Una sirena e poi il silenzio. Uno, forse due minuti, tutto si ferma. Ci accucciamo dietro un albero. Poi un esplosione, dal lato della montagna antistante. Detriti e frammenti di rocce si stagliano sopra i castagni, per ricadere con sinistro crepitio sulla vegetazione
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Ema-E.jpg[/author_image] [author_info] di Emanuele Bompan, dalla West Virginia, Usa. Geografo e giornalista, classe 1981, si occupa di ambiente e politica americana (e viaggi). Ha collaborato con Sole24Ore, Reuters, La Stampa, left, E-il Mensile. Nel 2010 ha vinto il Middlebury Fellowship for Environmental Journalism, e nel 2013 la Journalist Grant della Gates Foundation. La sua specializzazione sono i negoziati sul clima, disastri ambientali, mercati energetici, pianificazione sostenibile. Ha intervistato figure dell’ambientalismo come Noam Chomsky, Lester Brown, Ralph Nader, Mathis Wackernagel, Gunther Pauli, Bill McKibben. Attende di tornare ad essere corrispondente fisso da Washington DC. Su Twitter @emanuelebompan https://twitter.com/emanuelebompan[/author_info] [/author]
“Ogni giorno è così: sventrano la montagna per estrarre carbone, a poche centinaia di metri dalla mia proprietà”, ci racconta Mark, 60 anni, in pensione. “Distruggono le montagne, rendono instabile il terreno, contaminano l’acqua con metalli pesanti che fuoriescono con gli scavi e ci fanno respirare polveri tossiche. Dicono ‘tutto è a posto’, ma le montagne degli Appalachi e la sua gente muoiono”.
Siamo in West Virginia, Usa, in una regione che potrebbe essere chiamata l’Arabia Saudita del carbone. Da questa piccola regione, nemmeno due milioni di abitanti, proviene il 4% del carbone mondiale. Dal 1742 da queste parti si estrae il prezioso combustibile fossile per trasportarlo alle centrali termoelettriche della costa o alimentare le coal plant locali.
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foto di Camilla Minarelli
Fino a fine anni ’70 le miniere, scavate da immigrati italiani, russi e polacchi, erano sopratutto infiniti tunnel sotterranei. Rischiosi a causa di continui crolli e del grisou, e molto più costose delle miniere a cielo aperto. Poi le compagnie minerarie hanno capito che se Maometto non riusciva ad arrivare alla montagna, sarebbe stata la montagna a venire da loro. E così le compagnie del carbone iniziarono a scoperchiare le montagne della West Virginia, ma anche del Kentucky, Ohio e Pennsylvania. Bastano poche cariche esplosive ben posizionate per rimuovere facilmente 120 metri verticali di roccia e tonnellate di terreno. Fino al 2010, ben 5,700 km² di superficie sono stati distrutti con il Mountain Top Remouval (o MTR, si traduce come rimozione della cima delle montagne), questo il nome della tecnica estrattiva invasiva in oggetto. Per molti intervistati “la peggior catastrofe ambientale da sempre per gli Stati Uniti”.
Distruggi, scava, crepa.
“MTR è un sistema di estrazione fortemente impattante sull’ambiente e sulla salute dei suoi abitanti”, ci racconta Bill Price, responsabile per la West Virginia del Sierra Club, la più antica delle organizzazioni ambientaliste americane, fondata nel 1982 dal famoso conservazionista John Muir. “Sono anni che combattiamo contro il MTR, ricchezza e piaga di questo stato e di tutti i monti Appalachi”.
Bill ci riceve nel suo officio nel centro di Charleston, la capitale della West Virginia, poco più di 50mila anime. Una cittadina semplice e triste, affascinante nella sua decadenza, cuore di uno degli stati più poveri del paese, dura come lo spirito spietato dell’industria del carbone. Da qua inizia il viaggio per investigare gli effetti delle operazioni minerarie nella regione.
Vedere per credere, dunque, e la macchina di Bill inforca la Highway 61, tra un susseguirsi di chiese di ogni denominazione e nessun negozio di alimentari, roulotte arrugginente, montagne di carbone in attesa di essere caricate, facce consumate dal duro lavoro.
“La gente si rifornisce dal benzinaio da queste parti per mangiare, patatine e surgelati”, spiega Bill. La strada diventa sterrata, mentre carovane di camion carichi di carbone si susseguono senza fine. Quando arriviamo a Kayford Mountain, un tempo una ridente comunità di montagna, con cabine di legno per l’estate, luogo di relax e di svago, qualche chicco di nevischio fa capolino. Poi lo stupore, i pendii verdi diventano un immenso scavo.
