Una favola dolce amara dalla periferia del sogno americano
di Irene Merli
UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA, di Sean Baker, con William Dafoe, Bria Vinaite, Brooklynn Prince, Valeria Cotto, Cristopher Rivera. Nelle sale.
Moonie, Jansey e Scootie, sei anni circa, vivono nella periferia di Orlando, in colorati motel di una zona degradata vicinissima a Disneyland ma lontanissima dal suo benessere.
Due femmine e un maschio, le tre simpatiche canaglie riescono a trasformare lo squallore in cui vivono in avventure quotidiane alla Huckleberry Finn…
Guidati dall’irresistibile e strafottente Mooney, vivono ogni difficoltà come una ghiotta occasione di divertirsi creando scompiglio.
Sputano sulle macchine, varcano le zone proibite del motel, giocano persino con il fuoco. Hanno famiglie, soprattutto madri, che non riescono a tenersi un lavoro stabile, bevono, fumano e anche peggio, ma non trascurano certo i figli: li amano teneramente, e cercano di tenerli lontani dai guai e dai servizi sociali che potrebbero portaglieli via.
Ma è piena estate, le scuole sono chiuse, la noia è in agguato, e fosse solo quella…
I tre ragazzini si trovano a giocare tra turisti squattrinati, architetture tanto grottesche quanto povere e adulti che vivono alla giornata.
Le strade afose della periferia di Orlando non riservano altro. Eppure diventano lo scenario di vita di un’infanzia che diventa l’ultimo, irripetibile baluardo per sopravvivere alla miseria di un mondo che è l’esatto negativo della cartolina disneyana evocata e sognata per l’intero film.
L’unico che cerca di tenere un po’ tutto insieme, decoro del motel e umanità, è Bobby, il manager del Magic Castel Inn e Suites dove vivono Mooney, Scooty e le loro famiglie.
Jansey invece sta al Futurland Hotel, poco lontano. Ma neppure lui riuscirà a salvare Haley, la giovanissima madre di Mooney, che a forza di vivere al limite verrà condannata da un mondo di leggi che non conosce solidarietà, figurarsi per i perdenti.
Un sogno chiamato Florida è una favola dolce amara dai colori pastello con un finale che inneggia alla libertà e la cinepresa messa costantemente all’altezza dei bambini.
Sean Baker firma infatti un film che non ha un’ombra di pietismo, ma assume il punto di vista di Mooney & co., sta sempre dalla loro parte, e li accompagna dall’inizio alla fine con una leggerezza tenera e addolorata.
Non solo. È raro vedere tanta sensibilità e maestria nel trattare attori così giovani, ovviamente non professionisti. Almeno negli ultimi anni.
Un sogno chiamato Florida è insomma un gran bel film indie, toccante ma anche allegro, con dei protagonisti uno più irresistibile dell’altro e un grande, misuratissimo William Dafoe. Speriamo che abbia fortuna in sala: la merita.