La Serbia appare sempre di più come uno snodo centrale nei Balcani della nuova “via della Seta” a trazione cinese
di Francesco Martino, da Osservatorio Balcani Caucaso
La Serbia appare sempre di più come uno snodo centrale nei Balcani della nuova “via della Seta” a trazione cinese, sia a livello infrastrutturale che politico. Per capire meglio i rapporti tra Belgrado e Pechino ne abbiamo discusso con Dragana Mitrović, docente dell’Università di Belgrado, Facoltà di Scienze Politiche (FPS), esperta in tema di economia, politica e sicurezza della Cina moderna e dell’Asia orientale.
È la fondatrice (2014) e direttrice dell’Istituto di studi asiatici di Belgrado. Ha anche lavorato come consigliere politico nella missione diplomatica dell’allora Jugoslavia e Serbia e Montenegro a Pechino. E’ autrice di tre libri e oltre cinquanta articoli accademici. Dal 2008 è membro del Board of Economic Science dell’Accademia serba delle arti e delle scienze.
Quali sono i progetti cinesi più significativi attualmente in corso in Serbia?
Ce ne sono molti conosciuti, ma probabilmente il più importante è la seconda fase della modernizzazione della centrale termoelettrica di Kostolac. Comprende la costruzione di una centrale termica 350 megawatt B3 (la prima nuova costruita in Serbia negli ultimi 26 anni), l’ampliamento della miniera di Drmno che la rifornisce di carbone e la costruzione del molo e del collegamento ferroviario tra le due. La prima fase, appena completata, consisteva nella ricostruzione dei settori B1 e B2 della centrale elettrica, per oltre 715 milioni di dollari, e il trattamento ecologico dei giacimenti di carbone usati. I lavori per la seconda fase inizieranno nei primi mesi del 2018 e richiederanno ulteriori 300 milioni di dollari. Entrambi sono stati finanziati attraverso un prestito di 1,2 miliardi da parte della Exim Bank of China nel 2012, supportato da una garanzia sovrana fornita dal governo serbo che copre anche circa il 15% del valore del progetto. La società impegnata nella realizzazione del progetto è prevalentemente cinese, la China Machinery Engineering Corporation.
Le aziende cinesi sono anche molto attive nella modernizzazione della rete stradale serba.
La partecipazione cinese all’infrastruttura del traffico è iniziata con la costruzione del Ponte Mihajlo Pupin a Belgrado, ufficialmente inaugurato due anni fa durante il summit “16 + 1” nella capitale serba. Oggi diverse compagnie cinesi sono coinvolte nella costruzione di sezioni della parte autostradale dei Corridoi paneuropei X e del cosiddetto Corridoio XI che collega la Serbia con il Montenegro. Il primo, alla periferia di Belgrado, Surcin-Obrenovac, è lungo 17,6 km, costa 103 milioni di dollari ed è costruito dalla compagnia cinese CRBC. La sezione di collegamento, Obrenovac-Ub, è lunga 26,2 km, costa 301 milioni di dollari ed è sempre finanziata dalla Exim Bank of China, mentre i lavori sono effettuati prevalentemente dallo Shandong Hi-speed Group. Ci sono anche altre sezioni su questo corridoio, come la Lajkovac-Ljig (24 km), che è finanziata con un prestito di 301 milioni di dollari e costruita dalla stessa società cinese. I lavori su queste due sezioni sono ancora in corso, anche se avrebbero dovuto essere completati entro novembre 2017. Infine, le aziende cinesi sono coinvolte nella costruzione di due sezioni dell’autostrada lunga 107 km da costruire nella Serbia centrale fino al confine con il Montenegro a partire dal 2018. L’area, abbastanza impervia, richiederà lo scavo di diverse gallerie, con costi previsti fino a 1,6 miliardi di Euro. Le modalità di finanziamento dei progetti e di selezione delle società non si basano su appalti pubblici aperti, ma su un accordo di cooperazione nelle infrastrutture di traffico tra la Cina e la Serbia, memorandum e contratti commerciali.
La Cina sembra estremamente interessata alla Serbia. Si tratta solo di posizione geografica?