“Oggi Kayford è più bassa di quasi 100 metri, lo sguardo ovunque si pone assiste ad uno stupro indiscriminato, necessario per chi celebra il nostro progresso. L’intera topografia è stata modificata”, dice Bill, portandoci al limitare delle operazioni di scavo, che si estendono per miglia e miglia. Prima radono al suolo i boschi. Poi, dopo che le cariche sono scattate, i bulldozer spostano il materiale inerte in dei canaloni lungo le coste della montagna, che lentamente smotta distruggendo ogni cosa. Si sentono i rumori dei motori e le sirene. Al limitare degli scavi creano delle pozze di raccolta dove i reflui finiscono. In queste pozze si depositano i fanghi tossici, scarti degli scavi, pieni di metalli pesanti, in attesa che si depositino tutti gli elementi pericolosi.
Il problema è che spesso l’acqua esonda e scende a valle contaminando l’acqua dei fiumi, insinuandosi nei pozzi e nelle falde acquifere. In un documento video ottenuto da Q Code Mag, non pubblicabile per motivi legali, si vede addirittura che in alcuni casi queste esondazioni sono state causate intenzionalmente da lavoratori delle compagnie. Nel documento una ruspa intenzionalmente fa scorrere acqua fuori da queste pozze, acqua contaminata, che si è poi riversata nelle proprietà adiacenti, inquinando potenzialmente i pozzi dell’acqua potabile.
La devastazione ovviamente comporta una forte erosione del suolo, facilmente visibile anche per un occhio poco esperto, aggravata dalla deforestazione necessaria per le operazioni di immensi mezzi meccanici, alcuni alti anche 25 metri. Frane e smottamenti di fango sono comuni sui monti Appalachi intorno alle operazioni di Mountain top Removal. Nel 2009, troviamo traccia in un giornale locale, oltre 300 abitazioni sono rimaste distrutte da una marea di fango ed acqua a Gilbert, nella contea di Mingo. Un caso non isolato.
Kayford Mountains non è però solo una delle miniere più importanti della regione, ma è anche un baluardo del gruppo ambientalista Keeper of the Moutain foundation, creato dall’attivista Larry Gibson, icona del movimento contro l’industria del carbone, nominato “Eroe americano” da CNN, e mente operativa di un abile gruppo di cittadini e associazioni che ogni anno si reca a Washington a fare lobby presso il Congresso per far conoscere gli effetti devastanti del MTR . Larry e i suoi amici portano qua studenti, cittadini e giornalisti per mostrare gli effetti del MTR. Ci accoglie Chuck Nelson, uno dei veterani del gruppo, viene da Dorothy, pochi chilometri da Kayford. “Sono arrivati nel 1992, qua una volta c’era una scuola, c’era un negozio, c’era una comunità. Ora sono tutti andati via…oggi è un avamposto per noi attivisti”. Larry Gibson è il proprietario della terra e si è sempre rifiutato di vendere la proprietà alle compagne estrattive. Vuole difendere la sua terra, le sue montagne e fare conoscere il pericolo si queste operazioni.
Dai documenti che Bill Price e i Keeper of the Mountain ci sottopongono gli effetti sulle acque e sulla saluta sono anche più gravi di quanto potevamo aspettarci.
“Loro fan saltare la montagna a pezzi con gli esplosivi”, spiega Chuck. “Queste esplosioni immettono metalli pesanti nell’acqua, cadmio , arsenico, piombo. Ogni piccolo corso d’acqua è stato contaminato da queste parti, sissignore. Ci sono ricerche, come quelle del professor Micheal Hendryx della University of West Virginia, che dimostrano come l’aspettativa di vita di questa gente sia 10 anni inferiore della media nazionale. C’è gente che è morta giovane, di tumori. In una comunità di 25 case 10 sono morte di tumori al cervello. Un ragazzo di 22 anni è crepato tra dolori e sofferenze perché beveva acqua dal pozzo…22 anni”. Gli studi mostrano evidentemente la correlazione tra intensità delle operazioni minerarie, qualità dei corsi d’acqua e salute degli esseri umani. Più aumenta la prima, più peggiora la qualità ambientale dei corsi d’acqua e in questo caso vedremo un incremento di casi di tumore ed altre malattie.
Perche lo stato non ha fatto niente? È la domanda che sorge spontanea. “Questo è un paese molto povero e molto corrotto. Tutti i nostri rappresentanti a Capitol Hill sono foraggiati dall’industria del carbone ed ora stanno attaccando l’Agenzia per l’Ambiente (EPA, nda) per togliere la possibilità di implementare i regolamenti sulle acque”. Le ragioni della sua dedizione alla causa sono disarmanti: “La risposta è semplice: i miei amici stanno morendo, i miei vicini stanno morendo , la mia gente sta morendo. Le nostre comunità si sono svuotate e i nostri paesi sono diventati città fantasma. Tutto questo è iniziato negli 1990, quando Massey Energy ha iniziato ad investire pesantemente in questo tipo di tecnologie”.
Un lavoro sporco
Per molti abitanti della West Virginia, il carbone estratto dalle montagne è l’unico lavoro. “Meglio tirare su ed ingoiare, che non avere lavoro”, raccontano alcuni minatori.
