I politici sono i camerieri delle banche” diceva Ezra Pound. Riflessioni su finanza, banche e usura del celebre poeta. Esce in libreria ‘EZRA POUND A SIENA, tra Accademia Chigiana e Monte dei Paschi’. Stefano Adami ricostruisce il periodo toscano dello scrittore statunitense.
di Alessandro Ingaria
Stefano Adami EZRA POUND A SIENA, tra Accademia Chigiana e Monte dei Paschi – Nuova Immagine editore
17 dicembre 2013 – Presunzione, follia, cattive maniere: era questa l’etichetta incollata a Ezra Pound durante la sua permanenza a Londra. Stefano Adami ripercorre il periodo toscano del controverso personaggio. Un testo che si concentra sull’idea di Pound che la deriva usuraia delle banche fosse causa di un asservimento al potere finanziario.
Ezra Weston Loomis Pound, nato nel 1885 e cresciuto negli Stati Uniti, era sbarcato in Europa nel 1908, affascinato dalla cultura latina, dai poeti trovatori e dalla musica classica. Tra futurismo, cubismo, imagismo e vorticismo, ben presto prende piede in lui l’ossessione che lo accompagnerà tutta la vita: l’usura e la produzione di cartamoneta. Quelle peculiarità chiamate sovranità monetaria e diritto di signoraggio, di gran voga nelle polemiche anti euro.
Pound, le cui convinzioni traevano spunto dai trattati di Karl Marx, assumono carattere preciso a seguito dell’incontro, negli anni venti, con l’economista Hugh Clifford Douglas. Questi modifica il messaggio di Marx per cui la produzione è messa in moto dalla terra, dal lavoro e dai capitali. Secondo Douglas, la produzione è principalmente frutto del “patrimonio culturale della società”: quel complesso di sapere, conoscenze ed esperienze che l’umanità accumula e sedimenta fin dalle origini del mondo. Senza questa ricchezza, ogni forma di produzione sarebbe impossibile. Gli individui sono “proprietari ed amministratori di questo patrimonio culturale”, che non deve essere privatizzato. Pound si convinse che quel patrimonio culturale doveva essere reso pubblico: i Cantos sarebbero stati questa rivendicazione.
Nel 1694, con la creazione della Banca d’Inghilterra, l’intera civiltà europea viene ferita in modo irrimediabile, e costretta dentro il meccanismo malato della finanza. Nel mondo che Douglas propone il potere monetario è di tutti, come il “patrimonio culturale della società”, attraverso il “credito sociale”. Tutti i cittadini vengono forniti di un determinato potere d’acquisto attraverso un prestito minimo garantito, e attraverso la loro spesa esercitano un controllo diretto sulla politica monetaria, sulla produzione e sulla gestione dei beni. Secondo Pound, Douglas è “un don Chisciotte che cercava di rendere sicura la democrazia per l’individuo”, e che ha scoperto “il grande difetto del capitalismo moderno”. Il poeta americano ne è così entusiasta che tenta di organizzare un incontro tra Douglas e Keynes, uno dei pensatori economici di maggior prestigio in Inghilterra.
Pound accusa la “stampa bugiarda” di costruire una distorta visione del mondo. La letteratura contemporanea e il sistema giornalistico sono controllati dall’usurocrazia mondiale e indirizzati a mantenere l’ignoranza pubblica del sistema e dei suoi meccanismi. Una sorta di tradimento intellettuale da parte della stampa. La realtà osservata dal poeta è quella in cui la produzione di merci e l’accumulazione di moneta sono concentrati in un numero di individui sempre minore. Questo ristretto numero di persone, attraverso la circolazione della cartamoneta, orienta l’economia verso la moltiplicazione finanziaria della ricchezza, svuotando le risorse reali degli individui, le loro concrete capacità creative e produttive, vincolando così l’umanità a un progetto oscuro di asservimento.