La posizione geografica della Serbia gioca certamente un ruolo molto importante: la Cina vuole creare corridoi nell’Europa sudorientale, dal porto del Pireo verso l’Europa centrale, e quando si tratta delle infrastrutture più importanti, come il porto, vuole essere direttamente coinvolta nella loro gestione. Allo stesso tempo, Serbia e Cina hanno una lunga tradizione di eccellenti relazioni bilaterali. La Serbia ha sempre sostenuto la politica della “Cina Unica”, mentre la Cina è un alleato molto importante per Belgrado in tema di integrità e sovranità territoriale della Serbia, status del Kosovo nel Consiglio di sicurezza dell’ONU e rispetto della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I governi serbi sono stati molto perspicaci riguardo alle iniziative cinesi. Inoltre, la Serbia non è un membro della NATO, quindi potrebbe essere più facile per la Cina fidarsi della sua élite politica, anche se la Cina è molto pragmatica e, quando necessario, non ha problemi a creare strette relazioni con specifici paesi della NATO. In questo contesto, non sorprende che la Serbia sia stata il primo paese nel quadro “16+1” a diventare interlocutore politico privilegiato e partner strategico della Cina e poi “partner strategico globale”. Tuttavia, non dovremmo mai dimenticare che il principale interesse di Pechino è fare affari: le sue politiche nei confronti della regione, compresa la Serbia, sono in primo luogo guidate dal pragmatismo e dagli interessi economici.
I progetti cinesi sono spesso accusati di coinvolgere principalmente lavoratori e appaltatori cinesi. Vale anche per la Serbia?
Sì, anche a causa dell’attuale mancanza di capacità tecnica e finanziaria delle imprese locali. Dopo le sanzioni economiche degli anni ’90, le bombe della Nato che hanno preso di mira soprattutto le infrastrutture civili e le politiche neo-liberiste dei governi successivi, che si sono rifiutati di sostenere la loro sopravvivenza con fondi pubblici, molte importanti compagnie serbe, in passato famose in Africa e America latina per la costruzione di ogni sorta di infrastrutture strategiche, hanno visto ridursi severamente il loro potenziale di impegno in grandi progetti infrastrutturali. Al momento, non abbiamo un’azienda in grado di portare avanti da sola progetti così complessi, ma solo aziende di piccole dimensioni spinte ad accettare qualsiasi incarico, compresi i subappalti. In generale, l’opinione pubblica serba non è soddisfatta della situazione attuale e preferirebbe una ricaduta più visibile sull’economia locale, soprattutto in termini di creazione di nuovi posti di lavoro.
Durante il seminario a Bruxelles ha parlato del progetto di rinnovamento della ferrovia Belgrado-Budapest. Può darci una visione d’insieme? Quali sono le prospettive per l’attuazione di questa idea?
L’entità del ritardo del progetto rimane sconosciuta, poiché le parti coinvolte continuavano a fingere che tutto andasse bene. C’erano diversi accordi trilaterali fra Cina, Serbia e Ungheria, consultazioni regolari, persino gruppi di lavoro sulle procedure specifiche che coinvolgevano la parte greca e quella macedone, ma i lavori veri e propri non sono mai iniziati. Per rendere le cose più interessanti, Russian Railways International ha modernizzato una parte significativa delle ferrovie su quel corridoio, la sezione tra Stara Pazova e Novi Sad, attraverso un prestito statale russo. Inoltre, Serbia e Ungheria si trovano in una posizione totalmente diversa: la Serbia non è uno stato membro dell’UE, quindi è in grado di fornire quelle garanzie sovrane che la Cina ha voluto per tali progetti. D’altra parte, l’Ungheria ha avuto molti problemi con la Commissione europea e non disponiamo ancora di informazioni che possano indurci ad aspettarci un risultato positivo da parte loro, sebbene abbiano espresso la determinazione a completare la sezione e renderla parte di un tratto più ampio, uno che potrebbe portare a Bucarest via Kluj Napoca e un altro a Sarajevo. L’alto costo e la distorsione del mercato rilevata dalla CE (nessun processo di appalto, scelta politica delle aziende, prezzi volontari, ecc.) hanno portato il progetto a subire severi controlli da parte di Bruxelles. Tuttavia, nel vertice di Riga del 2016, il ministro dei Trasporti serbo ha firmato un accordo con il consorzio cinese CRI-CCCC per modernizzare la sezione Belgrado-Stara Pazova per 319 milioni di dollari. Il costo totale dei lavori per la Serbia dovrebbe ammontare a due miliardi di dollari, anche se in precedenza si era parlato di 1,6 miliardi. Subito dopo il summit di Budapest, i lavori di ristrutturazione della stazione suburbana di Zemun di Belgrado sono stati inaugurati come primo passo simbolico… Molto probabilmente l’Ungheria seguirà pienamente le procedure, come ha fatto la Grecia e, come nel caso greco, le compagnie cinesi potrebbero non vincere l’appalto. Ma la parte cinese sarà comunque soddisfatta di vedere realizzati i lavori, seppure con piccole “perdite” lungo la strada.
Il piano cinese a lungo termine sembra essere quello di collegare il porto del Pireo a Budapest. Vede qualche segnale che suggerisca che la Cina sarebbe pronta a rinnovare la linea tra Belgrado e il sud, verso la Macedonia e la Grecia?