Ovunque si leggono cartelli sponsorizzati dalla lobby del carbone e dalle compagnie estrattive, “l’Agenzia per l’Ambiente vuole rubarvi il vostro lavoro”, oppure “amici del carbone, difendete i vostri posti di lavoro”, fino a “Cristo ama il carbone”. “Il carbone è il motore della nostra economia”, spiega Andy, impiegato in una miniera. In realtà studi economici dimostrano che il MTR ha distrutto l’occupazione. Nella regione un tempo i minatori erano 150 mila oggi sono circa 14mila, un calo enorme dovuto alla meccanizzazione delle operazioni e al fatto che il MTR richiede pochissimo personale. Gli altri sono disoccupati. Ma gli ambientalisti non sono nemici del carbone a prescindere. Gente come Chuck, sostiene che “Non siamo contro il carbone, noi potremmo tornare ad estrarre il carbone con le vecchie miniere, creando più occupazione ed evitando di distruggere l’ambiente. Ma le compagnie vogliono mantenere i costi estrattivi al minimo”. Il minatore da queste parti poi è un lavoro difficile, spesso rischioso e quasi per niente sindacalizzato. Continua Chuck: “La gente del posto lavora sulle miniere in queste montagne. Le distruggono , quando il filone si esaurisce compagnia si sposta altrove assumendo nuovo personale e a chi rimane non resta nessun lavoro ed un ambiente distrutto e contaminato”.
Per Bill Price e Mary Anne Hitt del Sierra Club l’alternative ideale rimangono le fonti rinnovabili. Uno studio pubblicato a marzo da Michael Hohn e Brian Anderson, della West Virginia University (WVU) hanno dimostrato che il paese potrebbe iniziare a produrre energia geotermica a grande scala entro dieci anni, dato che le temperature sotterrane sono significativamente più altee di quanto pensato precedentemente.
C’è poi la questione meramente ambientale. Nuove leggi hanno forzato le compagnie a monitorare l’inquinamento delle acque e a ricostruire gli ambienti distrutti, ripristinando la forma della montagna come era in origine. Ma ciò è impossibile, gli ecosistemi fanno fatica a ricrearsi, al più queste nuove montagne artificiali vengono ricoperte di erba e qualche alberello, l’ambiente rimane instabile e non si riformerà come era in precedenza. Senza contare le sostanze sotanze immesse nelle falde acquifere e l’instabilità del terreno che come si diceva prima aumenta la possibilità di smottamenti.
Veleno invisibile
Gli effetti visibili si mostrano ovunque nel nostro viaggio sulla Highway 61 e nelle valli della West virginia. Altrettanti ed altrettanto devastanti, son le conseguenze sulla salute e sull’ambiente che l’occhio non vede. Oltre la contaminazione delle acque c’è un problema comune a tutte le miniere: le polveri. Il carbone viene raccolto in degli impianti di preparazione, preparation plan. viene impilato ed ammucchiato. Ma il vento quanto passa alza la polvere che si deposita ovunque. Lo stesso succede con le esplosioni, che sollevano nell’atmosfera polveri di ogni tipo in quantità rilevanti. Nella città di Silvester gli abitanti si risvegliavano ogni giorno ricoperti di polvere nera ed hanno fatto causo alla compagnia che ha iniziato ad usare dei teli sulle montagne di carbone che attende di essere caricato sulle chiatte.
Kinkaid, la battaglia solitaria di Mark
Quando arriviamo a Kinkaid, da Mark e Lois (il cognome è omesso volontariamente per tutelare la fonte), per un altra tappa del nostro viaggio, incappiamo quasi subito nella dura reltà del MTR. Ci accoglie nella sua casa e comincia a mostrarci i danni collegati alle operazioni di MTR che si svolgono a poche centinaia di metri da quello che doveva essere il suo nido d’oro per la pensione. In un angolo ci sono dei frigoriferi (“mi piace ripararli”). Prende uno straccio, lo passa su uno di essi e diventa nero. “Questo è quello che io e mia moglie respiriamo ogni giorno”, detriti sollevati dalle esplosioni. Esplosioni che a breve testimoniamo di persona, come narrato nell’introduzione dell’articolo.
Mentre i detriti dell’esplosione si depositano lentamente, continuiamo la camminata con Mark, nel suo bosco. Ci scherza sopra: “Se non fossimo stati così lenti a quest’ora saremmo al creatore”. Le rocce dell’esplosioni precedenti sono ovunque. In passato un’esplosione mal calcolata ha fatto rotolare un macigno fino a fondo valle, schiacciando una casa e uccidendo un ragazzino di 9 anni. Qua e là ci sono macchie grige, il terreno non è molto sano. Improvvisamente passa un tacchino selvatico, “di quelli ce ne sono ancora, ma di altri animali come gli orsi non ci sono più molte tracce”. Prima di partire ci offre un paio di bottigliette d’acqua, l’unica potabile da queste parti. Ci saluta con amarezza: “La nostra vita vale poco e quasi nessuno ci ascolta, siamo gente semplice delle montagne. Il mio sogno ora è solo andare via. Dopo che ho sempre desiderato venire ad abitare qua”.