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Nell’enorme flusso di informazioni che ci investono ogni giorno, le parole sono importanti, e le notizie pure.
Per fare ordine in questo magma continuo, ogni settimana Q Code Mag selezionerà sette storie per fare un po’ di ordine, per riassumere i momenti che meritano più di altri. Per fare il punto.
E visto che la musica è il veicolo migliore, ognuna di queste sarà accompagnata da una canzone che la rappresenta, che ne descrive l’essenza.
Per fare ordine, per essere ricordata. Per mettere un punto e andare a capo.[/note]
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/12/IMG_1659.jpeg[/author_image] [author_info]a cura di Alessandro Tibaldeschi. Ultra trentenne pentito, giornalista musicale, speaker radiofonico in pensione, dopo una carriera iniziata a diciassette anni e finita per sopraggiunta paternità. Padre di una bellissima bambina e compagno innamorato. Amante del gelato e della birra artigianale, tifoso della Pro Vercelli, si sveglia ogni mattina con qualche canzone strampalata nelle orecchie. Non canta sotto la doccia, ma non si tira indietro su quelle di Peppa Pig e dello Zecchino d’Oro per dovere familiare. QCode gli ha dato l’arduo compito di commentare in musica le notizie della settimana. Riusciranno i nostri eroi?[/author_info] [/author]
dal 6 gennaio al 15 gennaio 2014
Eusko Gudariak – Combattenti Baschi
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Per capire quale sia la sete d’indipendenza dei baschi, basta guardare alla loro lingua. L’euskara, ovvero la lingua basca, è l’unica lingua isolata esistente in Europa. Per lingua isolata, si intende un idioma che non ha alcun legame di parentela, anche lontanissimo nel tempo o nello spazio, con altre lingue.
Per questo l’Euskal Herria, ovvero il Paese Basco (la regione a cavallo dei Pirenei tra Francia e Spagna), non indica solo il territorio appartenente ai baschi: significa letteralmente ‘il popolo che parla la lingua basca’.
Terra e lingua, quindi, sono il filo doppio che lega la gente basca e che, nel contempo, scava un solco profondo con tutto il resto.
Non è un caso che l’Eta, il braccio armato degli indipendentisti, sia acronimo di Euskadi ta Askatasua, ovvero Terra Basca (‘eusko’ significa basco, mentre il suffisso -di vul dire ‘insieme’) e Libertà.
Le acque, calmatesi negli ultimi anni per cercare una strada pacifica ad una maggiore indipendenza, ora sono state mosse dalla crisi. E il desiderio di indipendenza si è rimesso in marcia.
Goccia a goccia: Bilbao #11gennaio, di Angelo Miotto
Goccia a goccia: Bilbao #11gennaio, di Angelo Miotto
Gilberto Gil – Aquele abraço
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Il tropicalismo è una corrente culturale nata in Brasile negli anni ’60, e mescolava tante arti, a partire dalla musica, ispirate dalla lotta alla dittatura.
Mescolava molti generi provenienti dai cinque angoli del globo: partiva dalla bossa nova per fondersi con il folk, il rock’n’roll e molti altri.
Nel tropicalismo vedo tutti i contrasti di questo paese bellissimo, gigante dai piedi d’argilla con il sorriso stampato sulle labbra.
Temporalidade, di Elena Esposto
Mano Negra – Mala Vida
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A costo di esagerare, uno dei gruppi più rivoluzionari della storia della musica. Un’esplosione di colori e odori che hanno influenzato tutti, volenti ma soprattutto nolenti.
Gustavo Petro, Colombia e tribunali, di Sandro Bozzolo
Matishyau – Youth
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Già è strano vedere un rapper americano non nero (ne sanno qualcosa Eminem o i Beastie Boys), figuratevi uno con barba e kippah.
Suoni d’Oriente, di Alessandra Abbona
L’anno che verrà – Lucio Dalla
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Come tutte le più belle canzoni, è semplice e arriva dritta al punto.
I sogni, le inquietudini. La speranza.
Italia 2014, di Angelo Miotto e Europa 2014, di Nicola Sessa
Tasmin Archer – Sleeping satellite
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Fate partire il video e chiudete gli occhi. Non sembra una voce da bianca? E invece Tasmin Archer è nera. Fa un po’ lo stesso effetto di Joe Cocker, il bianco con la voce più black che si conosca.
Stereotipi che si frantumano, insomma.
Spot per middle class planetaria, di Alfredo Somoza
Orchestra di Piazza Vittorio – Tarareando
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Prima di essere ‘acquistata’ dai cinesi, Piazza Vittorio era una piazza di Roma. Ma non solo.
Era, ed è ancora, il punto d’incontro di molte etnie che convivono nella capitale.
L’OPV è il suo prodotto più colorato, che ci dimostra che il mondo è di tutti.
Sport alla rovescia, di Christian Elia