Essendo coinvolta in così tanti progetti allo stesso tempo, la Cina non condivide sempre con i paesi partner – e ancor meno con le compagnie – i propri piani a lungo termine o le prossime mosse. Finora la priorità è stata la ferrovia Belgrado-Budapest e non ci sono stati chiari indizi di un coinvolgimento diretto cinese verso il sud, ma ciò non significa che le cose non cambieranno. Lungo questa rotta, però, sono in gioco anche altri fattori. In Grecia, le aziende cinesi non potevano sfruttare il bando per rinnovare le ferrovie locali, anche perché Atene preferiva aderire al regolamento UE che prevede un bando pubblico. Tuttavia, il miglioramento della rete greca va a favore degli interessi di Pechino, anche se le società cinesi non saranno direttamente coinvolte. Anche la Russia è coinvolta: Mosca ha concesso a Belgrado un prestito da stato a stato da 800 milioni di dollari e attraverso Russian Railways International ha modernizzato due sezioni ferroviarie: quella tra Belgrado e Budapest che abbiamo citato prima e un’altra a sud di Belgrado, la Resnik-Valjevo. Russian Railways International ha anche fornito alcune locomotive e motori e ha fatto un ottimo lavoro in termini di tempistiche e quadro finanziario.
La ristrutturazione della ferrovia di Budapest è stata principalmente un’iniziativa cinese. Pensa che la Serbia sia in grado di essere proattiva quando si tratta di dirigere gli investimenti cinesi nel paese?
Attualmente, non abbastanza. La Serbia si limita a reagire ai suggerimenti e alle idee cinesi, soprattutto perché il governo serbo vuole mostrare risultati nel rinnovo delle infrastrutture, gravemente trascurate, e nella crescita del PIL, al momento insufficiente. Inoltre, Belgrado non è così incline a fornire dettagli sul finanziamento o sulla fattibilità di tali progetti, ma afferma che stanno rinvigorendo l’economia serba e rendendo il paese più attraente per gli investimenti stranieri. Le cose, tuttavia, stanno lentamente cambiando, specialmente con progetti più recenti come la modernizzazione della ferrovia Belgrado-Budapest. Qui la parte serba ha richiesto maggiore flessibilità in termini tecnici e voleva essere più in linea con le direttive europee. Alla fine la Serbia è stata più esigente e ha chiesto condizioni più favorevoli, senza semplicemente accettare l’intero pacchetto offerto dalla Cina.
La Serbia si sta attualmente bilanciando tra UE e Russia: pensa che la crescente presenza cinese stia complicando la posizione geopolitica di Belgrado, o che possa invece essere vista come un’opportunità?
Penso che entrambe le cose possano essere vere. Questa situazione potrebbe andare a vantaggio della Serbia: quando la Cina si è impegnata nella regione, l’UE si è finalmente accorta di averla trascurata troppo a lungo, e questo ha spinto Bruxelles a proporre nuove politiche e ad offrire ai Balcani occidentali un rinnovato impegno per una futura inclusione. Allo stesso tempo, i successi della Cina potrebbero complicare le cose: nessuna grande potenza ama vedere altri intromettersi nel proprio cortile. L’UE, e in particolare la Germania, considera i Balcani un’area naturale di influenza, la Russia pensa più o meno la stessa cosa, e ora anche la Cina è sempre più coinvolta. Lontani solo a parole, ma in realtà molto presenti, gli Stati Uniti vogliono continuare a dominare la scena. Quindi la situazione nella regione sta diventando chiaramente più complessa, inclusa la posizione geopolitica serba. Alcuni direbbero: nulla è cambiato, è sempre stata e sempre sarà all’incrocio di molteplici interessi.
La crescente presenza cinese viene discussa in Serbia dai partiti politici e dall’opinione pubblica?
Non proprio. A livello accademico, molti esperti cercano l’approvazione del governo e amano il comfort del posizionamento mainstream, non c’è molto spazio per le critiche. Inoltre, c’è un enorme gap in termini di conoscenza e comprensione della Cina. A livello politico, tutti sembrano essere pro-Cina: in tutto lo spettro politico la discussione rimane ad un livello molto superficiale e la partecipazione cinese in Serbia è descritta semplicisticamente come una buona opportunità per lo sviluppo e una possibilità di ottenere sostegno per la causa del Kosovo. La Cina sta anche investendo attivamente nelle pubbliche relazioni per sostenere i propri interessi: molto spesso funzionari governativi, giornalisti ed esperti serbi sono invitati per lunghe visite in Cina. Al ritorno, si sono spesso trasformati in entusiasti sostenitori delle iniziative cinesi. Quindi, al momento, non vedo alcun dibattito genuino su cosa i cosiddetti investimenti cinesi, che in realtà sono prestiti, significhino davvero per la Serbia, come dovremmo gestirli e come dovremmo coinvolgere il settore delle imprese cinesi per investire davvero in Serbia con ricadute a lungo termine positive per la nostra rivitalizzazione economica.