Per le dimensioni raggiunte la violenza esercitata in America latina sulle donne – soprattutto sulle bambine e adolescenti – evidenzia caratteristiche simili ad una pandemia
di Mauro Morbello, da Lima (Perù)
L’America Latina é la regione più violenta del mondo. Secondo dati dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA 2016) con meno del 10% della popolazione mondiale qui si commettono oltre il 30% degli omicidi del pianeta.
Le Nazioni Unite confermano che, a fronte di una media mondiale di 6.9 omicidi ogni 100mila abitanti, in America Latina le vittime si quadruplicano, raggiungendo i 28 omicidi ogni 100mila abitanti (OMS 2014).
Non stupisce quindi che nella triste statistica delle 50 città più violente del mondo ben 43 – e tra queste 18 delle prime 20 – siano latino americane (CCSPJP 2017).
Caratteristica particolarmente drammatica della situazione di generalizzata violenza esistente nei paesi del centro e sud America é quella che si esercita verso le donne. Spesso la più abbietta, nei confronti di bambine e adolescenti.
Anche qui purtroppo si evidenziano tristi primati: ben 14 dei 25 paesi con il maggior tasso di femminicidi del mondo si trovano in America Latina (UN Woman 2015) e, secondo l’Osservatorio sulla parità di genere della CEPAL oltre 4mila donne all’anno – 12 al giorno – sono assassinate per ragioni di genere nella regione.
Se il femminicidio é la forma piú terribile e cruenta di dimostrazione dell’odio di alcuni uomini verso le donne e, paradossalmente, nella grandissima maggioranza dei casi dell’odio di questi uomini verso la persona che in precedenza avevano dichiarato di amare, é nella violenza sessuale, quella che non uccide fisicamente ma che lascia una ferita e un trauma irrimediabile che fa morire dentro, dove i numeri dei paesi latino americani sono a dir poco agghiaccianti.
Secondo dati stimati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS 2013) – probabilmente per difetto a causa della reticenza nell’effettuare le denunce – in America Latina si realizzerebbero almeno 160mila casi di violenza sessuale all’anno, una media di 500 casi al giorno. Dati terribili, non in diminuzione, anzi.
La violenza sessuale é purtroppo un fenomeno diffuso in tutto il mondo, ma é ancora una volta nei paesi del centro e sud America che la frequenza si manifesta in tutta la sua drammatica dimensione. Tanto che le Nazioni Unite considerano i paesi latino americani come la zona più violenta nei confronti delle donne (e dei bambini) al di fuori di un contesto di guerra.
Pur essendo il tipo di violazione dei diritti umani in assoluto più diffusa al mondo, la violenza sessuale é anche uno dei delitti meno denunciati. Soprattutto per la situazione di umiliazione e vergogna alla quale é sottoposta la vittima, sommata alla generalizzata impunità di cui godono quasi sempre i responsabili.
Proprio per questo gli abusi sessuali rappresentano un indicatore concreto del livello di diseguaglianza di genere e dei limiti oggettivi, da parte delle donne, per poter esercitare i loro diritti.
Se il problema della violenza nei confronti delle donne é fondamentalmente centrato sulle relazioni di genere, di fatto sul potere di sopraffazione dei maschi nelle sue diverse manifestazioni, é nei confronti delle bambine e adolescenti che questa situazione si evidenzia in tutta la sua terribile drammaticità.
Nella generalizzata situazione di violenza esistente nei paesi latino americani, per le bambine e adolescenti questo significa vivere in una permanente situazione di rischio. Il rischio costante di essere vittime di abusi. Con frequenza anche sessuali.
Secondo dati UNICEF, oltre un milione di bambine e adolescenti latino americane, l´equivalente agli abitanti di una grande cittá come Firenze, hanno sofferto abusi sessuali.
