[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/FacebookHomescreenImage.jpg[/author_image] [author_info]di Susanna Allegra Azzaro. Amo definirmi “cittadina del Mediterraneo”. Le mie origini si perdono tra Sardegna, Genova, Sicilia e Nord Africa, ma è a Roma che sono (casualmente) nata. Lavorare nella cooperazione internazionale mi ha dato la possibilità di vivere un po’ in giro nel mondo; la curiosità, invece, mi ha spinta a cercare di imparare il più possibile dalle culture con cui sono venuta a contatto. Tra il 2008 e il 2009 il lavoro mi porta in Medio Oriente e da allora esso continua ad essere una presenza costante nella mia vita. Recentemente vi sono tornata per approfondire i miei studi della lingua araba colloquiale “levantina”.[/author_info] [/author]
10 dicembre 2013 – Ho avuto modo di girare il Medio Oriente in lungo e largo, dal Libano allo Yemen passando per l’Iraq. Ho preso innumerevoli autobus, aerei e taxi; spesso ho anche viaggiato da sola e, onestamente, non ho indossato il velo mai una sola volta.
Non di certo per una presa di posizione o una sorta di “provocazione”. Se ne avessi sentito l’esigenza, in termini di sicurezza personale o rispetto della cultura locale, non avrei esitato a farlo. Semplicemente, il problema non si è mai posto.
Quella del velo è una delle questioni di cui discuto più frequentemente con gli amici in occidente. Spesso mi vengono raccontate storie “tremende” di amiche o conoscenti che, recatosi in un paese arabo in vacanza, “si sono dovute mettere il velo”. E non parliamo di Iran, dove vige una legge più severa su tale argomento, ma di posti notoriamente turistici come Gerusalemme o Egitto.
Non mi è dato sapere dove si siano recate esattamente queste persone, ma in nessun luogo pubblico troverete un cartello che invita le donne a coprirsi il capo, con l’eccezione delle moschee, dove il rispetto mi sembra più che doveroso. D’altronde anche in Italia non si può entrare in una chiesa con indosso un cappello o una canottiera.
Non ci vedo niente di offensivo o tragico, quindi, nel chiedere a una donna di coprirsi il capo in un luogo di culto. Nella vita di tutti i giorni, quella in cui uno deve svolgere le più banali mansioni quotidiane, tipo andare al mercato o al lavoro, non vige nessuna regola che obblighi l’utilizzo del velo.
Ricordo di essermi comprata un bellissimo foulard colorato prima di partire per lo Yemen. Credevo che forse lì sarebbe stato più opportuno mantenere un low profile e non dare troppo nell’occhio. Purtroppo i buoni propositi, si sa, hanno vita breve e i miei, nella fattispecie, dopo due ore erano già andati a farsi benedire.
Il foulard mi pizzicava, mi scendeva sugli occhi, mi faceva caldo. Persino l’autista locale, quello che ci scorrazzava in giro per le tortuose strade dello Yemen, rideva dei miei maldestri tentativi di indossare un velo come si deve.
Morale della favola: abbiamo viaggiato in macchina da Sana’a alla costa, due uomini e tre donne dal capo scoperto, e tutto è andato stupendamente. In paesi come lo Yemen o l’Oman non ci si deve necessariamente bardare come uno sciatore ad alta quota; tuttavia, mi permetto di suggerire qualche accortezza sull’abbigliamento a voi donne, giovani e non, che state progettando un viaggio in Medio Oriente.
Sia per rispetto di usi e costumi locali sia per cercare di limitare il numero di sguardi curiosi di cui, già vi avverto, sarete comunque oggetto, evitate indumenti troppo aderenti, canottiere e gonne sopra il ginocchio. Munitevi di comode gonne lunghe, magliette a maniche corte e un foulard per coprire eventualmente le spalle. Ricordatevi, inoltre, che una donna che fuma per strada è ancora mal vista in Medio Oriente come in molti altri paesi asiatici, e, che anche il fatto di tenersi semplicemente per mano con un uomo, potrebbe far sgranare gli occhi a molti.
Ciò nonostante, anche in Medio Oriente esistono eccezioni e le immancabili contraddizioni. In città come Beirut o Tel Aviv, se non volete sfigurare, tirate fuori top provocanti e tacchi alti: alcune li indossano anche per andare a fare la spesa. La cura dell’aspetto fisico rasenta un livello quasi maniacale e merita un post a parte; per ora vi basti pensare che il numero di donne che si sottopone ad interventi di chirurgia estetica non accenna a diminuire nonostante crisi e conflitti vari.
Ricordo perfettamente il giorno in cui la mia carissima amica Hala non riuscì a nascondere il suo disappunto nel vedermi andare a fare la spesa in infradito e pantaloni della tuta. Per ricompensarla di tanto orrore, comprai il mio primo paio di scarpe col tacco “serio” e le promisi che le avrei indossate quella sera stessa ad una cena con amici.
Hala sorrise compiaciuta e inorgoglita quando mi vede uscire vestita per benino sul paio trampoli; io, invece, passai gran parte della serata a maledirmi e, il giorno dopo, le scarpine dalla brevissima vita finirono in fondo all’armadio in ottima compagnia del velo.
Piccola precisazione
In occidente erroneamente si associa il burqa ai paesi arabi.
Il burqa è il tristemente famoso indumento blu indossato dalle donne in Afghanistan che, come voi tutti sapete, non è un paese arabo.
Inviterei, quindi, alcuni sbadati “politici” italiani che, nonostante i problemi in cui vessa il paese non hanno nient’altro di meglio da fare che manifestare “contro l’utilizzo del burqa da parte delle donne arabe”, di farsela una ricerchina su google.
Il velo, o “hijab”, largamente utilizzato nella maggior parte dei paesi di religione musulmana, è un fazzoletto di tessuto che nasconde i capelli.
Il “niqab” è un indumento nero che copre gran parte del capo e corpo di una donna, lasciando scoperti solo gli occhi ed è utilizzato soprattutto nei paesi del Golfo.
Mi sembra facilmente deducibile, dunque, anche per i più sbadati, che le donne arabe non indossano il burqa.