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Una cessione di sovranità resa ancora più cieca e brutale dalla creazione del debito. È quella che Pound definisce “usurocrazia”. “L’usura”, sostiene infatti il poeta nel Canto 22, è “una tassa prelevata sul potere d’acquisto senza riguardo alla produttività, e senza riguardo persino alla possibilità di produrre”. L’interesse e il debito costruiscono una macchina infernale. “Tutto è fatto per vendere, e vendere subito”.
Stefano Adami descrive il suo interesse per Pound come un tentativo di comprensione. Secondo lui è stato un accumulatore di materiali senza forma, in cui ogni tanto, appare una pagina di strepitosa poesia. Pound aveva capito che il denaro è uno strumento di schiavitù, racconta Stefano. L’intera civiltà dell’occidente sembra essere concentrata nella creazione di questo incessante meccanismo produttivo: la produzione di oggetti e la produzione di moneta. Un procedimento che crea debito ed interesse e che ha come conseguenza naturale conflitti e guerre, in cui gli stati sono invogliati a conquistare più beni e terre e a investire nella spesa militare. Il denaro, in altre parole, non è più il mezzo di distribuzione della produzione e della ricchezza, ma una merce, una forma di creazione della ricchezza stessa, e di pericolosa concentrazione del potere. L’emissione di valuta in forma di cartamoneta è fittizia e arbitraria, ma le ricchezze e i destini con cui quel denaro gioca sono reali.
Pound si recò a Siena nel 1927 per approfondire la storia del porto di Talamone, ma fu totalmente affascinato dallo spirito fondativo del Monte dei Paschi. Un istituto nato per costruire un’economia che avesse al suo centro l’uomo. Nel 1472, il Comune di Siena, sulla scia di un movimento teologico sostenuto dai predicatori francescani, per i quali era necessario creare degli istituti a cui i poveri avrebbero potuto chiedere denaro in prestito invece di ricorrere agli usurai, aveva fondato un locale Monte di Pietà per “provedere che le povere o miserabili o bisognose persone neli loro bisogni et necessità… aiutate et subvenute”.
Il libro di Adami affronta anche gli apprezzamenti di Pound per il regime di Mussolini, che il poeta riuscì ad incontrare nel 1929. Secondo Pound, l’economia fascista aveva bisogno di un quadro generale di riferimento per non essere finalizzata all’accumulazione e alla speculazione, bensì al sostegno dei vari strati sociali e dell’intera popolazione. Questa idea è contenuta nei documenti di fondazione del Monte dei Paschi, che aveva consultato a Siena. E l’aveva anche scritta nei suoi versi. È sullo sfondo della crisi del 1929 che Pound vede il fascismo con sempre maggiore considerazione. Il duce è riuscito, secondo il poeta, a sottrarre l’Italia a quella grande catastrofe economica. Ignaro, però, che un’altra catastrofe stava attendendo il Paese.
Nel Monte dei Paschi trova l’idea di una banca che, a differenza di quella d’Inghilterra, non viene fondata per accumulare interessi su denaro creato dal nulla, ma per sostenere in modo continuo il benessere di un territorio e della sua popolazione. Il monte pubblico dei paschi nasceva infatti, secondo quanto disposto dai documenti fondativi del 1624, per combattere l’usura e per sostenere le attività dell’allevamento e dell’agricoltura, per la manutenzione della rete delle acque, delle strade e delle strutture del territorio. Per dare, sottolinea il poeta americano, “lavoro al popolo”.
In Lavoro ed usura Pound scrive che è utile alla nazione chi fornisce una misura dei prezzi sul mercato e allo stesso tempo un mezzo di scambio. Ma chi falsifica questa misura e questo mezzo, è un reo. Una sana politica bancaria mira a soddisfare i veri bisogni del commercio e a scontare tutte le cambiali che rappresentano affari legittimi. Il nemico è il Das Leihkapital, il capitale di prestito mobile. Il nemico non è la Germania, è il denaro a prestito. Il nemico è il grasso ebreo legato al Das Leihkapital. Combattere a fianco dell’Inghilterra contro la Germania era come andare in guerra per conto degli ebrei, a favore dell’usura.