Di queste, il 75% almeno erano bambine e ragazze con meno di 18 anni. La ragione che tante vittime siano minorenni é purtroppo allo stesso tempo semplice e terribile: le bambine e adolescenti sono più facilmente vulnerabili e manipolabili da parte dell’aggressore, nel 50% circa dei casi un familiare o conoscente della vittima.
Varie analisi confermano che in media solo in un terzo dei casi la violenza sessuale nei confronti delle minorenni é esercitata usando la forza fisica, perché le bambine e adolescenti non avrebbero nessuna possibilità di resistere all´attacco di un maschio, ancor meno se adulto.
Nella grandissima maggioranza dei casi le vittime minorenni si sottomettono senza resistere per evitare danni maggiori. Facendole ancora più vulnerabili. A questa situazione si somma il fatto che, quando la violenza é esercitata da persone vicine alla vittima con un ruolo dominante, come purtroppo con frequenza succede quando si tratta di minori, l’aggressore usa altri metodi di sottomissione senza necessariamente fare ricorso alla forza fisica.
La violenza sessuale provoca molte conseguenze negative sia a livello fisico che psicologico nei confronti di tutte le donne che la subiscono.
Se é certo che le conseguenze sono sempre terribili, é però altrettanto certo che per le bambine e adolescenti le conseguenze sono ancora più devastanti. Vengono interrotti sogni, speranze e progetti di vita, gettando la vittima nel labirinto della disperazione prima che sia riuscita a definire una identità propria.
Due in particolare sono gli effetti particolarmente terribili della violenza sulle minorenni: le gravidanze precoci e i matrimoni forzati, che in America latina sono soprattutto unioni di bambine e adolescenti con uomini adulti, con frequenza responsabili degli abusi.
Numerosi studi (OMS, UNFPA, PROMSEX) hanno evidenziato come almeno il 60% dei casi di bambine e adolescenti minori di 16 anni che affrontano una gravidanza sono state vittime di violenza sessuale con uomini con età maggiori tra i 6 e 19 anni.
Un terzo delle gravidanze in America latina corrispondono a ragazze che hanno meno di 18 anni, nel 20% dei casi minori di 15 anni. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per le popolazioni (UNFPA 2015) tra le ragazze latino americane di 15-19 anni si evidenzia un 50% in piú di gravidanze premature (75/1000) rispetto alla media mondiale (51/1000).
Nessun paese latino americano risulta essere sotto il livello di 51/1000, al contrario un numero consistente arriva a tassi di gravidanza di oltre 90-100/1000 che raddoppiano gli indici del resto del mondo. In media tra il 15 e 25% delle ragazze partoriscono prima dei 18 anni, superando persino le percentuali esistenti nei paesi africani.
In America latina le gravidanze delle adolescenti colpiscono soprattutto le fasce piú povere, con minor livello educativo, nelle zone rurali.
Oltre a provocare una serie di conseguenze nefaste sull’integrità psicologica e le condizioni fisiche delle ragazze, le gravidanze precoci contribuiscono a rafforzare il circolo vizioso della povertà che si trasmette di generazione in generazione, perché interrompono quasi sempre la possibilità di continuare gli studi, limitano o rendono impossibile l´accesso a nuove opportunità che permetterebbero alle ragazze di migliorare le proprie condizioni di vita.
La situazione delle gravidanze precoci in America latina é resa ulteriormente piú complessa dal fatto che l’aborto nella grande maggioranza dei paesi é illegale o permesso in circostanze molto ristrette legate alle c.d. condizioni terapeutiche. In questo modo invece di limitare le interruzioni di gravidanza, gli aborti delle ragazze tra i 15 e 19 anni, 670 mila ogni anno secondo quanto rilevato da UNFPA, vengono realizzati in maniera insicura, mettendo a rischio la vita delle pazienti che si affidano ad operatori illegali.
Una ulteriore dinamica fortemente relazionata con la violenza sessuale e le gravidanze precoci é quella dei matrimoni e unioni premature di bambine e adolescenti minori di 18 anni.
