In prima pagina, 10 anni fa
di Alice Facchini
Cosa succedeva oggi, dieci anni fa? Quali erano le notizie che occupavano le prime pagine, che ci scuotevano, che ci indignavano? E come sono andate a finire?
Questa rubrica ha l’obiettivo di nuotare controcorrente rispetto a un imperativo fondamentale del giornalismo contemporaneo: la velocità. Le redazioni oggi si muovono meccanicamente su un ritornello costante: produrre notizie, produrle in fretta, produrne di più.
In questo spazio, invece, ci concederemo il lusso di riaprire i vecchi giornali impolverati, ritornare indietro nel tempo e riscoprire un’attualità non più attuale, un’urgenza non più impellente, un presente ormai passato. Analizzeremo l’andamento delle storie, come si sono trasformate e, soprattutto, cosa sono diventate oggi.
È il 9 gennaio 2008. Si è appena concluso un anno complesso, l’anno dello scoppio della bolla finanziaria e della crisi economica, così acuta e tagliente da essere paragonata a quella del ‘29. Il presidente degli Stati Uniti è George W. Bush, molto indebolito dallo scenario economico e dall’impopolare guerra in Iraq, che si protrae da quasi 5 anni.
È il 9 gennaio 2008, dicevamo. Quel giorno, per la prima volta, il presidente degli Stati Uniti va in visita ufficiale in Israele.
Lo accoglie Shimon Peres, l’allora capo dello stato israeliano. Nell’incontro, Bush sottolinea quanto siano stretti i legami tra i due paesi: “L’alleanza tra le nostre due nazioni contribuisce a garantire la sicurezza d’Israele come stato ebraico”.
Attacca l’Iran, “una minaccia per la pace nel mondo”. E si prepara a incontrare il presidente palestinese Abu Mazen, per avviare negoziati sulla questione centrale della risoluzione del conflitto. All’ordine del giorno ci sono il tema dei confini della Palestina, la questione degli insediamenti ebraici, il futuro di Gerusalemme e il ritorno dei profughi.
Dieci anni dopo, il 9 gennaio 2018, le cose non sono cambiate poi tanto. Su tutti i telegiornali troviamo ancora il presidente degli Stati Uniti che attacca l’Iran, questa volta dicendo che “sta collassando su tutti i fronti” e che “la gente è affamata di cibo e libertà”.
Il legame tra Stati Uniti e Israele è più forte che mai. E i negoziati per la nascita di uno stato palestinese sono ancora in corso, ma la pace sembra ancora lontana.
In realtà però una differenza c’è: in dieci anni sono morte centinaia di persone, con un rapporto di 9 palestinesi per ogni israeliano ucciso. E poi, quel 9 gennaio 2008, Bush atterrò a Tel Aviv, dove aveva sede l’ambasciata americana.
Oggi Trump si recherebbe invece a Gerusalemme, riconosciuta dagli Stati Uniti, nonostante il voto contrario dell’Onu, la nuova capitale dello stato ebraico.