Storia di Maggie, donna indigena che si batte contro lo sfruttamento devastante del lago Atitlan in Guatemala
di Anna Maria Volpe
Il Lago Atitlan, in Guatemala, è un posto di una bellezza sconcertante. Circondato dal blu del cielo e dell’acqua e da tre vulcani che s’innalzano intorno ai suoi bordi, il lago più profondo dell’America Centrale, appariva un tempo come un luogo ancora intatto. El ombligo del mundo, l’ombelico del mondo, così lo chiamavano i locali.
Dal 2009, il lago è pero in crisi. L’ecosistema, un tempo perfetto, è stato difatti colpito da un’invasione di cianobatteri, batteri blu-verdi che si trovano tipicamente in ambienti marini e che contengono tossine che possono causare eruzioni cutanee, danni al fegato e alcuni tipi di cancro in seguito ad un’esposizione prolungata.
Un eccesso di fosforo, che si trova nei rifiuti umani e in alcuni fertilizzanti, contribuisce alle condizioni ideali per una fioritura di cianobatteri.
La mattina del 26 ottobre 2009, le autorità locali informano i residenti della situazione di emergenza, domandando loro di astenersi dal nuotare o pescare nel lago.
A nulla serviranno gli sforzi dei locali che con vasche, lavandini e barche cercano di raccogliere la sostanza verde fibrosa originata dal battere.
Un problema che dura da tempo
L’inquinamento del lago Atitlán è aumentato significativamente negli ultimi dieci anni, esacerbato dalla distruzione dell’impianto di trattamento delle acque nella città lacustre di Panajachel, colpita dall’uragano Stan nel 2005.
Come riporta il sito Truth out, dopo la tempesta, il comune di Panajachel, con l’incoraggiamento della Banca Interamericana di Sviluppo, ha optato per la costruzione di un nuovo impianto da 90 milioni di dollari, anziché riparare il danno all’impianto già esistente.
Tuttavia, il nuovo impianto non ha mai funzionato mentre il precedente, progettato per essere a basso costo, funzionava in maniera efficiente e puliva le acque.
Inoltre, il funzionamento del nuovo impianto è stato interrotto l’anno successivo da un altro uragano.
Cosa si può fare dunque per salvare un lago, parte integrante della vita e dei valori delle comunità indigene che ne abitano le rive? Purtroppo le soluzioni sono proibitivamente costose, o, peggio, avvolte nella nube della corruzione e di interessi particolari, come denunciato da Maggie, abitante del villaggio di San Tolliman che sorge appunto accanto al lago e che al lago deve la sua attività.
Maggie fa parte di un gruppo di giovani attivisti che lottano e si mobilitano per la salvaguardia del lago contro il cosiddetto Mega Progetto.
Il Mega Progetto e gli interessi particolari che lo avvolgono
I membri di Amigos del Lago, un’organizzazione privata composta di facoltosi proprietari di abitazioni sul lago, in collaborazione con professori californiani e con le autorità del Paese ha ideato il “Piano di gestione integrale”, un mega progetto da diversi miliardi di dollari incentrato sulla costruzione di un super-collettore progettato da esperti della California State University e della University of California.
Il sistema includerebbe una rete di condotte collegate a ciascuna comunità con lo scopo di trasportare le acque reflue al di fuori del bacino e utilizzare l’acqua raccolta per l’irrigazione dei terreni agricoli e per generare elettricità.
Il piano è stato presentato come l’unica scelta per salvare il lago, ed è anche sostenuto da grandi proprietari terrieri della costa meridionale del Guatemala. La costruzione del sistema di condotte rappresenta un ottimo mezzo per fertilizzare la terra e avere acqua a basso costo da usare nei vasti campi di palma da olio africana e canna da zucchero.
Eppure secondo diversi esperti questo mega-progetto sarà fonte di nuovi problemi. Come riporta Truth out, il rischio è che ci sia in futuro una maggiore domanda d’acqua per l’agricoltura, e che quindi per risolvere un problema, se ne possa creare uno ben più grave.
Infatti, la produzione di agricoltura da esportazione (la palma da olio africana e la canna da zucchero ne sono gli esempi evidenti) ha già devastato l’area meridionale del Guatemala.
Oltre alla perdita di terra per la produzione di colture di base, la grande agricoltura ha monopolizzato l’accesso all’acqua per le piccole comunità agricole della regione. Monocoltura è sinonimo di distruzione delle foreste e della biodiversità.
La protesta
Come Maggie sostiene con malcelata preoccupazione: “Per chi vive grazie al lago, questa proposta sembra positiva, perché lo scopo apparente è di salvare l’ecosistema del lago, ma quello che molti ancora non sanno è che il Mega Progetto aumenta solo il capitale degli interessi privati locali e internazionali” e senza giri di parole, denuncia: “Le autorità e le organizzazioni che sostengono il Mega progetto stanno violando molti diritti delle popolazioni indigene: il diritto alla consultazione delle popolazioni indigene, stipulato nella Convenzione 169 dell’ILO è stato ad esempio calpestato”.
Questa giovane e forte donna ritiene anche che il diritto a una vita dignitosa non sia assicurato così come il diritto alla libertà di espressione e di pensiero: “I nostri account sui social media sono bloccati, riceviamo intimidazioni attraverso chiamate anonime, le autorità ci accusano di alterare l’ordine sociale solo perché non accettiamo le loro proposte capitaliste e razziste”.
Stando alla testimonianza di Maggie, cinque persone del gruppo di protesta sono state minacciate di morte, altri sono stati intimiditi fisicamente e psicologicamente. “Le più deboli però siamo noi, le donne indigene”, conclude Maggie con amarezza.
Truth out riporta anche che, oltre a peggiorare potenzialmente i problemi ambientali causati dalla monocoltura su vasta scala, il Mega progetto potrebbe ridurre la disponibilità d’acqua per i contadini e i piccoli agricoltori.
Negli ultimi quindici anni, i campesinos nel bacino del fiume Madre Vieja – che sono vicini al bacino di Atitlán e si trovano nel percorso del gasdotto proposto – hanno lottato contro la ditta HAME.
L’azienda ha regolarmente deviato i fiumi per le sue colture, interrompendo l’approvvigionamento idrico dei contadini. Non a caso, HAME è tra i gruppi che beneficeranno direttamente del Mega Progetto.
Mentre le autorità discutono su come ripulire il lago, i pescatori e i residenti locali si sono attivati per rimuovere la spazzatura dal lago.
Ad esempio, l’Associazione dei pescatori di San Pedro La Laguna, che sono stati pesantemente colpiti dalla contaminazione del lago e che hanno ricevuto ben poco sostegno, dedica l’ultimo sabato di ogni mese alla rimozione della spazzatura e anche dei cianobatteri, mettendo a rischio la propria salute.