Pur essendo un fenomeno caratteristico soprattutto dei paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa sud sahariana, che hanno tassi tra il 35 e 45%, i paesi del centro e sud America, con un tasso medio del 25%, sono gli unici che non hanno ridotto tale incidenza negli ultimi 10 anni, a fronte ad esempio dell’Asia che é riuscita a ridurla del 40% (UNICEF 2017).
Il matrimonio e le unioni premature assumono diverse forme e hanno diverse origini. In ogni caso non sono una scelta libera da parte della bambina o adolescente che non ha la sufficiente maturità, coscienza e libertà di giudizio per dare il suo consenso in maniera responsabile.
Si tratta comunque – a prescindere dalla forma – di un abuso, di un ulteriore abuso nei confronti delle bambine o delle ragazze minorenni, che provengono quasi sempre da condizioni di marcata povertà, hanno un basso livello di istruzione e vivono in condizioni di esclusione sociale, soprattutto nelle zone rurali.
Il matrimonio o l’unione prematura hanno effetti psicologici, fisici, emotivi profondi, che portano la bambina o l’adolescente ad assumere condizioni di servitù domestica o sessuale.
Alle vittime viene negato di vivere in maniera normale la propria infanzia o adolescenza, vengono private di fatto della libertà personale, dovendosi assoggettare alle condizioni imposte dal marito o dal compagno, che é generalmente di molti anni più vecchio ed esercita un ruolo dominante da un punto di vista culturale, economico e sociale.
Le vittime soffrono una condizione di esclusione, isolamento, rinuncia alla realizzazione delle proprie aspettative, che lede fortemente l’ equilibrio psicologico ed emozionale impedendo di sviluppare alternative di vita utili per il loro futuro.
La violenza di genere provoca conseguenze e danni personali terribili alle vittime, ma anche alla società nel suo insieme, perché drena potenzialità e risorse umane che potrebbero apportare molto al bene collettivo.
Se é certo che la violenza nei confronti delle donne non é specifica di una cultura, una regione del mondo o paese e neppure di gruppi specifici di donne all´interno di un contesto sociale, é anche vero – e i paesi dell’America Latina lo dimostrano – che quando le istituzioni sono deboli, hanno perso credibilità ampliando l´area dell’impunità, aumenta l´esercizio del potere e dell’abuso da parte del più forte ai danni di chi é considerato più debole.
In questi casi la violenza assume una dimensione “pandemica” che si manifesta con maggiore frequenza all’interno di gruppi sociali che, per condizione etnica, di genere, economica o età sono più vulnerabili.
In questi contesti le donne, i bambini e soprattutto le bambine e adolescenti in condizioni di povertà, appartenenti a minoranze etniche che vivono in aree di esclusione sociale sono le vittime predestinate.
Non esiste purtroppo una formula magica capace di eliminare la violenza e la sopraffazione, in particolare quella di genere. Esistono però condizioni per ridurne l´incidenza.
Oltre alle attività di prevenzione ed educative da promuovere in primo luogo in favore di bambini e bambine per favorire l’empatia di genere e il rispetto reciproco fin da piccoli, sono fondamentali politiche pubbliche capaci di dare un accesso reale e diffuso ai diritti fondamentali di inclusione sociale, partendo dall’accesso ai diritti all´ istruzione, salute, protezione, partecipazione e protagonismo sociale per coloro che affrontano situazioni di esclusione.
Tali condizioni in America latina sono ancora molto lontane dall’essere accessibili a tutti e meno, se non per nulla, ai gruppi sociali più deboli.
Come lo dimostra chiaramente l´ultimo rapporto sulle disuguaglianze (OXFAM 2016) parallelamente al fatto di essere la regione piú violenta del mondo, l´America latina é anche quella con le maggiori disuguaglianze. Purtroppo, finché queste disuguaglianze non saranno ridotte, sarà molto difficile migliorare realmente le condizioni di violenza esistenti.