“I suoi discorsi alla radio, che contenevano momenti occasionali intelligenti e brillanti, erano davvero orribili”, disse Hemingway di Ezra Pound. Questi, infatti, aveva iniziato a parlare per Radio Roma. Dovevano essere, nelle intenzioni del poeta, trasmissioni di propaganda, in tono conversativo, per mostrare al pubblico americano la natura positiva dell’esperimento fascista e della parabola di Mussolini. Le prime registrazioni di Pound vengono trasmesse sotto il titolo di “L’ora americana”. Nelle trasmissioni raccontava che la guerra in corso non era un capriccio di Hitler o Mussolini, ma una guerra contro il capitale internazionale, contro il credito, l’interesse. Era solo un atto di una lotta millenaria tra usurai e contadini, tra le banche e chi produce con le mani o la creatività. Erano, secondo Pound, le banche a volere il conflitto, per moltiplicare i loro profitti. Come aveva scritto in una lettera: “questa guerra non ha inizio nel 1939, bensì nel 1694 a Londra, facendo parte d’una guerra secolare fra usurai, ovvero usuroni, e chiunque produce, chiunque fa crescere il grano”.
E quelle trasmissioni radiofoniche (furono più di trecento) lo avrebbero messo nei guai. La mattina del 3 maggio 1945 due partigiani si presentarono a casa di Pound a Rapallo. Volevano arrestarlo: aveva collaborato con il regime. Consegnato agli americani, alla fine di maggio arriva da Washington l’ordine di trasferire immediatamente il prigioniero Ezra Pound presso il Disciplinary Training Center di Pisa. Le disposizioni sono di tenere il prigioniero sotto misura di massima sicurezza, per evitare il suicidio o la fuga. Al suo arrivo Pound viene rinchiuso in una gabbia di due metri quadrati, esposta al sole.
È un’umanità sofferente quella che il poeta ha intorno nel campo di prigionia. Un’umanità che gli ricorda, nelle cantilene dei soldati americani neri e carcerati, il mondo della sua infanzia e adolescenza, le periferie e i ghetti violenti e abbandonati delle città americane. Il 18 giugno viene colpito da un collasso, o come lo definì lui stesso, “un incantesimo del sole”, e viene trasferito in una tenda. Il 24 dicembre viene dichiarato pazzo: non deve affrontare il tribunale ma dodici anni di reclusione in un manicomio. La sua ossessione per il ruolo delle banche continuerà anche dopo l’uscita dal manicomio: “ogni banco di sconto è pura corruzione; tassa il pubblico a beneficio di privati e se dico questo nel mio testamento, il popolo americano direbbe che sono morto pazzo”.
Morirà nel 1972 lasciando, nel Canto LXXXIX, una sorta di guida definitiva all’attività intellettuale e al più ampio percorso dell’uomo:
Conoscere le storie
distinguere il bene dal male
sapere a chi dar fiducia.
Qualche anno prima di morire, nel 1968, Pound incontra un giovanotto con i capelli neri, inviato dalla televisione italiana per intervistare un individuo ormai alla fine della sua strada, che somma in sé un grande poeta e un confuso politico:
Sotto nuvole bianche
Cielo di Pisa
Da tutta questa bellezza
qualcosa deve uscire
“Versi molto buoni. Sono tra i suoi più belli” dice Pierpaolo Pasolini, visibilmente affascinato, dopo aver letto alcuni versi.
Stefano Adami compie una pregevole analisi di un pezzo di vita di Ezra Pound, che conduce il lettore a scoprire un personaggio complesso, sbrigativamente ascritto ad una connotazione politica, ma in realtà ossessionato dal ruolo delle banche e della finanza internazionale gestita dagli ebrei. In fondo, come racconta l’autore durante la presentazione del libro, Pound incontrò Mussolini una volta sola nella sua vita.
Il giudizio storico sugli individui è sempre più complesso di quel che sembra. Basta ricordare che l’attuale presidente della repubblica italiana, nel 1956, durante la repressione nel sangue della rivoluzione ungherese, ebbe a dire: “L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo”.
Questione di punti di vista.