Doing Business è un rapporto pubblicato ogni anno dalla Banca Mondiale in cui si stila una classifica fra Paesi in merito alla “facilità” di fare affari.
Migliorare il proprio punteggio nel rapporto è di grande importanza per molti governi, al fine di dimostrare la loro abilità di facilitare e attirare investimenti privati, magari stranieri.
Le stesse organizzazioni internazionali prestano molta attenzione a questa classifica, poiché le politiche di “private sector development” sono una parte piuttosto significativa delle loro agende.
Tuttavia, i dubbi sulla metodologia con cui Doing Business viene costruito non mancano. Non solo questo si basa su interviste dall’approssimativo campionamento a imprenditori in loco, ma di solito riguarda una-due città del Paese.
Un’intervista del Wall Street Journal al Chief Economist di Banca Mondiale Paul Romer ha permesso di confermare queste perplessità. Non solo. Romer avrebbe ammesso fra le righe che l’attendibilità della classifica non è solida, oltre a lasciare intendere che nello specifico caso del Cile il punteggio dato al Paese fosse stato funzionale a mettere in cattiva luce il governo di Michelle Bachelet a favore del rivale Piñera.
Ecco un articolo di Quartz che bene riassume la questione:
The World Bank’s annual ranking of countries by ease of doing business has been compromised by politicized methodology, the bank’s top economist told the Wall Street Journal. The primary victim? The country of Chile.
The high-profile rankings are intended to encourage governments to remove obstacles to business and incentivize economic development. The report combines measures of how easy it is for an entrepreneur to start a business, obtain credit, pay taxes and enforce contracts, among other things.
Paul Romer, the World Bank’s Chief Economist since late 2016, found irregularities in how the survey’s methodology was updated from year to year, and intends to correct and republish the ranking for the past four years.