L’Onu dichiara lo stato di emergenza a Gaza, dove almeno 5mila persone sono state evacuate per gli allagamenti diffusi
di Michele Giorgio – il manifesto, tratto da NenaNews
Le Nazioni unite hanno proclamato lo stato di calamità naturale a Gaza dopo la pioggia torrenziale che trasformato la Striscia in un lago. L’acqua in alcuni punti ha raggiunto i due metri di altezza e in diverse località girano barchette e canotti. Almeno 5 mila persone sono state evacuate e trasferite in scuole ed edifici pubblici, ha comunitato ieri l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Un altro centinaio sono rimaste ferite, alcune seriamente, per crolli e altri incidenti causati dalla pioggia.
Certo non è solo Gaza a pagare le conseguenze del maltempo eccezionale che ha colpito la regione. Anche Israele ha subito danni gravi per le nevicate senza precedenti negli ultimi decenni, a cominciare da 4 morti, tra i quali un bimbo di un anno ucciso dal fumo di un incendio provocato da una stufetta e un uomo caduto dal tetto che stava cercando di riparare durante la tempesta di neve.
Gaza però è un territorio disastrato da sempre, con infrastrutture pubbliche molto deboli e che ancora fa i conti con gli effetti dei bombardamenti massici di Israele alla fine del 2008 e lo scorso anno. Tanta eccezionalità perciò si è fatta sentire a Gaza più che in ogni altro posto.
La popolazione è indifesa, senza molte possibilità di proteggersi dal freddo pungente. L’unica centrale elettrica è ferma da settimane per mancanza di carburante e la poca elettricità proveniente da Israele ed Egitto consente una distribuzione dell’energia di appena tre ore al giorno, nelle diverse zone di Gaza. A causa del blocco che attuano Israele ed Egitto, scarseggiano le bombole del gas e il gasolio per i generatori autonomi. Gli ospedali per fortuna sono riforniti dalle agenzie umanitarie internazionali.
Venerdì quattro pompe industriali, materiali e carburante sono entrati dal valico con Israele, in soccorso ai vigili del fuoco palestinesi impegnati nelle zone alluvionate. Ma la situazione resta molto grave, soprattutto nel campo profughi di Jabaliya. Il governo di Hamas due giorni fa aveva accusato Israele di aver aperto la diga a est di Gaza per far defluire la massa d’acqua che si era accumulata a causa della pioggia incessante. Acqua che si sarebbe riversata nel Wadi Gaza allagando le abitazioni di decine di famiglie. Da parte israeliana però non sono arrivate conferme dell’apertura della diga denunciata dal governo di Gaza.
“Alle inondazioni causate dalla pioggia – spiega la fotoreporter italiana Rosa Schiano, che lavora e vive a Gaza – si aggiungono le acque contaminate che, a causa dell’interruzione della corrente elettrica che non permette agli impianti per il trattamento delle acque reflue di lavorare, fuoriescono invadendo le strade”.
Una bambina è morta e molti altri, aggiunge Schiano, “a causa delle fredde temperature si stanno ammalando. Anche il nostro generatore autonomo del palazzo dove vivo si accende e si spegne costantemente peraltro rendendo la comunicazione con il mondo esterno più difficile”.
Pesante la situazione anche in Cisgiordania. Le squadre tecniche della Società palestinese per l’energia elettrica hanno lavorato per riallacciare alla rete di distribuzione i tanti centri abitati rimasti isolati e senza energia. Sono crollate almeno 45 linee elettriche con il risultato che venerdi’ notte circa il 60% della Cisgiordania è rimasto senza elettricità.
Anche a Gerusalemme, coperta da più di mezzo metro di neve, diversi quartieri sono rimasti senza elettricità. A Silwan, nella zona Est (palestinese), una frana minaccia 40 case. Gli abitanti puntano l’indice contro i lavori di scavo eseguiti nella zona dalle autorità israeliane oltre al maltempo di questi giorni.