La fuga dalla guerra, l’indifferenza dei regolamenti
di Ermira Kola
Nel maggio 2015 frequentai un corso di formazione su richiedenti asilo e traumi. Scoprii l’acqua calda per menti più elastiche e aperte della mia, scoprii la re-traumatizzazione.
E che può succedere più e più volte. Nel ottobre di quell’anno conobbi Lala. Lala ha 6 anni, due occhi penetranti intrisi di luce, folti capelli neri e piedini che non lo tengono mai fermo.
Lala ha due fratelli. Lala aveva 4 fratelli fino a due anni fa.
Lala è nato a Kirkuk. Sapete dov’è Kirkuk?
A Kirkuk Lala ha perso l’unica sorella che aveva, due anni fa. Forse non se la ricorderà nemmeno. Vedo Lala adulto che cerca nella memoria frammenti di questa sorella perduta nella guerra.
Lala ha poi perso la casa. I genitori li hanno portati via dalla guerra.
Non so che strade abbiano percorso, so che sono arrivati in Svezia dove Lala ha vissuto due anni circa. In questi due anni ha imparato un sacco di parole in svedese, lo diverte un mondo dirmi che il mio nome assomiglia alla parola formica in svedese.
Poi un giorno i genitori hanno portato via Lala e i suoi tre fratelli. Lui non lo sa perché. Io non so come, so che sono arrivati a Bolzano.
A Bolzano c’era freddo, “ma non come in Svezia” mi racconta Lala con gli occhi che brillano.
A Bolzano, infatti, siamo così speciali che abbiamo delle leggi tutte nostre, leggi quadrate e squadrate, leggi che girano in tondo, regole infinite per giochi dell’oca in cui alla fine perdono tutti.
Per via di una di queste regole circolari, Lala ha dormito, prima per strada, poi per terra in un centro giovanile, poi ancora nell’atrio di un pronto soccorso, poi in un albergo.
Poi ha perso il secondo fratello.
Nella seconda guerra, quella silenziosa di noi occidentali piene di regole tonde e prive di senso. Lala ha 6 anni, ha già perso due fratelli, ha già dovuto lasciare due paesi.