacità di agire in modo unitario. Le varie personalità che hanno guidato l’opposizione sono in realtà figure di cui né io né nessun altro, Sammour, abbiamo mai sentito parlare.

A un anno dall’intervento americano è seguito quello russo, cara Sammour, al fianco del regime.

Le forze dell’opposizione sono riuscite a strappare Idlib dalle mani del regime e hanno registrato vari progressi verso Sahl el-Ghab e la zona costiera. La dottrina dell’intervento russo comprende anch’essa la lotta al terrorismo, anche se ad essere attaccate sono state tutte le forze dell’opposizione, ad eccezione di Daesh.

Prima della fine del 2015 è stato ucciso Zahran Alloush, forse per mano russa. Non sapevi che fosse stato ucciso? Il suo posto è stato preso da Abu Humam al-Buwaydani il quale ha continuato a condurre una guerra civile nella Ghouta orientale contro altre fazioni, tentando di imporre un Partito Unico nel suo emirato.

Ho dimenticato di dirti che gli americani sono appoggiati da francesi e inglesi nella guerra contro Daesh, e al loro fianco vi sono molti altri stati arabi, e tutti partecipano con forze limitate. Vi è comunque una coalizione internazionale che combatte contro Daesh.

La Cina ad esempio sostiene il regime con tecnologia e addestramento. Questo vuol dire che i cinque Stati del Consiglio di Sicurezza sono nostri ospiti. Tutto questo sembra strano e da non credere vero? Quasi impossibile? Eppure è così.

Ciò che è impossibile, è esattamente quel che è accaduto e che sta accadendo.

Ma tu sapevi già cosa sarebbe successo, quando scrivevi: “ci troviamo nel mezzo di una guerra mondiale, combattuta però contro un popolo”. Purtroppo, Sammour, non si tratta più del “mondo che ha chiuso il suo cuore e se n’è andato” come scrivevi nel tuo diario; la questione ora è che il mondo protegge un assassino col pretesto di combattere un assassino più piccolo.

Il mondo intero combatte contro il malvagio Daesh i cui jihadisti provengono da 104 diversi Paesi e tutti combattono in Siria. Ne deduco che Daesh è il desiderio proibito del mondo intero, il nemico desiderato da diverse potenze che potrebbero essere suoi avversari. Questa unanimità criminale non lascia spazio ad altro dissenso…il terrorismo!

Quello che voglio dire cara Sammour è che il nostro mondo sta attraversando una decadenza morale, politica e legale in maniera piuttosto rapida durante la tua assenza, nell’interesse dei sequestratori. Personalità come al-Kaakah, Alloush, al-Shadhalli, al-Joulani, il califfo al-Baghdadi e naturalmente Bashar al-Asad, si trovano nel loro momento migliore mentre il mondo appare così decadente.

Ogni qualvolta tutto sembra così vile e distruttivo, la loro villaneità e distruzione diviene meno evidente. Un mondo in cui esiste un livello minimo di giustizia e di difesa della giustizia, avrebbe potuto esercitare una certa pressione sugli autori del male per fermare ogni crimine. Mentre un mondo in cui eccede una crudeltà spietata alimenta ogni piccolo criminale a macchiarsi di crimini e proseguire con tutta sicurezza sulla strada del crimine.

Il mondo intero è in procinto di decadere, Sammour, e diventa sempre più simile alla Siria. Questo non lo dico solo io, e non esagero. Vi è un sentimento condiviso che vede il mondo regredire su molti livelli. La democrazia è in crisi e con essa anche la giustizia e lo stato di diritto. La riserva mondiale di speranza è al suo minimo livello.

Ti invierò presto un’altra lettera. Come sempre quel che mi preme di più è la tua salute!

Baci amore mio,

Yassin.

[1] Il cosiddetto “Abisso di Al-Houta” era un tempo meta turistica di viaggatori e scalatori. Oggi è divenuta fossa comune per le vittime di Daesh. La sua forma naturale – rappresentata da una cavatura o anche “fossa” nel terreno dovuta ad una naturale erosione del sottosuolo a causa della penetrazione dell’acqua – richiama il termine foiba in italiano, nonché i massacri delle foibe, ovvero gli eccidi contro la popolazione italiana della Dalmazia e della Venezia Giulia ad opera dei Comitati di Liberazione avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra.