Gaza senza acqua potabile

Nella Striscia non c’è acqua che si possa bere o usare per cucinare, anche quella desalinizzata è contaminata. Lo rivelano le analisi del Medical care union

tratto da NenaNews

8 novembre 2013 – L’acqua della Striscia di Gaza è imbevibile. È ormai noto che le falde sono contaminate da acqua salmastra e da infiltrazioni dei liquami di fogna e spazzatura, ma anche l’acqua desalinizzata, che si vende a caro prezzo, non è in realtà potabile.

Lo rivela uno studio del Medical care union di Gaza, riportato dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, condotto su campioni di acqua trattata negli impianti di desalinizzazione. “I nostri studi hanno mostrato che quest’acqua è un vivaio di batteri e di germi”, ha spiegato Ra’ed Soboh. La percentuale di cloruro è di 9.000 milligrammi al litro ed è stata rilevata una preoccupante presenza di nitrati, oltre gli standard stabiliti a livello internazionale.

Dunque l’acqua conservata nei diversi impianti di desalinizzazione della Striscia, gestiti da privati, quella che i circa 1,6 milioni di abitanti comprano per bere e cucinare è molto inquinata, pericolosa per la salute. Lo sostiene anche Ateya al-Bursh, direttore dei laboratori ambientali di Gaza, che hanno effettuato diverse analisi: “Abbiamo scoperto che l’acqua è chimicamente e fisicamente inquinata”.

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Tuttavia, il direttore del Dipartimento ambientale del ministero della Salute, Fouad al-Jimasy, ha giudicato “non accurati” questi studi e ha ricordato che il governo fa spesso controlli sui contenitori di plastica o di metallo in cui è conservata l’acqua e ha riscontrato che il tasso di contaminazione non supera il 5 per cento. Inoltre al-Jimasyha aggiunto che il suo dicastero ha di recente chiuso cinque impianti di desalinizzazione.

È proprio in queste strutture che l’acqua è esposta a contaminazioni e c’è preoccupazione anche per i contenitori utilizzati per le consegne. Gli impianti estraggono acqua dalle falde già contaminate, la desalinizzano e la trattano con sostanze chimiche per eliminare germi e batteri e poi venderla. È un business sempre più florido negli ultimi cinque anni, da quando l’embargo imposto da Israele su Gaza, governata dal movimento islamico Hamas, ha provocato una vera emergenza umanitaria. Manca tutto, dalle medicine alla corrente elettrica e un bene primario come l’acqua, che già scarseggia, costa alle famiglie circa un terzo del reddito.

Il blocco imposto su questo fazzoletto di terra oltre a non consentire l’accesso di merci e beni essenziali come le medicine, impedisce pure l’adeguamento e la ristrutturazione di infrastrutture, tra cui i sistemi idrici e fognari. Nelle falde si infiltrano le acque di scolo delle fogne e il 95 per cento delle risorse idriche della Striscia è contaminato. Si stima che entro il 2016 le falde acquifere saranno inutilizzabili e per il 2020 saranno compromesse in maniera irreversibile.

Abdul Nasser Sobeh, direttore dell’ufficio di Gaza dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), ha detto all’agenzia Xinhua che i contenitori con cui è consegnata l’acqua contengono batteri e germi che provocano problemi intestinali e che bisognerebbe avvertire la popolazione di non conservare troppo a lungo l’acqua desalinizzata. Ma bisogna fare i conti con le necessità della popolazione: il bisogno di acqua per bere e cucinare in una condizione di totale isolamento. Mentre Israele sfrutta a suo esclusivo uso la quasi totalità delle risorse idriche dei Territori occupati.



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