I pay for your story

I pay for your story, di Lech Kowalski, 86 minuti, 2017

di Irene Merli

Dopo anni e anni di assenza Lech Kowalski, documentarista americano di origine polacche, torna a Utica, la cittadina a una quarantina di chilometri da New York dove è cresciuto. Vuole capire che cosa ne è stato di quel posto, del suo quartiere un tempo abitato da immigrati di origine europea, quel proletariato bianco che per decenni aveva vissuto accalcato a neri, ispanici, orientali, per tentare di inserirsi nell’ascesa industriale degli Stati Uniti.

L’irriconoscibile città che gli si parla davanti somiglia a tutti gli altri centri urbani della Rust Belt, la ” cintura di ruggine” della East Coast, un tempo terra promessa del sogno americano, dove si andava con la certezza di trovare lavoro, casa e un progresso ininterrotto, oggi zona economicamente e socialmente depressa, in cui è rimasto solo chi non se ne è potuto andare, come durante l’uragano Katrina.

Fatiscenti, spopolate, queste città ad alta densità afroamericana si sono arrese a un’economia di sopravvivenza legata a un misero assistenzialismo e al mercato della droga, con tutti i suoi addentellati di piccoli e grandi crimini.

Come raccontare, allora, il deserto sociale di Utica, provocato da un sistema liberistico spietato? E come può’ riuscirci un bianco, che per di più ce ha fatta ad andarsene e a realizzarsi?

Dal balcone di un appartamento dove ha appeso un insegna al neon blu e rossa con la scritta “I pay for your story”, Kowalski offre agli abitanti di “comprare” la loro storia al doppio della paga minima sindacale, a patto di filmarli mentre la raccontano, nel modo in cui ognuno di loro vorrà farlo, lì sul posto o dove preferiscono.

La paga che propone è il doppio del salario minimo legale, 15 dollari facili da guadagnare, almeno apparentemente, e senza nessun rischio salvo quello di parlare sinceramente della propria sconfitta.

Poco a poco, il regista e gli spettatori vedono passare davanti alla telecamera uomini e donne, quasi tutti neri, soli, in coppia o in gruppi familiari, che dipanano con semplicità il filo delle loro vite, tutte accomunate da due forti denominatori comuni: la catena miseria- droga- prigione e l’istinto di sopravvivenza, unito alla tenace, inestirpabile speranza di un futuro migliore per i loro figli.

In quei pochi minuti questi emarginati ci consegnano degli intensi condensati di destini, durante i quali cercano anche di affermare dignità, identità, rifiuto della stigmatizzazione sociale in cui la società tende a rinchiuderli.

Ed è attraverso la forza brutale dei loro racconti che Kowalski riesce ad auscultare la città di Utica, ancora ieri orgogliosa delle sue industrie tessili e della centrale della General Eletrics., e oggi schiantata dalla povertà. Un luogo sinistrato, smembrato ma singolarmente cinematografico, come emerge attorno ai brevi e bei ritratti, molto spesso girati di notte.

Non solo. Senza mai cadere in un eccesso di empatia nè di curiosità, il regista “revenant” restituisce con potenza la parola a questi “senza voce” mai ascoltati da nessuno se non per essere infilati nelle statistiche, come il sessantenne che ha passato 25 anni dietro le sbarre e davanti alla sua cinepresa si augura il ritorno in prigione, dove almeno avrà la certezza di un letto e di cure mediche.

Kowalski, documentarista ribelle e con un forte impegno sociale, ci offre quindi un ritratto abissale di una società fatta a pezzi. Come dice lui stesso, “in America se sei povero e non hai un lavoro, l’unica cosa di grandissimo valore che possiedi è la storia della tua sopravvivenza”.

Ed è come se le persone filmate l’abbiano capito. Certo, 15 dollari senza fare nulla fanno comodo, ma nel film si percepisce nettamente la loro voglia di raccontarsi, di essere ascoltati, di poter riflettere sulla propria situazione. Annegati come sono nel tentativo di sopravvivere giorno per giorno, non hanno mai la possibilità di farlo. Hat off, Mr. Kowalski!

“I Pay Your story” ha inaugurato il Concorso Internazionale di Fillmaker International Film Festival 2017 , in corso a Milano fino al 10 dicembre allo Spazio Oberdan, al Cinema Arcobaleno e alla Casa Del Pane. Tutto il programma sulle varie sezioni, orari e sedi, giorno per giorno su www.filmakerfest.com