La quarta puntata del lavoro di Alice Facchini e Daigoro Fonti, scelto nel 2017 dalle giurie dei pitching di Meglio di un romanzo, al Festivaletteratura di Mantova
Il luna park è il riflesso di una comunità sospesa nel tempo, un luogo con tanti specchi, che accanto all’immagine dei visitatori lascia trasparire i volti e le storie dei giostrai, con tutto il loro carico di tensione tra nomadismo e sedentarietà, sogno e mestiere, modernità e tradizione. Come si organizza questa comunità? Quali riti scandiscono l’esistenza dei suoi protagonisti? L’ultimo dei giostrai di Alice Facchini e Daigoro Fonti è il lavoro scelto nel 2017 dalle giurie dei pitching in piazza* di Meglio di un romanzo, il progetto pensato da Festivaletteratura per promuovere tra i più giovani il giornalismo narrativo, organizzato in collaborazione con LUISS Writing Summer School.
di Alice Facchini e Daigoro Fonti – tratto da Festivaletteratura Mantova
Pino Piccolo, di stirpe giostraio
Pino Piccolo è un mastro giostraio di vecchia generazione, erede della tradizione più pura e antica. È nato e cresciuto nel luna park e negli anni ha visto questo mondo cambiare e modernizzarsi per restare al passo con i tempi. Per Pino, le giostre sono tutto e non ha mai pensato di cambiare mestiere. Così, quando suo figlio Daigoro gli ha detto che voleva abbandonare il luna park per diventare fotografo, all’inizio non è stato facile accettarlo.
Pino Piccolo: “Quando ero piccolo io non esistevano le roulotte, con la mia famiglia vivevamo in un autobus trasformato internamente e riconvertito in un camper. A quei tempi le giostre venivano montate nei centri storici e, quando arrivavamo coi camion, i bambini ci correvano dietro entusiasti. Ora invece si è perso questo senso di festa. Nei centri storici tutti gli spiazzi sono adibiti a parcheggio, quindi il luna park si è spostato sempre più in periferia. La gente esce sempre di meno e noi lavoriamo soprattutto il sabato e la domenica. Ogni anno, dobbiamo sempre portare qualche attrazione nuova, se no le persone si stancano”.
Daigoro: “Ogni volta che cammino per il luna park vedo i ragazzini incollati ai loro cellulari: passano la serata così, magari non salgono neanche una volta sulle giostre. È una scena che mi sorprende sempre. Forse è anche colpa della crisi economica, per alcuni le giostre sono troppo care ed è difficile che ci si possa permettere più di un paio di giri a serata. Ma a parte questo, credo che il cambiamento sia anche generazionale”.
Pino Piccolo: “Il primo della famiglia a cominciare il mestiere è stato mio nonno, che faceva il minatore nelle miniere di zolfo. A un certo punto ha lasciato tutto e ha fabbricato una giostra: erano delle barchette di legno che si spingevano a mano. Così si è messo a girare la Sicilia. Con questo mestiere è sopravvissuto alla seconda guerra mondiale, intrattenendo gli americani che passavano per la nostra terra. Poi la professione è stata portata avanti da mio padre e dai miei zii, e ora da me, dai miei fratelli e dai cugini”.
Daigoro: “Quando ero più giovane, non mi sentivo realizzato nel mondo delle giostre. A volte pensavo di andarmene, ma mi sentivo in colpa: rivedendo le vecchie foto, ho notato che non ridevo mai. Sono cresciuto con un forte senso del dovere verso i miei genitori, la nostra era un’impresa familiare e tutti hanno sempre contribuito. Andandomene, ho deluso le aspettative di chi credeva in me per continuare il mestiere”.
Pino Piccolo: “Nel luna park c’è un forte senso di appartenenza. Noi giostrai stiamo sempre in giro, viviamo tutti assieme e siamo sempre a contatto ogni giorno. La famiglia è un elemento fondamentale. Daigoro è stato sempre un po’ più avventuriero, una volta voleva fare film, un’altra volta voleva diventare fotografo… è fatto così, gli piace sperimentare cose diverse. Quando mi ha detto che voleva lasciare il mestiere all’inizio mi è dispiaciuto molto, poi ho capito che la cosa importante è che lui sia felice”.
Daigoro: “È stato mio padre che più di tutti mi ha insegnato la devozione nei confronti della famiglia e del mestiere, e che più mi ha fatto pesare la mia scelta di andarmene. Per lui non esisteva alternativa sicura al di fuori del mondo delle giostre, quella era l’unica strada possibile. Con il tempo però ha capito che ci sono anche altre possibilità, ma non è stato facile, gliel’ho dovuto dimostrare coi fatti”.
Pino Piccolo: “Anche se Daigoro non sta più nel luna park, per fortuna non abita lontano e appena può viene ad aiutarci. Ogni tanto sta alla cassa, oppure dà una mano a montare e smontare quando dobbiamo cambiare città. Daigoro è lontano, ma vicino, il legame resta sempre”.
Daigoro: “È stato molto difficile allontanarmi dalle giostre, e lo è tuttora. Da quando nascono, i figli dei giostrai crescono insieme e sono molto affiatati. Il luna park è una grande famiglia, chi se ne va rompe delle dinamiche, esce da quell’universo e poi inevitabilmente ne viene escluso. Ancora oggi, anche se sono lontano e so che devo sbrigare le mie faccende, comunque ho la testa sempre lì. C’è un cordone ombelicale che ancora non sono riuscito a spezzare”.
Immagine di copertina e foto di Daigoro Fonti
Puntate pubblicate:
L’ultimo dei giostrai: introduzione
L’ultimo dei giostrai: Storia di Sharon
L’ultimo dei giostrai: Storia di Jotty