È morto Efraín Rios Montt, ex dittatore del Guatemala
di Roberto Meloni
1 aprile 2018. Città del Guatemala oggi sembrava vestita a festa. Gli uomini che camminavano per il centro, vicino alla chiesa della Recolección, avevano tolto le cravatte scure degli ultimi giorni per sfoderare belle cravatte gialle nei vestiti buoni della festa.
Le donne avevano dismesso i tristi vestiti scuri per indossare finalmente colori sgargianti, certamente più adatti alla primavera e alle sue temperature. La gente era felice di festeggiare la Pasqua e lo si vedeva nei sorrisi delle persone.
In giro per la città ci sono ancora murales di qualche anno fa che recitano la poesia di Pablo Neruda: “Podran cortar todas la flores, pero no podran detener la primavera”, potranno tagliare tutti i fiori, ma non potranno fermare la primavera.
Oggi però la città si è svegliata con la notizia che Efrain Rios Montt è morto. Nel giorno della Pasqua di resurrezione, in un paese così cattolico che riempie le strade della città per una settimana all’anno per celebrare la Semana Santa, muore colui che è stato il protagonista di una parte consistente della storia passata e presente di questo paese.
Rios Montt, conquistò il potere con un colpo di stato, il 23 marzo del 1982, diventando presidente de facto del paese che dal 1960 stava vivendo un conflitto armato interno e dove si susseguivano un governo dittatoriale dopo l’altro.
“Ieri stavano facendo vedere un documentario. Si, ti dico che è morto! Non so se ieri sera o stamattina, ma è morto.” La commessa del supermercato commentava con una signora che era in coda alla cassa. Anche se non hanno detto il suo nome, era piuttosto chiaro chi fosse la persona in questione. Mi è sembrato che non si volesse pronunciare il suo nome; almeno non lo si volesse fare più del necessario.
Rios Montt d’altronde è conosciuto per la sua politica della tierra arrasada e per la sua politica di quitarle el agua al pez, toglierere l’acqua al pesce. La spietata idea era di uccidere tutti gli indigeni maya, indistintamente che fossero uomini, donne o bambini, perché solo in quel modo si toglieva alla guerriglia la possibilità di continuare ad esistere. Questo provocò la morte di migliaia di persone, la desaparición forzada di tanti altri, e l’obbligo per molti di dover lasciare la propria terra per cercare di salvarsi la vita. Si ricordano gli anni di Rios Montt al governo come gli anni più cruenti e crudeli del conflitto armato interno.
Era il maggio del 2013 quando Rios Montt aveva dovuto affrontare un processo per crimini di lesa umanità e genocidio contro il pueblo Ixil, pueblo maya del nord del Guatemala.
(https://vimeo.com/79247283) Si era arrivati alla cattura dell’ex generale solo nel 2012, dopo che una lunghissima carriera da parlamentare gli aveva garantito l’immunità durante moltissimi anni. Nel 2000 era addirittura stato nominato presidente del Congresso (il parlamento) e nel 2003 si era nuovamente presentato alle elezioni, arrivando terzo. A nulla sono valse le richieste di amnistia, e i vari impedimenti che i suoi avvocati hanno cercato di tirar fuori come conigli dal cilindro.
Dalla cronaca del giornale Plaza Publica dei giorni del processo si legge che “La giudice Yasmin Barrios insisteva che le azioni violente contro il popolo Ixil non furono spontanee, bensì erano la concretizzazione di piani militari previamente elaborati”. E ancora “durante il processo, la difesa ha presentato evidenze e testimoni traballanti, mentre giocavano la loro strategia con altre maniere, ricusando i giudici, cercando di annullare il processo con vizi o omissioni.”
Come sottolineato sempre da Plaza Publica, la sentenza di condanna inoltre indica che “proprio come lo ha indicato il perito militare José Luis Quilo Ayuso, comandante generale dell’esercito era il generale Efrain Rios Montt, confermando che i piani militari sono autorizzati dal presidente e comandante generale, (…) e che è stato lui stesso a dare l’ordine di elaborare tali piani [contro la popolazione civile].”
Dopo che la Corte Costituzionale, a soli 10 giorni dalla sentenza, decide di annullare la stessa, secondo molti analisti e organizzazioni di diritti umani a causa delle pressioni ricevute dalle elites economiche e politiche del paese, il processo è ripreso molto lentamente. Oggi, nel 2018, le udienze del caso si tengono una volta a settimana, e ci si avvia a una sentenza che potrebbe arrivare fra un paio di mesi.
Nel frattempo, il generale Rios Montt è morto oggi, primo aprile. Ma nonostante questo in molti sono certi che la lotta per la giustizia e per la memoria storica in Guatemala continua. Rios Montt aveva 91 anni e molti immaginavano che se ne sarebbe andato senza che questo nuovo processo arrivasse al termine. Era malato e da tempo non assisteva più alle udienze del caso. Era insomma, la cronaca di una morte annunciata.
Come dicono vari murales nel centro storico della capitale “Las venas siguen abiertas”, le vene sono ancora aperte. Questa morte si somma a quelle di molti altri dittatori latinoamericani che hanno lasciato strascichi di impunità nel continente. Ma in nessun modo fermerà la ricerca di verità e giustizia per coloro che hanno sofferto così tanto.